Il Messaggero, 29 gennaio 2025
Bilancio Covid, la sconfitta dei No vax
Da gennaio a dicembre. Il 29 del primo mese del 2020 a Roma furono ricoverati i primi due pazienti contagiati dal Covid, una coppia di turisti di Wuhan. Nelle settimane successive ci fu la valanga: il contagiato di Codogno, in Lombardia, i camion con le bare di Bergamo, il lockdown, il numero dei ricoveri e dei decessi che aumentava rapidamente a Milano ma anche a Roma. La speranza di farcela arrivò il 27 dicembre 2020, quindi meno di un anno dopo, quando allo Spallanzani di Roma una infermiera fu la prima vaccinata in Italia contro il Covid. Gradualmente, nonostante le successive e dolorose ondate, questo aiutò a sconfiggere il mostro. Iniziò un’altra pandemia, quella delle fake news che viaggiavano soprattutto sui social, che alimentò l’isteria. Ancora oggi non si è fermata, ancora oggi puoi leggere sui social messaggi di chi assicura che tra i vaccinati contro il Covid è in corso una strage. Bene, dopo cinque anni si può fare un primo bilancio e i dati stanno dicendo altro: il numero dei morti in Italia – per qualsiasi causa – è tornato ai livelli pre pandemia, non c’è alcuna strage in corso, dicono le statistiche. La fonte è inoppugnabile, l’Istat. Cosa emerge? Nel 2017, quando ancora molti di noi neppure sapevano dove fosse Wuhan (che pure è una metropoli), in Italia il numero totale dei decessi fu pari a 660mila. Nel 2019, dunque un anno prima della pandemia, la cifra era simile, 644mila. Ci sono diverse variabili che incidono sui dati, ad esempio le ondate di calore. Ma nel 2020 fu evidente – in modo drammatico e nonostante l’unico vero lockdown disposto in Italia nei primi mesi dell’anno – la forza d’urto del coronavirus: i morti sono stati 746.146, di fatto centomila in più dell’anno precedente. Come purtroppo abbiamo imparato, la maggioranza erano anziani o persone fragili, ma vi furono anche vittime tra i giovani oltre che tra il personale sanitario. Dopo le prime iniezioni della fine del 2020 scatta la campagna vaccinale, tra mille difficoltà e carenza di dosi iniziale. Al contempo il paese di fatto torna alla vita normale (le limitazioni erano molto blande): nel 2021 e nel 2022 i decessi si assestano attorno a 710mila. Già nel 2023 però si torna ai livelli pre pandemici (660mila), mentre per il 2024 il dato è sovrapponibile a quello del 2019: 646mila.SCENARIIn sintesi: i famigerati effetti collaterali che avrebbero dovuto uccidere chi è stato vaccinato con vaccini mRna non hanno prodotto alcuna strage. Sia chiaro: questo non significa che, purtroppo, come sempre succede quando si parla di farmaci, non esistono casi di persone che hanno avuto gravi effetti negativi dalla vaccinazione. Ma in una pandemia conta il rapporto rischio-benefici. Spiega il professor Gianni Rezza, infettivologo, ai tempi del Covid direttore della Prevenzione del Ministero della Salute: «I vaccini ci hanno salvato soprattutto nel 2021, quando la variante Delta era estremamente infettiva e molto aggressiva. Con la Delta poi le vaccinazioni rallentavano anche il contagio. Sono stati importanti anche con la Omicron: la limitazione della trasmissione era meno efficace, ma comunque riducevano i sintomi e questo ha salvato vite ed evitato guai negli ospedali. Per fortuna la Omicron si è rivelata anche meno aggressiva». Il professor Matteo Bassetti, uno degli esperti più ascoltati durante la pandemia, primario di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova, spiega: «I dati ci dicono che, nella realtà, i progressi medico scientifici, sia dei farmaci per il trattamento sia dei vaccini hanno consentito, in un periodo relativamente breve, di portare un virus nuovo, molto dannoso, a una nocività simile all’influenza, forse meno. In un mondo in cui i viaggi sono frequenti e rapidi, non voglio immaginare cosa sarebbe successo con il Covid senza una risposta veloce della scienza. E la tecnologia mRna per i vaccini del Covid ormai sono non il futuro, ma il presente per tante altre malattie: per i tumori sono in fase di trial. Tutti i vaccini che avremo in futuro – dalla dengue all’influenza – saranno di quel tipo». Ci sono mai stati giorni di sconforto quando i vaccini erano ancora lontani e ogni giorno contavamo i morti per Covid? Ricorda Bassetti: «Sì, inutile nasconderlo, ci sono stati momenti in cui ho pensato che non ce l’avremmo fatta. A Genova arrivarono i primi venti pazienti e purtroppo ne morirono cinque. Una sera, dopo un turno sfiancante, uscii dall’ospedale e vidi quindici ambulanze in coda, ognuna con un paziente Covid. Ma avevamo solo un letto libero. Per fortuna la scienza ci ha aiutato a vincere quella guerra, ma molti hanno la memoria corta».C’è un altro strascico lasciato dall’inferno cominciato in Italia quel 29 gennaio di cinque anni fa: sono molti i casi di pazienti gravi che hanno i sintomi persistenti del long Covid. Circa 6 su 10 fra coloro che furono ricoverati nelle fasi più acute della pandemia (2020) hanno ancora sintomi; nei casi meno gravi il rapporto è di uno su 10. Emerge dal progetto scientifico Pascnet, coordinato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore.