Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  gennaio 23 Giovedì calendario

Il ruolo dei cattolici in politica, oggi

La «benedizione» è stata esplicita. I convegni a Milano e Orvieto della filiera cattolica legata al centrosinistra hanno ricevuto una sorta di plauso dei vescovi italiani. Ma per evitare letture di parte, ieri dalla Cei sono arrivati incoraggiamenti a moltiplicare le iniziative: da ogni versante dello schieramento politico, pare di capire. «Ci fossero altre dieci esperienze del genere saremmo ancora più contenti», ha spiegato il segretario della Cei, l’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi. La preoccupazione è di evitare la sensazione di uno sbilanciamento. Il tema è quello della partecipazione, su uno sfondo segnato dall’astensionismo crescente. E si unisce all’esigenza di togliersi di dosso l’alone di un’irrilevanza che accomuna le componenti cattoliche in tutto il sistema politico; e che si proietta sulla stessa Chiesa italiana. L’ipotesi di appoggiare una formazione di ispirazione cristiana è scartata a priori. Viene considerata velleitaria, perfino controproducente. Baturi lo conferma. «Noi non abbiamo un progetto politico-partitico», ha precisato, «ma registriamo un desiderio di partecipazione». A frenare non c’è solo il monito del cardinale Camillo Ruini, ex potente presidente della Cei, che disse: «Meglio non contarsi per poi scoprire di non contare». C’è la consapevolezza che dopo la fine della Dc e i tentativi falliti di collateralismo a destra e a sinistra, tutto è più difficile. La spaccatura tra partiti si rifletterebbe all’interno di un mondo tutt’altro che compatto anche sui valori; diviso tra derive pacifiste e «grilline», e un cattolicesimo nazionalista tipico delle destre di alcuni Paesi dell’Est. Il no alle «polarizzazioni e alle contrapposizioni sterili» non è tanto un sostegno ad ambigue operazioni centriste. Appare piuttosto come l’indicazione di un metodo che implica una critica a politiche divisive in materia di immigrazione e di autonomia regionale. Ma in parallelo c’è chi accredita rapporti più che cordiali tra il papa e la premier Giorgia Meloni. E sottolinea una distanza simmetrica della Chiesa rispetto a un’agenda della sinistra considerata radicale e indifferente ai valori cristiani. L’appoggio ai convegni dei giorni scorsi nasce dunque più dalla reazione alla marginalità di queste componenti nel Pd, che dalla volontà di creare movimenti politici. Si tratta di un laboratorio allo stato embrionale, e sempre a rischio di essere sovrastato da nostalgie e protagonismi che finiscono solo per risolversi in negoziati di potere. L’impressione è che la presenza tuttora forte dei cattolici nelle realtà sociali non sia rispecchiata a livello politico. Ma la domanda da porsi è se questo dipenda solo da un’inadeguatezza, o sia il segno di una fase che si è esaurita da tempo.