La Stampa, 23 gennaio 2025
Pure i cattolici contro Trump
La Chiesa degli Stati Uniti si schiera contro il via libera di Donald Trump alle retate delle forze dell’ordine «in chiese, ospedali e scuole per controllare la cittadinanza» ed eventualmente fermare ed espellere gli immigrati illegali. «I sofferenti rappresentano Cristo, saremo giudicati su come li avremo trattati. E poi, deportarli è anche controproducente per il Paese». Parola di monsignor Timothy Broglio, presidente della Conferenza dei Vescovi cattolici degli Usa, oltre che ordinario militare.Eccellenza, il Tycoon ha annunciato e sta mettendo in pratica politiche migratorie severe. Che cosa ne pensa?«La posizione dei Vescovi statunitensi sull’immigrazione è chiara. Vogliamo rispettare la legge, ma riconosciamo che essa necessiti di una riforma. L’attuale sistema non affronta adeguatamente molte situazioni complesse, come quella di genitori che, pur essendo in violazione della legge, hanno figli minorenni cittadini statunitensi. Come Paese, non abbiamo fatto abbastanza per affrontare le cause profonde della povertà che spingono molte persone a cercare una vita migliore qui. Di fronte a chi ha fame, sete o si trova in difficoltà o malattia, siamo chiamati a rispondere secondo il Vangelo (Matteo 25), perché tali persone rappresentano Cristo, e un giorno saremo giudicati su come avremo risposto. Intendiamo dialogare con il nuovo Governo affinché affronti queste situazioni concrete con i mezzi a disposizione. Riconosciamo, inoltre, che negli Stati Uniti esiste una crisi lavorativa: non ci sono abbastanza persone per coprire i posti di lavoro disponibili. Deportare lavoratori indispensabili per l’economia sarebbe controproducente».Il Presidente autorizza arresti di migranti anche in chiese e scuole. Quali sono i suoi pensieri?«Ho rilasciato una dichiarazione ufficiale che, pur riconoscendo alcuni elementi positivi nei primi passi del nuovo Governo, critica con forza la decisione di consentire alle forze dell’ordine di entrare in chiese, ospedali e scuole per controllare la cittadinanza. Sembra una misura di altri tempi. È fondamentale rispettare la sacralità delle scuole e dei luoghi di culto. Per quanto riguarda i malati, non possiamo restare in silenzio. Venerdì, a Washington, si terrà la consueta manifestazione annuale a favore della vita e della dignità della persona umana. Certamente non mancheremo di ricordare anche coloro che oggi si trovano minacciati».Il rapporto Trump-Francesco è sempre stato complesso. Potrà migliorare?«Alla luce dei miei 25 anni di esperienza come diplomatico della Santa Sede, sono sicuro che si potrà chiarire, e potranno migliorare le relazioni tra il Vaticano e gli Stati Uniti. Il Presidente ha i suoi compiti da gestire e affrontare, mentre il Vescovo di Roma deve parlare in difesa dei poveri, degli emarginati e dei vulnerabili. Non ci dovrebbero essere contrasti, ma allo stesso tempo è naturale che possano emergere divergenze su alcune questioni».Gli Usa esercitano un’influenza decisiva in molti scenari di guerra. Quale dovrebbe essere l’approccio della nuova amministrazione per favorire la pace?«Considerando il potere degli Usa, abbiamo l’incarico di agevolare il dialogo, ridurre la vendita di armi e, in alcuni casi, insistere con i belligeranti affinché si siedano al tavolo delle trattative».Il Papa ha denunciato la «terza guerra mondiale a pezzi». Gli Usa hanno una responsabilità specifica nel lavoro per superare i conflitti in corso?«Sì, credo che abbiano le possibilità e la responsabilità di fare di più per promuovere la riconciliazione. Come pastore di coloro che servono la Nazione nelle forze armate, conosco bene il costo di tale coinvolgimento. Abbiamo il dovere di essere una forza a favore della pace».La nuova presidenza potrà influire nel contesto infuocato del Medio Oriente?«Sì, ma è fondamentale che ci sia la volontà politica di garantire la sicurezza dello Stato d’Israele e, al contempo, assicurare uno Stato indipendente per i palestinesi. Non fare nulla significherebbe abdicare alla responsabilità e lasciare che lo status quo si prolunghi indefinitamente»