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 2025  gennaio 26 Domenica calendario

Parla Suslov, consigliere del Cremlino


«La presenza di forze straniere sul terreno in Ucraina per noi sarebbe una falsa partenza: non se ne parla neppure, che siano della Nato o dell’Onu, di Cina o Turchia».Risponde così Dmitrij Suslov alla domanda sullo schieramento di una forza di interposizione per garantire una eventuale tregua tra Kiev e Mosca. Suslov dirige il Centro di studi europei e internazionali presso la Scuola superiore di Economia ed è uno dei più ascoltati consiglieri di politica estera del Cremlino.
Cosa si aspetta la Russia dal nuovo presidente Usa?
«Non ci facciamo troppe illusioni. Ci sono tuttavia due cambiamenti cruciali rispetto all’amministrazione Biden. Il primo è che Trump vuole finire la guerra in Ucraina il prima possibile e non persegue la sconfitta militare russa. Questo conferma che l’obiettivo americano di mettere la Russia in ginocchio è fallito. Il secondo è che la nuova amministrazione è pronta a riprendere la diplomazia diretta. Sotto Biden non c’era alcun contatto regolare tra i due Paesi, tranne incontri sporadici tra i capi delle due intelligence su aspetti tecnici. Trump vuole ripristinare i contatti a tutto campo, anche al più alto livello, compresi quelli tra i leader e su questo ci aspettiamo un annuncio tra breve. Tornare alla normalità è una scelta di buon senso, la diplomazia è più importante tra avversari che tra amici».
Allora perché non vi fate illusioni quanto agli esiti?
«Le nostre visioni sulla soluzione del conflitto in Ucraina sono inconciliabili. Gli americani e i loro alleati non si rendono conto che la differenza fondamentale non riguarda solo la Nato o le questioni territoriali, ma soprattutto i rapporti dell’Ucraina con l’Occidente sul piano della sicurezza dopo la guerra. Per la Russia è inaccettabile non solo l’adesione alla Nato, ma anche ogni tipo di cooperazione concreta con i Paesi occidentali. L’Ucraina deve rimanere militarmente debole, zona cuscinetto senza partnership, senza forniture d’armi, senza manovre militari congiunte, senza addestramento delle sue truppe da parte degli istruttori occidentali e senza forze militari straniere schierate sul terreno. Dev’essere genuinamente neutrale».
Ha detto «senza forze militari sul terreno». Ma allora quali saranno le garanzie di sicurezza per l’Ucraina?
«Ci saranno garanzie di sicurezza dei partner esterni, un gruppo di Paesi compresi gli Stati Uniti».
Non mi prenda in giro, nessuna garanzia di sicurezza è efficace senza forza d’interposizione. In che modo l’Ucraina potrà essere certa che non la invaderete di nuovo?
«Con garanzie di sicurezza scritte».
Scritte sulla sabbia. Anche nel 1997 la Russia si era impegnata a rispettare la sovranità dell’Ucraina in cambio della consegna a Mosca delle armi nucleari ex Urss.
«Guardi, o l’Ucraina è una zona cuscinetto neutrale, oppure la guerra continuerà fino a quando la sua stessa esistenza sarà in discussione. Ripeto, il nostro rifiuto alla presenza di una forza di interposizione non è negoziabile. Si potrà discutere sulla dimensione delle forze armate ucraine, su cosa sia permesso o meno: per esempio sì alle forniture di munizioni d’artiglieria, no a ogni tipo di missile».
E del ritiro russo da alcuni dei territori oggi controllati si può discutere?
«Ovviamente no. Ma questa è una delle questioni più facili nell’agenda di un eventuale negoziato: sia noi che l’amministrazione Trump siamo d’accordo che la linea di contatto attuale deve diventare il nuovo confine di fatto, con l’eccezione della regione di Kursk. Nessun accordo è possibile fin quando gli ucraini sono a Kursk, da dove o si ritirano o verranno cacciati».
L’uscita di scena di Zelens’kyj è una precondizione?
«Noi in prima battuta non negozieremo con l’Ucraina ma solo con gli Stati Uniti. Per la Russia Zelens’kyj è un presidente illegittimo. Se arrivassimo a un’intesa preliminare con gli americani nei termini che ho spiegato, allora la Russia potrebbe accettare una tregua. Quindi, in successione, fine dei combattimenti, nuove elezioni in Ucraina, e solo dopo, conclusione di un accordo con il nuovo governo e il nuovo presidente».
Intanto la situazione economica russa peggiora. Avrà un impatto sulla capacità di continuare la guerra?
«I problemi esistono: abbiamo un’inflazione alta, un certo squilibrio causato dai massicci investimenti di questi anni nell’industria militare. La disoccupazione è bassa, ma questo pone un limite all’aumento della produzione industriale. Penso che probabilmente nel 2026, forse anche più tardi, la Russia potrebbe entrare in una fase di stagflazione, cioè inflazione più stallo nella crescita. Ma quest’anno l’economia rimarrà stabile, anche se gli imprenditori si lamentano dell’alto costo del denaro, che comunque è pur sempre la metà di quello in Turchia. Detto questo, la nostra situazione è infinitamente migliore di quella dell’Ucraina e se guardiamo alla capacità di continuare la guerra, è chiaro che l’equilibrio di logoramento è dalla nostra parte. Siamo in grado di sostenere almeno ancora un anno di guerra. Ma non sono sicuro che anche l’Ucraina lo sia. Guardi il semi-fallimento della loro campagna di mobilitazione. E poi, anche se i negoziati con gli americani dovessero fallire, noi pensiamo che gli aiuti militari all’Ucraina siano destinati a diminuire, perché Trump insisterà sugli europei perché aumentino le forniture. Ma non credo che questi vorranno o potranno farlo. Le dico sinceramente, o l’Ucraina accetta le nostre condizioni, o corre il rischio di sparire dalla carta geografica».