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 2025  gennaio 25 Sabato calendario

Donald si imbarca nel «tour dei disastri»

Nel suo primo viaggio dall’insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump ha fatto tappa ieri in North Carolina e in California, due Stati colpiti da disastri naturali (rispettivamente l’uragano Helene lo scorso settembre e gli incendi ancora in corso) per passare la notte in Nevada, uno Stato dove ha vinto a novembre (come la North Carolina e a differenza della California) e dove intendeva «ringraziare gli elettori». In North Carolina, dove alcuni segni del disastro restano ancora sul territorio, il presidente ha chiesto a diversi abitanti colpiti dall’uragano di raccontare le loro storie al microfono e ha annunciato che firmerà «un ordine esecutivo per iniziare il processo di riforma e revisione fondamentale di Fema (l’agenzia federale che risponde a uragani, incendi e altri disastri, ndr ) o forse per eliminarla». Poi ha aggiunto: «Raccomanderemo che venga eliminata» (è necessaria una decisione del Congresso). La «Federal Emergency Management Agency» è stata obiettivo di molte accuse da parte di Trump durante la sua campagna elettorale: ha detto che Fema ha «abbandonato la popolazione» e ha dato la colpa all’amministrazione Biden. La Cnn ieri era impegnata nel fact-checking per smentire alcune dichiarazioni del presidente. Molti ritengono che siano necessarie riforme nell’agenzia, che sia stata lenta nel fornire gli aiuti in North Carolina ed è stato dimostrato in un caso che un funzionario poi licenziato aveva dato ordine di evitare l’assistenza a zone «trumpiane». Il ruolo di Fema è stato eccessivamente esteso, secondo alcuni esperti (anche a compiti legati alla pandemia), ma storicamente i politici di entrambi i partiti l’hanno appoggiata, sapendo che i loro distretti possono averne bisogno e che non tutti gli Stati hanno capacità di risposta a gravi disastri, anche se ricevono aiuti federali. 
Trump ha promesso aiuti alla North Carolina, come pure alla California, ma in questo secondo caso ha posto due condizioni: la prima è che i cittadini dello Stato debbano presentare un documento di identità per votare nelle elezioni «perché al momento non sappiamo chi vota ed è un sistema molto corrotto» (il partito democratico si è generalmente opposto dicendo che chiedere un documento di identità rende più difficile votare per i poveri e le minoranze); la seconda condizione è che vengano deviate verso il Sud della California risorse idriche provenienti dal nord dello Stato. Trump ha rimproverato ripetutamente il governatore democratico della California Gavin Newsom (che comunque ha annunciato che lo avrebbe atteso in aeroporto) accusandolo di aver gestito male il patrimonio boschivo e quello idrico per proteggere «un pesce sostanzialmente inutile». Esperti della California consultati dal New York Times affermano che la questione della gestione delle risorse idriche è in realtà più complessa di quanto sostenuto dal presidente. 
Tra un volo e l’altro Trump ha trovato il tempo di arringare in videocollegamento i 150 mila partecipanti alla «marcia per la vita» in corso ieri nella capitale, dopo aver graziato 23 attivisti condannati per aver bloccato nel 2020 a Washington l’accesso di una clinica per l’aborto, intimidendo staff e pazienti. Il vicepresidente J.D. Vance è intervenuto personalmente alla manifestazione. Intanto il Financial Times scrive che la scorsa settimana, in una telefonata di 45 minuti con la premier danese Mette Frederiksen, Trump avrebbe ribadito la ferma determinazione a prendere il controllo della Groenlandia. Secondo le fonti anonime del quotidiano, il presidente americano avrebbe risposto in modo «molto aggressivo e duro» alle parole con cui Frederiksen segnalava che il territorio artico non è «in vendita» e non si sarebbe placato di fronte all’offerta di Copenaghen di aumentare il coordinamento sulle basi militari e sullo sfruttamento di minerali.