il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2025
Librerie in crisi: è anche colpa di Amazon
“Ah, ma allora lo prendo su Amazon, non si preoccupi signora” si sente ripetere sempre più spesso Paola Bozzi, titolare della storica Libreria Bozzi di Genova. È la più antica d’Italia, un pezzo di storia della Repubblica marinara, nata nel 1810 e bazzicata nientemeno che da Stendhal e Manzoni, oggi verso la chiusura. La domanda ai clienti è sempre la stessa: “Le ordino il libro qui?”. Niente da fare: persino due giorni di attesa nell’Era Bezos sono troppi.
E dunque spacciate, destinate a chiudere per sempre, una dopo l’altra, giù come birilli e tanti saluti, oppure no? La sorte delle librerie storiche è appesa a un filo rosicchiato dai colossi della distribuzione come Amazon, oppure inghiottite dalle grandi catene. Un piccolo mondo antico fatto di scaffali interminabili e odore di carta stampata, ormai fagocitato dagli schermi piatti degli smartphone.
Fare il libraio non è certo un gioco da ragazzi. È più una missione. Anzi, un atto di fede, e i numeri non confortano. Dopo il breve idillio del Covid è arrivata la stangata. L’ultimo report dell’Associazione italiana editori (Aie) segnala come nel 2024 i cosiddetti canali trade – librerie fisiche e online e supermercati – abbiano venduto 2,4 milioni di copie in meno rispetto al 2023. Il comparto si è visto soffiare via 23 milioni di euro in un anno. Il presidente dell’Aie, Innocenzo Cipolletta, punta il dito contro la “mancanza di sostegni pubblici alla domanda”. Ma è ovvio che per i punti vendita, specie se piccoli e indipendenti, il grande nemico restino i big dell’e-commerce. Amazon in primis, che permette di rintracciare qualsiasi titolo a tempi e prezzi stracciati. Una concorrenza impari, un Davide contro un Golia che zac, in meno di un giorno recapita qualsiasi cosa direttamente a casa.
Nel marzo del 2020 è stata fatta una legge che impone alle piattaforme di non scontare i prodotti librari oltre il cinque per cento, equiparando l’acquisto online a quello in negozio. Un toccasana per le librerie, ma spesso solo apparente. “Come si dice? Trovata la legge, trovato l’inganno – osserva ancora Bozzi –. Se poi partono le campagne pubblicitarie che fanno il 20 o 30 per cento di sconto, che senso ha?”. Ribassi che gli indipendenti non si possono permettere. Molti provano quindi a rimediare con i libri scolastici, un settore considerato più sicuro, che però rende poco. Se il margine di guadagno sulla narrativa e la varia si aggira intorno al 30 per cento, i libri universitari calano al 25. Quelli scolastici sprofondano invece al 13-14. Briciole. Senza calcolare le spese per procurarseli. “A Genova ha chiuso l’80 per cento dei distributori – denuncia Bozzi – devo farmi inviare gli ordini da fuori Regione”. In realtà la sua libreria non chiude per problemi economici, ma per andare in pensione. Eppure nessuno vuole portare avanti la tradizione di famiglia, segno pure questo dei tempi che cambiano.
Ad altri, però, va decisamente peggio. Chiudono la Libreria Einaudi di Milano in via Orti, assieme alla storica Mondo Offeso e a Il covo della ladra. Un capoluogo, quello meneghino, definito “famelico” per le spese di gestione ormai insostenibili. Chiude poi la Libreria di Cinema, Teatro e Musica di Bologna. Chiudono la Odradek di via dei Banchi Vecchi e la Anglo-American Book a Roma. Chiude la libreria universitaria Progetto di Padova. Chiude anche la toscana LuccaLibri, giusto per citarne alcune. In viale Piceno, sempre a Milano e proprio poche ore fa, alza bandiera bianca anche la Libreria di Quartiere. “Siamo stati schiacciati” è il grido di dolore del libraio che l’aveva aperta nel 2003, Gianluca Emeri. Ora proverà a ricrearsi uno spazio di esposizione in un capannone a Valle Lomellina (Pavia), dove ospiterà eventi e punterà sull’aiuto dei social.
Tutta colpa dell’e-commerce brutto e cattivo? “Amazon fa il suo mestiere – taglia corto Paolo Ambrosini, presidente dell’Associazione librai italiani –. Poi però che valore aggiunto dà alla lettura? Risposta: zero”. Le proposte sul tavolo sono il rafforzamento del tax credit per le librerie e la detrazione fiscale per l’acquisto dei libri, al pari dei farmaci. Dopotutto, tra ciò che cura il corpo e ciò che cura l’anima non c’è molta differenza. Bisogna però vedere cosa partorirà il Piano Olivetti, in discussione alla Camera.
“Le risorse al momento sono insufficienti – avverte Ambrosini –. Se si vogliono fare strategie di promozione alla lettura occorre premiare chi promuove la cultura ogni giorno”. Ne sanno qualcosa Flavio, Sabina e Claudio, tre giovani bibliofili che nel 2015 hanno fondato la libreria indipendente Marco Polo in Campo Santa Margherita a Venezia. La ricetta è coltivare il rapporto umano, condito con un po’ di sana bibliodiversità. “Il nostro segreto? Il lavoro di gruppo” risponde Sabina senza pensarci due volte. Segni particolari: occhialoni neri, Vans e una grande passione. “Sicuramente il nostro punto di forza è leggere tutto quello che esponiamo – spiega – così possiamo consigliare o sconsigliare. È una libreria basata su di noi e i nostri clienti lo sanno”. Amazon? “Qui non fa paura”.