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 2025  gennaio 28 Martedì calendario

La parabola di Naiggolan


L’ultima follia, in attesa di saperne di più, è l’arresto di ieri in Belgio per traffico di cocaina dal Sudamerica. Accuse che lui, naturalmente, respinge. Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così e poi il taglio di capelli, ninnoli vari, tatuaggi come se fosse ricoperto da carta da parati a mo’di arcobaleno… Come se non bastasse si chiama Radja e di cognome fa Nainggolan. Ricominciamo. La faccia è da attribuire al papà “Batak”, un’etnia dell’isola indonesiana. Il resto è tutto della sua adorata mamma fiamminga. Da qui la nazionalità belga del centrocampista. Radja era piccolo così quando il padre lo abbandonò lasciando lui, mamma e sorella gemella in condizioni che definire precarie è niente. Si narra che da qui tutta la famiglia divenne assidua praticante cattolica. Cresciuto grazie ai sacrifici della signora Nainggolan, Radja è un fenomeno con il pallone tra i piedi già a quattro anni. E lo stesso Riana, da grande campionessa di calcio femminile. Ma a proposito dei due gemelli, oltre che per le indiscutibili qualità calcistiche, le cronache col passare degli anni si riempiono di vicende giudiziarie, dolori privati, risse in discoteca e per strada e guai toccare Riana, perché se a Radja vengono i cinque minuti che poi facciamo mezzora, succede un casino. Quando la gemella annuncia la sua omosessualità e Nainggolan legge alcuni commenti sui social risponde a tutti, uno per uno, certo non porgendo l’altra guancia. Lo stesso fece dopo che colpì in casa l’allora moglie, Claudia, con schiaffi e calci mentre la figlioletta di due anni aspettava in macchina. Claudia fu refertata in ospedale con venti giorni di prognosi e sui social Radja prese, sacrosantamente, una serie di insulti. Risposta: «Fatevi i cazzi vostri». Alè. Senza contare litigi con i tifosi, milioni buttati al casinò di Montecarlo e chi più ne ha non arriverebbe a tanto.È fatto così. Malissimo. Da sempre. Anche in campo. Ma non esiste un giocatore o un allenatore al mondo che del ragazzo non spenda esclusivamente parole dolci ma talmente dolci che si rischia il diabete. Anche se Radja, all’Inter, al Cagliari, alla Roma, in Nazionale ma chissà anche in quali infinite società, arriva agli allenamenti palesemente alticcio (eufemismo) o fa quattrocento chilometri a fine partita per andare a ballare, e più che altro a bere birra (superalcolici assolutamente no perché lo dice Nostro Signore), oppure a fumare più del Maestro Camilleri. E persino quando, dentro lo spogliatoio, attacca i compagni al muro perché non si impegnano abbastanza. Di lui, il suo principale estimatore, Walter Sabatini, disse: «È totalmente incontrollabile. È un delinquente, uno che se gli metti davanti otto shottini li fa fuori in un nanosecondo».Ecco, qui arriva il Nainggolan giocatore. Un fenomeno. Ma veramente. Che se avesse fatto un solo giorno da atleta chissà dove sarebbe arrivato. Di certo non a essere sospettato di traffico di droga. Riavvolgiamo. Radja calciatore. Radja detto Ninja. Un mediano-mezzala-trequartista che unisce una corsa che lo fa essere sempre tra i primi tre per chilometri trascorsi sull’erba, una tecnica che gli mette nel curriculum gol spaziali, una testa (quando funziona) che mette sempre i compagni in prima fila, una forza fisica che se ti capita davanti rimbalzi come le palline da ping pong.In Italia comincia da Piacenza. È il 2004. Sono le giovanili degli emiliani. Alla quarta partita da titolare in prima squadra lo vanno a vedere Real Madrid, Marsiglia, Juventus, Cagliari e Milan. Lo prenderanno, l’anno dopo, i sardi. E qui arriva la prima (di una serie non banale) espulsione. Con la maglia che fu di “giggiriva” fa campionati pazzeschi tanto da approdare nella Capitale. Stagioni da applausi, numeri incredibili e – ovviamente – anche un’esclusione per motivi disciplinari. Era un martedì mattina, era Trigoria, si dice che si stampò su un pino perché manco ricordava il suo nome. Bravo ma dannato. Così arriva l’Inter e anche qui gioca che è un piacere per i tifosi guardarlo e un dispiacere per gli avversari marcarlo. Anni belli, anni di voti altissimi nonostante parecchi infortuni. Ma a Milano arriva Conte, decisamente incompatibile con il belga che malgrado le richieste toste ascolta solamente il rumore del cuore e torna a Cagliari e poi di nuovo all’Inter quando Conte se ne va. Siamo ormai a fine carriera. Anzi no, perché lo chiama la sua Anversa ma dura poco. Patente ritirata per guida in stato d’ebbrezza. Un anno dopo ecco le manette per patente non valida. La discesa pare non finire mai, ma quando l’amico De Rossi vuole aiutarlo e lo chiama in B alla Spal, alla prima avventura di Ddr in panchina, Radja risponde presente. Le condizioni fisiche sono quelle che sono ma la classe non è acqua e manco birra. Ma De Rossi viene esonerato, Nainggolan non si arrende e si accontenta, godendo poco, di avventure pallonare in cui si vorrebbe trovare un senso ma un senso non ce l’hanno. L’epilogo è una squadra di scappati di casa. Calcio a 5, terza divisione belga. Niente da fare. Ora ci sono le manette. Vedremo. In bocca alla lupa. —