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 2025  gennaio 24 Venerdì calendario

Reazioni russe all’avvento del Trump 2

Anche a mente fredda, prevalgono i bollenti spiriti. Dopo il post di mercoledì, e le frasi pronunciate ieri in collegamento con la platea di Davos, i media più vicini al Cremlino e la propaganda patriottica hanno cambiato tono nei confronti di Donald Trump, verso il quale avevano finora tenuto un atteggiamento cauto, se non ossequioso. 
Il via libera è arrivato da Dmitry Peskov, portavoce fidato di Vladimir Putin, che ha affermato come la presidenza russa stia «registrando minuziosamente» ogni parola del nuovo inquilino della Casa Bianca. «Finora, non vediamo elementi di particolare novità. Durante il suo primo mandato, Trump fu il presidente americano che più di ogni altro fece ricorso alle sanzioni nei nostri confronti. È un metodo che gli è sempre piaciuto. Noi rimaniamo pronti al dialogo, ma che sia paritario e di reciproco rispetto». 
Guarda e aspetta, almeno per ora senza reagire. Questa è la posizione ufficiale. Ma un altro conto sono i toni perentori e quelle che ben presto verranno additate come inaccettabili provocazioni da parte di Trump. Prima la Russia che «ha aiutato» gli Usa a vincere la Seconda guerra mondiale. Poi, ieri a Davos, il risultato «francamente ridicolo» delle recenti elezioni presidenziali russe. Più delle eventuali proposte, sembra contare la poca cortesia o la lesa maestà nei confronti di Putin, che, quando parlava ancora con i leader occidentali, ha sempre preteso di essere trattato da pari a pari, e ha trascorso gli ultimi due anni e mezzo accusando Usa ed Europa di avere un complesso di superiorità e un disegno egemonico nei confronti della Russia. 
Aleksander Kots, corrispondente di guerra dal grande seguito, è il più esplicito nel mettere in risalto il contrasto tra le personalità dei due leader. «Forse Trump», che lui definisce come un «teppista politico di quartiere» non conosce bene Putin, afferma. «E quindi, ignora che il nostro presidente non comunica con i social, appartenendo all’epoca ante TikTok della politica mondiale, quella dove gli statisti seri discutevano di temi importanti dialogando tra loro. Inoltre, ricordiamo alla Casa Bianca che la spina dorsale al Terzo Reich fu spezzata a Stalingrado, e non in Normandia dove invece voi americani sbarcaste quando era già assolutamente chiaro chi avrebbe vinto». 
L’inversione di rotta nella percezione del vecchio-nuovo presidente americano è stata impressa già mercoledì sera da Vladimir Soloviov, il più popolare tra i conduttori dei talk show serali. «Non dobbiamo farci alcuna illusione: Trump è senza alcun dubbio un nostro nemico di sistema». 
Gli ha fatto eco il generale Andrei Gurulev, deputato della Duma, generale e vicepresidente della Commissione Difesa. «L’unico scopo degli americani è quello di sottomettere il mondo intero attraverso l’intelligenza artificiale». Altro giro, altro generale. Leonid Ivlev, deputato di Russia Unita nel collegio di Crimea. «Trump sta propinando un frullato di ultimatum, illazioni e minacce in risposta alle posizioni serie auspicate da Putin. Ma se ha deciso di parlare alla Russia con il linguaggio dell’intimidazione, si sta infilando da solo in un vicolo cieco». 
A prescindere dai contenuti, le prime uscite pubbliche di Trump sembrano aver sancito la fine dell’illusione su un nuovo corso delle relazioni russo-americane. «Presto ripenseremo al mandato di Biden con nostalgia», scrivono su Telegram i blogger di guerra, i quali non aspettavano altro che l’occasione per soffiare sul fuoco dell’antiamericanismo, mai così vivo in Russia. Anche per questo, forse, il calo improvviso del credito verso Trump viene espresso persino da quel che resta dell’opposizione liberale. 
Lev Shlosberg, storico esponente del partito Yabloko, da mesi sotto sorveglianza delle forze dell’ordine e dichiarato «agente straniero», sostiene che Trump abbia scelto «il peggior modo possibile» per avviare colloqui tra Russia e Ucraina. «Dipanare questa matassa sanguinaria attraverso proposte pubbliche, è una via diretta verso un ulteriore disastro. Frettoloso e troppo insistente, il presidente Usa è un grosso elefante che si muove in una casa di cristallo cosparsa di sangue». 
Dall’esilio, e da una sponda opposta, mostra la sua delusione anche Ilya Yashin, il dissidente scarcerato pochi mesi fa. «Accusando Biden di avere provocato l’inizio del conflitto, Trump sta sfumando le responsabilità di Putin». Insomma, ammesso e non concesso che questo sia un inizio, si parte in salita. Ma al riguardo c’erano pochi dubbi.