Corriere della Sera, 25 gennaio 2025
Le timidezze del Pd sul comunismo
Falce e martello restano difficili da maneggiare per chi, almeno in Italia, viene da quella storia. Si spiega forse così la persistente «timidezza» degli eurodeputati del Pd su risoluzioni che condannino il simbolo persino nella sua declinazione sovietica e stalinista. Era questo uno dei temi l’altro giorno ai voti del Parlamento europeo. In difformità col gruppo Socialista al quale appartiene (e con l’eccezione di Pina Picierno) il Pd ha votato con Lega, M5S e Avs contro il paragrafo 14 (specifico sul divieto dell’uso «di svastica e simboli comunisti sovietici all’interno dell’Unione») e non ha votato la risoluzione complessiva, rivolta in realtà contro la falsificazione della storia perpetrata dalla Russia di Putin sull’Ucraina. Ora, se è ben comprensibile che chi ha militato da giovane nel Pci di Berlinguer abbia respirato aria di novità e libertà, non è altrettanto comprensibile dimenticare che: a) almeno fino a metà anni Settanta il Pci era sovvenzionato dall’Urss; b) Berlinguer stava per essere ammazzato in Bulgaria proprio per la sua spinta a emanciparsi; c) se è vero che il nazismo postulava il dominio dell’uomo sull’uomo e il comunismo la liberazione dell’uomo, è altrettanto vero che ovunque il comunismo si sia inverato nella pratica di governo si è tradotto in una feroce tirannia. Gli eurodeputati del Pd sorvolano sul fatto che per molti europei Stalin (che qualche dinosauro nostrano definì ancora pochi anni fa uno «statista») ha prodotto lutti e orrori non inferiori a quelli generati da Hitler: citofonare agli ucraini per l’Holodomor o ai polacchi per Katyn, o alle vittime dei gulag e delle purghe. Non si tratta di «rifare la storia nei Parlamenti» o di «strumentalizzarla» per oscure finalità reazionarie. Ma di rispettarla, senza imbarazzi fuori tempo. Non ci sono mai stati un «nostro fine» o una «futura umanità» nel cui nome fosse lecito privare della libertà l’umanità presente in carne e ossa.