Corriere della Sera, 24 gennaio 2025
Una mostra per gli 80 anni della D.C.
Da un lato i volti dei contadini, stanchi e affamati, che reclamano terra da coltivare; dall’altro le piazze che iniziano a riempirsi – anche di molte donne – per ascoltare i comizi e far sentire una voce a lungo messa a tacere dal regime. Come in piazza Duomo a Milano quando, alla vigilia del referendum istituzionale per scegliere tra Repubblica o Monarchia, migliaia di persone si radunarono per ascoltare le parole del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. A unire due delle tante istantanee di mondi all’apparenza separati un partito come la Democrazia cristiana che, con le sue anime plurali, ha saputo accompagnare la ricostruzione democratica e costituzionale di un’Italia povera e umiliata dalla guerra, proiettandola in un inedito orizzonte europeo.
Parlare della Dc oggi è raccontare la «Storia di un Paese», come ricorda il titolo della mostra che dal 30 gennaio al 2 marzo è esposta a Roma, ai Musei di San Salvatore in Lauro. «Quello che abbiamo rappresentato nelle sale, tra fotografie, storiche prime pagine del Popolo, manifesti elettorali, libri e cimeli relativi al cinquantennio di vita del partito che va dal 1942 al 1994, non è solo il racconto delle figure dei grandi dirigenti che lo hanno guidato, ma soprattutto quello di un popolo desideroso di riscattarsi. Certa pubblicistica ha dipinto i democristiani come privi di carattere, ma c’erano invece passionalità e fame di democrazia come raccontano ad esempio le immagini delle folle che si incontravano nelle sezioni per discutere», spiega Ortensio Zecchino, storico, politico ed ex ministro dell’Università e della Ricerca, ricordando lo spirito che guida una delle tante iniziative organizzate per celebrare gli 80 anni dalla nascita della Dc.
«Non un partito di massa informe», ma una forza politica composta da individui capaci di presentarsi come alternativa e formare una «diga» alla grande forza che il Pci aveva in quegli anni («La pace non ha il pugno chiuso», ricorda uno dei volantini esposti), uniti «da una spinta riformista che mai, in così pochi anni, si sarebbe più verificata nel nostro Paese», aggiunge. La Dc, attraverso libere elezioni, «è stata interprete della realtà complessa dell’Italia dei cento campanili, senza avere la pretesa del fascismo di essere interprete unico e forzato della realtà e senza alzare le barriere classiste proposte dalla sinistra», chiarisce Zecchino.
Contro la vulgata
«Vogliamo far riscoprire la vera storia del partito, per decenni vittima
di oblio e stereotipi»
Per agevolare la visita, le fotografie sono raggruppate per aree tematiche: la ricostruzione nella stagione delle grandi riforme (agraria, Piano casa, Cassa del Mezzogiorno); la politica estera (scelta occidentale, adesione al Patto Atlantico, protagonismo nella costruzione dell’Unione europea); la governabilità del Paese (estromissione delle sinistre filosovietiche nel ’47, scelta di governi di coalizione, alternanza); la Dc come partito di popolo. Dando spazio anche all’ironia con cui vennero accolte alcune posizioni – riprese ad esempio sulle prime pagine del Candido — e alle critiche, come quelle legate alla campagna per il referendum sul divorzio del 1974, quando il sentimento comune si dimostrò più avanti delle posizioni espresse da Chiesa e partito.
Una sezione speciale è dedicata alla figura di De Gasperi, protagonista politico del primo decennio della Repubblica, capace con coraggio e lucidità di porre le basi della ricostruzione libera del Paese: iconica l’immagine dell’agosto ‘46 che lo vede in piedi sulla scaletta dell’aereo che da Fiumicino lo porterà alla Conferenza di pace di Parigi per essere ascoltato dalle nazioni vincitrici del conflitto. E ottenere, «noi che eravamo considerati vinti e reietti», il credito necessario per la ricostruzione sul piano materiale e di una rinnovata identità civile e sociale. In un tempo in cui si rivolge poco l’attenzione al passato, raccontare oggi quell’esperienza significa anche «tentare di rimuovere dalla coscienza pubblica le tante contro-verità veicolate da una vulgata antistorica sulla Dc come regista di trame oscure», conclude Zecchino, citando il riconoscimento attribuito anche dal partigiano comunista Antonello Trombadori alla Dc come partito capace di garantire «la tenuta democratica del Paese».