Avvenire, 28 gennaio 2025
Bergamasco: «Così do corpo alla Duse»
Una detective prima ancora che una regista, l’attenta, curiosa e sensibilissima investigatrice di un’artista leggendaria che, nonostante la sua “assenza”, ha illuminato la strada alle generazioni successive con l’energia dirompente del suo corpo di scena. Per il suo esordio dietro la macchina da presa, l’attrice, musicista e cantante Sonia Bergamasco ha scelto di indagare la vita, l’arte e il corpo di Eleonora Duse, la più grande interprete tra tutte, secondo Charlie Chaplin, che la vide in un teatro di Los Angeles. Non un biopic, ma un affascinante, personalissimo viaggio alla scoperta di un mistero e di un mestiere. Duse- The Greatest, presentato alla Festa del Cinema di Roma, miglior documentario al Festival di Madrid e nelle sale il prossimo 3 febbraio con Cinecittà Luce, è approdato al 25° Sudestival di Monopoli, il “festival lungo un inverno” fondato e diretto da Michele Suma e in programma dal 24 gennaio al 15 marzo, dove la Bergamasco ha vinto il premio “Buona la prima!”. «Quello che ho indagato – dice la neo regista, che ha costruito il proprio percorso di scavo e scoperta attraverso i materiali di archivio e gli incontri con altre attrici, autrici, artisti e studiosi – è il corpo sensibile, nudo, dell’attrice, ieri e oggi, e la radiografia del suo corpo immaginario, attraversato dallo sguardo degli altri. Un flusso di immagini in cui i momenti di fermo, gli scatti fotografici, fanno da snodo e da collante alla narrazione. Dando voce ai testimoni, di ieri e di oggi, il film cerca di fare luce sul corpo dell’artista come strumento da scoprire, per comporre un ritratto plurale dell’attrice al presente».
Si parte dall’incontro con la Duse attraverso il ritratto su un muro della Scuola di Teatro del Piccolo di Milano, che la Bergamasco ha frequentato. Una folgorazione che ha dato vita a una ricerca da allora mai interrotta. Molte le foto, ma solo un film muto, Cenere, ci restituisce il movimento dell’attrice. E non c’è traccia della sua voce, che Thomas Edison aveva registrato e poi perduto a causa di un incendio nel suo laboratorio e che la Bergamasco cerca di ricostruire attraverso le testimonianze di chi l’aveva sentita recitare. Tra questi un Luchino Visconti ancora bambino. Scopriamo come la Duse abbia rivoluzionato a teatro il racconto del femminile fino a quel momento affidato agli uomini. Del suo desiderio di non lasciare tracce di se attraverso interviste, del suo amore per Asolo, asilo ed esilio che oggi accoglie la sua sepoltura, per la chiesa di Sant’Anna dove si raccoglieva in preghiera in un banco a sinistra, vicino l’altare. Delle sue riflessioni sull’arte del recitare, di una foto misteriosa dove una donna sembra lei ma non è lei. Del suo matrimonio, delle relazioni con Arrigo Boito e Gabriele D’Annunzio, delle influenze dell’attrice francese Sarah Bernhardt, della sua fascinazione per il cinema che frequentava assiduamente come spettatrice, del suo ritiro dalle scene nel 1909, dei tentativi di David Wark Griffith di coinvolgerla in un progetto cinematografico mai andato in porto, del suo unico film, da un romanzo di Grazia Deledda, che nel 1916 sembrava anticipare il Neorealismo, della sua tournée americana durante la quale morì. Era il 21 aprile del 1924 e aveva 65 anni. Lee Strasberg, futuro fondatore dell’Actor’s Studio, aveva trasmesso la sua passione per quella straordinaria attrice a Marilyn Monroe, ma ad amarla fu anche Anna Magnani e oggi ci sono Helen Mirren ed Ellen Burstyn, che addirittura possiede alcuni gioielli della Duse. La figlia di Eleonora, Enrichetta, molto religiosa, preoccupata dell’immagine pubblica della madre, distrusse molti dei suoi scritti, ma la nipote, che prese i voti proprio come il fratello, donò tutto quello che era rimasto alla Fondazione Cini di Venezia. E poi c’è Valeria Bruni Tedeschi, che sarà la Duse nel prossimo film di Pietro Marcello.
«All’inizio pensavo di raccontarla a teatro – continua la Bergamasco –. Poi ho capito che il mezzo perfetto per restituire una grande del teatro era paradossalmente il cinema». Sul lavoro di ricostruzione racconta: « Nel 2023 è uscito il mio libro sul mestiere di attrice che Einaudi mi aveva chiesto di scrivere, Un corpo per tutti. Lavoravo da tempo al film e ho pensato che quella poteva essere un’occasione per fare ordine nella mia testa e nel mio progetto di documentario. Non volendo fare un biopic, mi sono avvicinata a questa artista immensa da attrice, sapendo che il lavoro sull’archivio doveva essere creativo: la grande sfida era fare in modo che l’assenza diventasse il motore del racconto».
Tra le tante cose che colpiscono della Duse c’è il suo desiderio di scomparire. «La sua vita è partita con fatica, ha conosciuto la miseria, ha cominciato a lavorare subito, la madre è morta presto, il padre era una persona fragile che non l’ha protetta, il sistema teatrale allora era un ambiente insidioso e opaco per una giovane donna. C’era tutta una vita di dolori e sofferenze che non voleva raccontare, ma tradurre in scena. È come se dicesse: il mio privato non vi riguarda, quello che vi offro è la sua traduzione in una forma rigenerata. Un messaggio molto forte ed eversivo, che non ha niente a che vedere con il pudore». E sul rapporto con D’Annunzio, divenuto un cliché, la Bergamasco precisa: «Il mio desiderio è stato anche di affrancare la sua figura da quella del poeta perché la Duse era la Duse molto prima che D’Annunzio fosse il Vate. Tra loro c’è stata una grande storia d’amore, ma anche un patto d’arte per un teatro nuovo e di poesia, purtroppo arrivato solo quando si erano separati con La figlia di Iorio. La Duse aveva bisogno di una parola che la liberasse dl teatro borghese con cui era cresciuta e di un autore attraverso il quale esprimere il proprio desiderio di poesia e spiritualità. Autore che ha poi trovato in Ibsen».