Avvenire, 23 gennaio 2025
Effetti della militarizzazione del confine Usa-Messico
Costa la militarizzazione dei confini e si prevede una nuova impennata con la raffica di ordini esecutivi del neo-presidente americano Donald Trump, non nuovo a impiegare risorse del dipartimento della Difesa in piani manichei per sigillare la frontiera con il Messico. Se implementate, le politiche di deportazione massiccia dei migranti irregolari residenti negli Usa potrebbero privare il contribuente americano di quasi un trilione di dollari in un decennio.
«Come comandante in capo, non ho responsabilità più grande che difendere il nostro Paese da minacce e invasioni, ed è esattamente ciò che farò. A un livello che nessuno ha mai visto prima», ha preannunciato Trump nel primo discorso presidenziale. L’Amministrazione precisa che, nell’assistere le forze dell’ordine, si attingerà alle «forze armate, inclusa la guardia nazionale». Corsi e ricorsi storici, che vanno avanti dal 2006, ma per implementare le mega-espulsioni vagheggiate dal neopresidente potrebbero servire oltre che processi, tende e mezzi aerei, sforzi titanici, in un’impresa foriera di azzardi e di incognite giuridiche. Potrebbero essere interessati dai decreti restrittivi 13 milioni di individui, irregolari per status, ma braccia essenziali per campagne, edilizia e qualche industria americana. Privarsene significherebbe impattare anche sulla crescita del Prodotto interno lordo e sulla raccolta di alcune entrate fiscali.
Lo stima uno studio del Consiglio statunitense per l’immigrazione. Per il Gao, equivalente statunitense della nostra Corte dei conti, già fra aprile 2018 e agosto 2020, Trump presidente, la collaborazione interagenzia fra il dipartimento della Sicurezza interna e il Pentagono si era ripercossa inevitabilmente sul bilancio del secondo. A parte i fondi attinti dal budget del genio dell’esercito per finanziare parte del muro anti-migranti, mobi-litare 2.579 uomini della guardia nazionale e 5.815 soldati, avrebbe privato la difesa di cespiti variabili fra 841 milioni di dollari e un miliardo, senza contare gli stipendi e i premi di missione. Somme che il Pentagono non avrebbe recuperato. La guardia nazionale dovrebbe aver impegnato in compiti anti-migratori non meno di 606 milioni, l’esercito, i marine e l’Aeronautica 234 milioni: soldi spesi per far volare i mezzi pattuglianti, pagare i carburanti, i costi di trasporto terrestri e la manutenzione delle attrezzature. Non è poco, tenendo conto dell’equilibrismo cui è costretto il legislatore nel redigere il bilancio annuale militare, non raro nel deludere programmi di forza armata tanto urgenti, quanto ambiziosi e sempre più esosi. I costi delle politiche anti- migratorie sono però pure indiretti: le unità spedite al confine meridionale si addestrano meno al mestiere delle armi, loro lavoro primario.