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 2025  gennaio 23 Giovedì calendario

Patto Casa Bianca-Big Tech “Molti soldi e zero regole"

Molte cose Trump le sta scombussolando, altre le sta accelerando. E se viaggiavano già veloci – come l’Intelligenza artificiale – l’accelerazione può diventare esponenziale. In una notte il nuovo presidente straccia l’ordine esecutivo con cui Biden aveva provato a mettere timidi paletti per uno sviluppo sicuro degli algoritmi, poi benedice Stargate, un maxi investimento da 500 miliardi di OpenAI, Oracle e SoftBank per costruire negli Stati Uniti centri di calcolo e relative infrastrutture energetiche. La Casa Bianca apre a Big Tech una prateria verso l’AGI, l’intelligenza artificiale superumana, per fare grande e forte l’America, e Big Tech la imbocca a tutta, per questo l’ha votato. A Davos l’accelerazione la senti nell’aria e nelle parole: «Sta emergendo chiaramente un nuovo modello per la crescita, all’incrocio tra potenza computazionale, energia, connettività e capitali», dice Satya Nadella, capo di Microsoft, parlando al Forum dell’elite globale. Crescita economica ma anche, nell’ottica di Trump, primato strategico e militare, se è vero che pure la guerra si combatterà tra macchine: la sfida per l’egemonia tra Stati Uniti e Cina passa da qui.Non che lo scenario sia nuovo. Già l’amministrazione Biden aveva teorizzato la necessità di mantenere nei chip un vantaggio più largo possibile sulla Cina, limitando le esportazioni dei super processori Nvidia, usati per addestrare i modelli più avanzati di IA. Trump confermerà la stretta, nonostante le proteste della società. In compenso assicura alle aziende americane che nessuna burocrazia metterà loro i bastoni tra le ruote. Le opportunità per l’umanità sono enormi: una nuova rivoluzione industriale e scientifica. Ma i rischi, gli utilizzi criminali, la proliferazione di falsi, la discriminazione? E le regole che a fatica si stava provando a concordare a livello internazionale? Se ne occuperanno le aziende, dicono di volerlo fare, autoregolazione. L’importante è che sia in America e per questo vanno liberati investimenti mai visti: ogni modello è più costoso del precedente, ha bisogno di più calcolo, quindi più energia. Milioni di chip, centinaia di Gigawatt, miliardi di dollari. Una partita di forza bruta, in cui ogni dubbio rallenta. Non che i campioni dell’IAvadano tutti d’accordo, anzi. Basta vedere come Elon Musk abbia subito liquidato il progetto Stargate del concorrente Sam Altman. «I dettagli non sono chiari», ammette Dario Amodei, fondatore e amministratore delegato di Anthropic, la startup nata come una costola scissionistaed etica di OpenAI su cui hanno investito Amazon e Google. Sulla sfida esistenziale con la Cina anche Amodei è allineato: «Dobbiamo assicurarci che non abbia accesso ai milioni di chip che serviranno per la prossima generazione di IA, o può raggiungerci e superarci: il XXI secolo rischia di non essere americano». A differenza di altri colleghi però lo preoccupano, e molto, anche i rischi (globali) di una superintelligenza made in Usa, che dice potrebbe arrivare entro tre anni. «Molti parlano di deregulation come per altri settori, ma questo è diverso: nei nostri data center avremo decine di migliaia di geni, con la capacità di agire nel mondo reale in modo autonomo. Anche singole persone potrebbero usarli per fare cose molte pericolose, il bilanciamento dei poteri può saltare».Poi però a Davos arriva Larry Fink, il capo di Blackrock, il più grande gestore di asset globali, e torna la logica bruta del capitale: «Neanche Big Tech, nonostante le sue risorse, ha i soldi per costruire le infrastrutture necessarie». La finanza e pronta a fornirglieli: insieme a Microsoft, Blackrock ha creato un fondo da 100 miliardi per investire in energia e data center. Fink usa l’immagine del Monopoly: «Una volta la casella dell’energia era la peggiore, oggi è tornata centrale». Ma che energia? «Nel lungo periodo rinnovabile, dobbiamo discutere di nucleare, ma nel breve negli Stati Uniti i centri dati saranno pesantemente alimentati a gas». Trivella libera, dice Trump, e per Fink sta facendo la cosa giusta.E l’Europa? «Il maggiore rischio che vedo ora è che l’IA sia nelle mani di tre società americane», dice Arthur Mensch, Ceo della francese Mistral AI, forse l’unica startup europea che ha l’ambizione di essere della partita. Nadella di Microsoft dice che l’Europa può competere, che è piena di talenti. Il corso di Davos, dove quasi tutte le vetrine sono affittate da aziende tecnologiche americane, le solite note, dice l’opposto. Nella ricetta magica della supremazia IA – potenza di calcolo, energia, capitali- l’Europa è a corto di tutti gli ingredienti. Si è spinta più avanti sulle regole, che con la deregulation di Trump sembrano ancora più anacronistiche. Meglio essere realisti: la grande corsa dorata per i modelli di IA non è per noi. Restano infinite corse sulle loro specifiche applicazioni, ma servirebbero comunque infrastrutture e investimenti all’altezza, che oggi non si vedono, e regole amiche dell’innovazione: «Non focalizzarci sui modelli in sé ma sui loro usi, per assicurarci che agiscano davvero come vogliamo – dice Mensch –. Sui criteri per valutarlo penso ancora si possa trovare un accordo