il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2025
Cagliari, carte false per screditare i pm del caso Solinas
Messaggi via chat con la richiesta di costruire prove false, buone per incastrare personaggi della politica o aggravarne la posizione giudiziaria; messaggi e iniziative abusive del tutto fuorilegge da attribuire a due magistrati inquirenti della Procura di Cagliari con l’obbiettivo di delegittimarli e costringerli ad abbandonare la pubblica accusa in alcuni procedimenti penali che stanno al centro dello scenario giudiziario sardo. Nell’isola è sbarcato il dossieraggio digitale e sono due i pubblici ministeri all’attenzione della Procura di Roma, l’ufficio competente sulle inchieste che riguardano in modo diretto o indiretto i magistrati in servizio in Sardegna, sia nelle vesti di parti offese che di indagati. I loro nomi – Andrea Vacca e Giangiacomo Pilia – sono legati nei tempi recenti ai processi istruiti a carico dell’ex presidente della Regione Christian Solinas e del suo entourage, ma non solo.
Si tratta di giudizi per corruzione e abuso d’ufficio, scandali ancora caldi ma lontani dalla conclusione. Comunque casi scottanti di mala politica che hanno condizionato le elezioni regionali del 22 febbraio 2024 e che hanno portato all’uscita di scena di personaggi considerati a livelli alti nella gerarchia del potere. Vacca e Pilia sono magistrati indipendenti, che da molti anni rappresentano un faro acceso su quella zona grigia che in Sardegna collega la criminalità comune alla politica, gli affari sporchi a chi gestisce gli enti pubblici spinto da interessi personali. Vacca opera nel gruppo dei reati contro la pubblica amministrazione, Pilia ne ha fatto parte fino a pochi mesi fa, quando è stato trasferito ai reati finanziari in base alla turnazione stabilita dalle norme. Quando si parla di scandali legati alla politica e alle amministrazioni locali all’origine delle indagini spuntano quasi sempre loro, il che rende automatica la scelta per chi intende gettare un’ombra sulla Procura cagliaritana con un piano di diffamazione. Nell’ufficio del procuratore capo di Cagliari, Rodolfo Sabelli, il fascicolo messo insieme dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia postale è rimasto il tempo necessario per capire contro chi fosse indirizzata l’operazione di dossieraggio venuta alla luce grazie ad alcune segnalazioni: trattandosi di magistrati, gli atti raccolti sono stati trasmessi immediatamente a Roma, per quanto le voci che rimbalzano dal palazzo di giustizia parlino di approfondimenti compiuti anche in Sardegna per capire da quale area provenisse il progetto di diffamazione dei due pubblici ministeri. Due i canali utilizzati dai misteriosi esperti informatici, che lavorerebbero su un server nascosto nell’est europeo, probabilmente in Polonia: il social Instagram e un sito semisconosciuto dove sono affluiti messaggi chat privati (ma falsi) attribuiti ai due magistrati, insieme ad altro materiale informatico che doveva servire a dimostrare il tentativo dei due pm di costruire artificiosamente prove d’accusa. Buona parte dei testi che hanno circolato nei mesi passati tra web e dark web sono stati scritti sia in italiano che in inglese per raggiungere anche utenze internazionali.
Un progetto inedito, almeno per la Sardegna, la cui regia si trova certamente nell’isola. Al momento il fascicolo aperto a Cagliari e passato a Roma non ha indagati e neppure ipotesi di reato nonostante l’origine, gli scopi e le modalità siano piuttosto chiari e lascino ben poco spazio all’immaginazione. Il tentativo degli investigatori è di ripercorrere a ritroso il cammino dei messaggi per arrivare agli autori, che potrebbero trovarsi più vicino di quanto si pensi. L’interrogativo che gira nel palazzo di giustizia riguarda la posizione dei due pm rispetto ai procedimenti in corso: dovranno astenersi o potranno andare avanti, considerato che al momento l’indagine di Roma li coinvolge soltanto come possibili parti offese?