Corriere della Sera, 25 gennaio 2025
Premierato, piano B
Siccome fatica a realizzare il premierato con una legge costituzionale, Giorgia Meloni ha in mente di introdurre la riforma con una legge elettorale.
Ecco il «piano B» a cui lavora la presidente del Consiglio, che mira a cambiare il sistema modificando il meccanismo di voto senza toccare la Carta. Meloni ne ha discusso con gli alleati al vertice di mercoledì, aprendo un dossier che resterà riservato per ragioni politiche e di timing. Ma che non sia stato un confronto occasionale lo testimoniano la presenza alla riunione del ministro per le Riforme e la decisione di costituire un gruppo di lavoro in Parlamento che sarà composto da rappresentanti di tutti le forze di maggioranza e sarà guidato da uno dei massimi esponenti di FdI.
Il progetto, in fase embrionale, parte dall’esame dei due modelli di voto oggi in vigore in Italia: la legge per l’elezione dei sindaci e quella per l’elezione dei presidenti di Regione. Siccome il primo modello prevede il doppio turno, che storicamente è inviso al centrodestra, è chiaro che il gruppo di lavoro si concentrerà su una rivisitazione in chiave nazionale del Tatarellum: turno unico, premio di maggioranza alla coalizione vincente ed elezione del governatore. Questo aspetto legherebbe di fatto la vita della legislatura alla durata del presidente del Consiglio, sbarrando la strada ai governi tecnici.
Così Meloni realizzerebbe il disegno del premierato senza dover sfidare il Quirinale e senza dover passare da un referendum dall’esito incerto. «La soluzione – dice sorridendo un esponente di maggioranza – è un atto di pragmatismo democristiano da parte di Giorgia». Alla quale comunque toccherebbe spiegare perché mai intenda cambiare la legge elettorale senza la riforma costituzionale: in fondo l’attuale sistema di voto le ha consentito di avere una schiacciante maggioranza in Parlamento. Ma secondo i tecnici della premier «con il Rosatellum non è scontata una chiara maggioranza». E in effetti il risultato del 2022 è stato conseguenza della divisione tra le forze di centrosinistra, che ha permesso agli avversari di fare incetta di collegi.
Raccontano che al vertice Elisabetta Casellati si sia limitata a una presentazione orale delle varie bozze, «per evitare – spiega uno dei partecipanti – di far girare documenti che spaventerebbero il generone parlamentare». Perché è chiaro che quando si inizia a parlare di legge elettorale, è come se deputati e senatori sentissero l’annuncio della hostess in aereo: «Il comandante informa che abbiamo iniziato la discesa». Scatenare il panico nel Palazzo sarebbe peraltro immotivato: Meloni ha ribadito di voler arrivare «a fine legislatura», prevista nel giugno del 2027.
Ma intanto il dossier va istruito per trovare l’intesa nel centrodestra. Cosa non facile, perché il Tatarellum contempla lo strumento delle preferenze. Che incontra il favore di FdI e di Noi moderati e l’ostilità di Forza Italia, della Lega e (forse) della maggioranza trasversale in Parlamento. L’ultima volta che venne fatto un tentativo, ai tempi del governo di Matteo Renzi, le preferenze furono bocciate a scrutinio segreto. E chissà se il copione si ripeterebbe, dato che i deputati del centrodestra eletti al Sud sono già in fibrillazione. In ogni caso questi aspetti non irrilevanti saranno oggetto di discussione nel gruppo di lavoro. Che tra le tante cose dovrà vagliare le limitazioni della Consulta al premio di maggioranza e dovrà verificare certi precedenti: come l’uso del voto di fiducia sulla legge elettorale posto per la prima volta in Parlamento ai tempi del governo di Paolo Gentiloni.
Insomma ci sarà tempo per completare il dossier. Anche perché «non è chiaro – sottolineano nel centrodestra – in che modo si organizzeranno i nostri avversari». Nella maggioranza, per esempio, non sono pochi quelli che scommettono sulle «elezioni solitarie» del Movimento 5 Stelle. In ogni caso sulla riforma si avverte nella maggioranza una forma di prudenza che coincide con la scaramanzia: «Chi ha cambiato la legge elettorale ha sempre perso»