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 2025  gennaio 28 Martedì calendario

Shoah, l’amarezza di Liliana Segre


ROMA – Un giorno diviso per un pezzo d’Italia che s’immaginerebbe dalla stessa parte. Un giorno amaro per Liliana Segre che non avrebbe mai immaginato, a ottant’anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, che «l’antisemitismo, che c’è sempre stato» ma era un tabù, «oggi si sarebbe fatto così manifesto, sfacciato, vergognoso, disgustoso». Lei, sopravvissuta all’Olocausto e testimone di quell’orrore, nel giorno della memoria guarda con pessimismo al presente e al futuro. A Marco Vigevani, presidente del comitato eventi del Memoriale della Shoah di Milano, confida: «La commissione per il contrasto all’intolleranza, al razzismo, all’odio, all’antisemitismo servirà? Ci sarà qualcuno che ne raccoglierà la piccola eredità morale o finirà con me?».Preoccupata sì, «ma depressa non lo sono», spaventata nemmeno, racconta la senatrice a vita. «Tra minacce, parolacce che mi vengono riferite tutti i giorni in abbondanza, vado avanti, una gamba davanti all’altra», come nella marcia della morte a cui le Ss costringevano i deportati, e chi non la faceva veniva ucciso. «A volte – ricorda – gli “scheletri” non riuscivano a camminare. Io ero così abituata a quella visione che non mi voltavo, mettevo una gamba davanti all’altra e andavo. Volevo vivere». Ora «sono passati 80 anni, sono una vecchia, ma sono sempre la Liliana d’allora, con una gamba davanti all’altra. E così vado. Non ho paura».Davanti al murale al Portico d’Ottavia che nel Ghetto ebraico di Roma la ritrae con Sami Modiano, Segre insiste: «La memoria della Shoah è sempre». A ricordarlo c’è anche una scolaresca di bambini che l’applaude a lungo, scandendo in coro il nome “Liliana”: un piccolo segnale contro quella che la senatrice chiama «l’indifferenza del mondo» che conobbe più di ottant’anni fa quando «nessuno – mentre le Ss facevano marciare i prigionieri – si affacciava dalle finestre per buttarci una crosta di pane o una sciarpa».Oggi sarà al Quirinale col presidente Sergio Mattarella, ha ristretto al minimo gli impegni, «è stanca», racconta il figlio, «le iniziative sono troppe», aggiunge lei. E quest’anno più che mai divise. Non bastassero ilmondo ebraico fratturato al proprio interno, le polemiche con l’Anpi sull’uso del termine “genocidio” per definire anche la strage dei civili a Gaza, le «distorsioni» della memoria di cui parla la presidente dell’Ucei Noemi Di Segni, ci si sono messe pure le scritte anti Ong sui muri di Roma.A Milano la Comunità ebraica, come aveva annunciato, ha disertato in polemica con l’Associazione dei partigiani l’incontro con gli studenti in Comune. «C’è il rischio che se alla Shoah si danno altri significati, non si onorano le vittime ma si offendono», ha ribadito il vice presidentedella Comunità ebraica Ilan Boni. Però al dibattito ha partecipato Gadi Schoenheit, assessore alla Cultura dell’Ucei, secondo il quale la memoria «si porta avanti essendo presenti ovunque e comunque». E così è stato altrove, da Torino a Firenze.La spaccatura tra Anpi e comunità ebraiche va avanti da oltre un anno e ha connotato anche le celeb razioni per il 25 aprile. Secondo il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, figlio di un medico partigiano, «l’Anpi non è più quella d’un tempo. Alcuni leader stanno facendo battaglie che non si rendono conto contraddicono i loro scopi istituzionali». Ancora più netto il rabbino capodi Trieste, Alexander Meloni: «Oggi l’antisemitismo più pericoloso e più attivo viene dalle sinistre», sostiene, mentre soffiano ovunque venti di destra. L’Anpi, da parte sua, rigetta le polemiche, «strumentali» dice il presidente Gianfranco Pagliarulo, che spiega di «non aver mai messo sullo stesso piano Gaza e la Shoah», tende una mano a Di Segni «per un chiarimento fraterno» e lancia un appello anche in vista del 25 aprile, gli ottant’anni della Liberazione, «affinché si superi il pregiudizio e le opinioni preconcette e si arrivi assieme a celebrare momenti che abbiamo sempre avuto in comune».