Il Messaggero, 27 gennaio 2025
Sinner, il primo italiano su Marte
Il fenomeno è due volte fenomeno, forse anche tre. Perciò, oggi, Jannik Sinner è lontanissimo da tutti gli altri tennisti, con una testa e un cuore che viaggiano persino più veloci del servizio e del rovescio. E, imbattibile sul campo, potrebbe inchinarsi solo ad una decisione a tavolino dalla Cassazione dello sport (CAS) di Losanna del 16 aprile per una negligenza all’antidoping. Parola del Profeta dai capelli rossi: «Se sapessi di essere colpevole, non giocherei così. Finora è andato tutto per il meglio – appelli contro la sospensione provvisoria e sentenza del Tribunale Indipendente – e credo che andrà ancora così. Al momento non ci penso. Anche se ci sono giorni in cui non vorrei avere questo problema». Ma sicuramente avverte il tifo contro degli spogliatoi.
Jannik vestito in campo di giallo canarino è un leone che impressiona ancora una volta non solo per la gestione perfetta («l’importante è come rispondi alle situazioni»), per la calma imperturbabile, per la capacità di reagire sempre nel modo ideale e di fare la scelta giusta trovando proprio in quel momento il colpo giusto, sostenendo la pressione da campione in carica nel mirino di tutti. La sua è una delle più schiaccianti dimostrazione di superiorità in una finale Slam di un numero 1 del mondo contro il 2 (Sascha Zverev), con un inequivocabile 6-3 7-6 6-3, senza concedere palle break come solo Pete Sampras a Wimbledon 1995, Roger Federer a Wimbledon 2003 e Rafael Nadal agli US Open 2017. Gli osanna al campione che replica il trionfo di 12 mesi fa si moltiplicano, amplificati dal terzo urrà in altrettante finali, dai 21 match di fila vinti di fila sul cemento Majors e sul Tour, dal record italiano eguagliato di Nicola Pietrangeli, campione al Roland Garros 1959 e 1960. Eppure, come dopo il bis consecutivo di coppa Davis a novembre contro l’Olanda, il 23enne di Sesto Pusteria che il tennis ha strappato allo sci, come primo pensiero, consola lo sconfitto: «In fondo, siamo come compagni di scuola, invece dei libri abbiamo la racchetta e giochiamo a tennis ma ci vediamo sempre e l’aiuto di un compagno può dare una mano nella difficilissima situazione di chi è già stato nella posizione di vincere uno Slam ed è un giocatore incredibile».
Zverev, a 27 anni, è schiacciato dalla clessidra del tempo, dopo le due finali Slam a New York 2020 e Parigi 2024 perse. Il tedesco sbaglia troppo, soprattutto di dritto, cede netto il primo set, poi si butta nella lotta, sbuffando, soffrendo, aggrappandosi al famoso servizio. Sul 5-4, con Jannik 0-30 sul servizio, sogna ma si vede stampare in faccia 4 prime di fila. E, sul 4-4 del tie-break prima un nastro beffardo e poi una riga lo mettono ko, spingendolo verso il baratro. «Speravo di essere più competitivo, mi sentivo in formissima fisicamente e nel tocco di palla ma non è bastato: Sinner è troppo più forte». Signorilmente glissa sulle due iniezioni di insulina che si è fatto.
Anche nel momento di massima esaltazione di chi finora attorno non capiva, Jannik è pacato: «È un successo molto diverso rispetto a quello dell’anno scorso, da campione in carica «hai ancora più pressione. Rispetto all’anno scorso provo più gioia che sollievo. Sono molto soddisfatto, sappiamo quanto lavoriamo per questo io e il mio team». Il match più difficile del torneo è stato quello con Rune? «È stato un torneo impegnativo, tanti alti ma anche qualche basso, ma la mentalità era sempre quella giusta, l’atteggiamento in campo che è quello che conta davvero. Poi ci sono partite che vai meglio e altre che fai più fatica». E la finale, col mondo addosso? «In finale c’è una pressione differente: ho iniziato servendo benissimo e cercando di essere subito molto concentrato, nel secondo set poteva andare in maniera diversa, lui ha servito bene quando ho avuto le palle break». Il mondo è a bocca aperta: «Come faccio a mantenere la calma? Dentro ho delle difficoltà, nel tennis possono capitare momenti difficili. Volevo mantenere la concentrazione, nella mia testa sono consapevole che sono pronto per delle battaglie e ce l’ho fatta». E il momento più bello? «Abbracciare mio fratello: è il mio miglior amico, nessuno mi conosce meglio, gli parlo spesso, anche dei miei problemi, di come mi sento, è una persona eccezionale e sa da dove veniamo veramente, da una famiglia normale, sa come ho vissuto i miei anni da quando ero bambino e quindi averlo qua è stata la cosa più bella del torneo, ed è felice anche lui».DOMANI SARÀCoach Simone Vagnozzi azzarda. «Può vincere anche Roland Garros e Wimbledon». Sinner nel discorso del re sul campo accarezza il super-coach Darren Cahill: «Spero di riuscire a convincerlo a continuare anche l’anno prossimo». Il futuro di un numero 1 è semplice: «Voglio godermi questa vittoria, poi ci saranno giorni liberi: quando mi rimetto di nuovo al lavoro è al 100%, non c’è una via di mezzo, tutto il focus è lì, l’obiettivo è sempre migliorarsi». Fenomeno quante volte?