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 2025  gennaio 23 Giovedì calendario

L’America vuole essere la prima nell’intelligenza artificiale

L’America ha rinunciato ad americanizzare il mondo per manifesta impossibilità. Malgrado la profondità della crisi che ne scuote le radici, non intende però abdicare al rango di numero uno. Per questo deve vincere la corsa allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che si deciderà entro il decennio. L’unico sfidante in grado di battere il detentore è la Cina, in veloce rimonta, anche se gli americani dispongono in questo campo del triplo dei brevetti cinesi (e di trenta volta quelli europei).
L’ossessione del sorpasso cinese nella più strategica delle competizioni – superiore persino alla spaziale – spiega la mossa annunciata con l’abituale basso profilo da Trump: il progetto Stargate. Affidato per ora a una joint venture fra Softbank, Open AI e Oracle, cui altri potrebbero aggregarsi. Capitale dichiarato (da Trump), 100 miliardi, da moltiplicare per cinque nei prossimi anni. Tutto per costruire infrastrutture e centri dati, attrarre i migliori cervelli e mettere il turbo alla ricerca.
Grande escluso, finora, Elon Musk, che non l’ha presa benissimo, anche perché in causa per la proprietà di Open AI. In un acido tweet, la sentenza: “Non hanno i soldi”. La superstar della Paypal mafia, che potrebbe consolarsi con l’acquisto di Tik Tok, subodora una coalizione di competitori decisi a frenare la sua esuberanza e mettere le mani sull’affare del secolo. La partita è appena iniziata.
Quanto a Trump, l’obiettivo è far giocare i signori delle tecnologie l’uno contro l’altro per evitare che gli facciano ombra. E insieme riunire la massa critica – finanziaria, scientifica e produttiva – necessaria a dettare le regole del gioco nella competizione con la Cina. La tecnica resta quella del “deal”: alziamo la posta, costringiamo l’avversario sulla difensiva per incastrarlo in un accordo ineguale. Tale da sigillare la nostra superiorità.
La grande sfida non può essere vinta dallo Stato o dai privati in ordine sparso. Prevede una convergenza di competenze e fondi in vista dello scopo comune. Più facile a dirsi che a farsi. Su questo principio c’è però totale convergenza nelle élite americane. Questione di vita o di morte.
Due giorni prima dell’inaugurazione di Trump, il consigliere per la Sicurezza nazionale uscente, Jake Sullivan, aveva lanciato l’allarme. A differenza delle svolte tecnologico-strategiche del passato, come il progetto Manhattan (bomba atomica) Internet e corsa allo Spazio, nella corsa all’intelligenza artificiale in infinito perfezionamento il governo non controlla le aziende private.
Alcune delle quali dotate di una potenza di fuoco superiore. Per Sullivan, “dobbiamo proteggere il nostro vantaggio e definire le regole globali per l’uso di una potenza simile a Dio”. Perché, sostengono molti, presto l’intelligenza umana sarà superata e sottomessa dall’artificiale. Conclusione: “L’obiettivo è battere la Cina quanto a tecnologia e definire i binari della competizione in modo che attori malevoli non la usino con esiti catastrofici”. Certo nessuno può obbligare i cinesi a stare alle regole fissate dagli Stati Uniti. Più che in qualsiasi altra arena, la corsa all’AI è selvaggia. (Il)logica a somma zero. Almeno per ora.
Il fronte interno non è meno accidentato. Qui si apre una voragine fra Trump e i padroni dell’Ai. Mark Zuckerberg ha annunciato che entro l’anno Meta varerà un’intelligenza artificiale con le capacità di un ingegnere di medio livello: “Gran parte dei codici nelle nostre app sarà prodotta da ingegneri Ai invece che da umani”.
Dilemma: come sviluppare l’intelligenza artificiale, che tende a sostituire il tecnico umano, senza abbattere posti di lavoro? Open AI giura che gli apocalittici hanno torto.
L’intelligenza artificiale contribuirà a reindustrializzare il paese. E nella retorica trumpiana sull’età dell’oro spicca l’equazione fra sprint tecnologico e aumento dell’occupazione.
Di qui l’abolizione delle regole e delle garanzie di trasparenza decretate da Biden, per tacere dell’ambiente. Gioco libero e vinca il migliore, purché produca:”Build, baby, build!”. Comunque vada, nel giro di pochi anni le basi della società, della politica (per quel che ne resta) e dello stile di vita americano saranno rivoluzionate dall’intelligenza artificiale. Lo stesso per la Cina. Al resto del mondo di adattarsi agli esiti di una competizione che ci lascia ai margini.