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 2025  gennaio 28 Martedì calendario

Congresso della Lega, Salvini gioca d’anticipo


«Deve muoversi per non cadere». Matteo Salvini, oggi, «è lanciato in discesa e senza freni». Dalla sua bicicletta colore verde padano – confidano da via Bellerio – il Capitano però è determinato a non saltare. Anzi, ora sarebbe addirittura tentato di accelerare. Dietro a quel vago «il Congresso Federale si terrà entro la primavera» scandito a Natale e ribadito questo sabato ai «freddissimi» sindaci lombardi che l’hanno ascoltato in video-collegamento, Salvini nasconderebbe la tentazione di convocare il partito a metà marzo per tentare il blitz e farsi rieleggere prima che la polveriera Veneto deflagri totalmente o che pensi sul serio a strutturare una propria candidatura alternativa. Del resto prima del voto nazionale, da statuto c’è bisogno che proprio la Liga veneta elegga i propri delegati. In altri termini, il leader vorrebbe replicare quanto già fatto – senza fortuna – in Lombardia. Accelerare ora, ragionano infatti attorno al vicepremier, «permetterebbe di guadagnare qualche settimana» di relativa tranquillità.Un azzardo per chi, come Salvini, ha fatto del posticipare fino all’ultimo istante possibile una strategia vera e propria. Un modus operandi che però da qualche mese accresce le perplessità interne al partito, sempre più convinto che leader e base spesso abbiano obiettivi diversi.Se quest’ultima è determinata a mantenere la propria identità territoriale, il vicepremier invece, evita di alzare i toni dello scontro con gli alleati per continuare a coltivare il sogno del ritorno al Viminale. «Quasi fosse la panacea a tutti i mali» sospira un deputato leghista che non vede «alcun automatismo» tra un eventuale cambio di ministero e la crescita del consenso del Carroccio.La strada ora rischia però di farsi troppo stretta. E non solo perché il Capitano è trincerato in un silenzio che il partito fatica a comprendere («Neanche i suoi fedelissimi conoscono le mosse che ha in mente per il giorno successivo» spiega un colonnello leghista), quanto perché l’attesa rischia di allineare gli astri del caos veneto e lombardo.Il messaggio «o base, o morte» affidato agli emissari salviniani spediti nelle scorse settimane sui territori per valutare la situazione, motiva le timide uscite a difesa del terzo mandato di Luca Zaia. Anche ieri, ad affariitaliani. it, Salvini ha ripetuto come sarebbe «illogico cambiare» e come il Veneto «spetti a noi». Dichiarazioni che, al di là di certe voci che vorrebbero Fratelli d’Italia pronta al passo di lato in nome della difesa dell’alleanza di governo, hanno subito scatenato la smentita secca dei meloniani. «Il terzo mandato per i presidenti di Regione non era nel programma elettorale di governo del centrodestra e siamo certi che alla stragrande maggioranza dei 5 milioni di veneti stiano a cuore ben altri temi ed altri problemi rispetto al futuro di questo o quel politico» ha scandito non a caso il vice-capogruppo di FdI al Senato Raffaele Speranzon, rispondendo a Salvini.In realtà, il ministro dei Trasporti non è affatto convinto che questa debba essere la sua battaglia più importante. A dimostrarlo il silenzio degli esponenti a lui più vicini rispetto alle oltre 12 mila firme raccolte nei gazebo del Carroccio a sostegno del governatore uscente. E quindi se in pubblico fa, Salvini in privato disfa – come nel corso della riunione della scorsa settimana con Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Maurizio Lupi – sposando la linea che vede il terzo mandato come una «questione locale». Ai veneti che sperano che la supposta caduta di Daniela Santanché possa alla fine terremotare l’equilibrio lombardo, spingendo Fratelli d’Italia a puntare tutto sul Pirellone e mollare la preda veneta, fanno da contraltare i lumbard di Massimiliano Romeo e Attilio Fontana (gruppo più consistente dentro al Congresso Federale), determinati a non cedere allo stesso modo.Salvini, insomma, è tra due fuochi. E anche se questo con ogni probabilità non gli farà perdere la leadership del partito quando si arriverà alla conta, pare chiaro più o meno a tutti che l’atteggiamento a remissivo sulle questioni territoriali assunto nei confronti di Meloni rischia di condannarlo alla graticola perpetua