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 2025  gennaio 22 Mercoledì calendario

Intervista a Marco Baldini, che non era ludopatico

«Sto vivendo, tanto per cambiare, un periodaccio». 
Nel periodo d’oro quanto guadagnava? 
«Arrivavo a quasi un milione di euro all’anno, stavo sugli 800 mila. Ancora oggi mi stupisco che mi pagassero così tanto per fare il cretino». 
Oggi quanto ha sul conto? 
«Aspetti che controllo... 29 euro».
Marco Baldini rientra nella categoria di quelli specialisti nel ricascarci, tanti apici e tanti baratri, un giorno su, l’altro infinitamente giù, la vetta e il precipizio. Il sodalizio con Fiorello – in radio, ma anche in tv – sembrava indissolubile. Eterno finché è durato.
Il suo passato la insegue?
«Mi guardano – aggiungo, giustamente – con sospetto. Con il passato che ho avuto e con quello che è stato scritto su di me la gente ci pensa non due, ma venti volte a darmi una mano. E alla fine dicono di no».
Sbagliano loro a non fidarsi?
«Ho imparato una cosa: non è mai colpa degli altri, è sempre colpa tua, nel bene e nel male. Se sono arrivato a questo punto non incolpo nessuno, l’errore è stato mio che per pararmi da un guaio peggiore – e qui non posso andare molto oltre – con il mio avvocato ci inventammo la storia del gioco d’azzardo compulsivo, che era l’unica scappatoia».
Passo indietro. Fino al 2022 tutti abbiamo pensato che Marco Baldini fosse ludopatico, gioco d’azzardo e cavalli i suoi punti deboli. Lo raccontava lui. Poi da allora ha cominciato a rivelare un’altra verità («Non sono mai stato ludopatico, era una copertura da guai più gravi. Ero finito in un giro di malavita – disse —. Guadagnavo cifre esorbitanti grazie ad alcune persone che dopo due anni hanno avuto bisogno di investire una cifra più importante per realizzare un complesso immobiliare di case di lusso». Baldini punta tutto, «quasi due miliardi di lire». Ma era una truffa e perde tutto. Da quel momento i soldi, per uno che li ha sempre avuti, sono diventati un problema.
Lei ha scritto anche un libro sulla sua ludopatia.
«Chiesi sei mesi di tempo, in realtà mi dovevo documentare perché ne sapevo poco o niente e facendolo ci sono caduto dentro, però non ai livelli enormi di cui si parla. Ci hanno fatto anche un film e così tutta Italia si è convinta che io fossi un giocatore compulsivo».
Non lo era?
«No. Ripeto, ci sono cascato nella ricerca di essere credibile in quello che raccontavo: se ti avvicini troppo al fuoco poi ti bruci».
Ma di certe cifre ne ha parlato lei.
«Per giustificare l’uscita di quelle grosse somme di denaro».
Non giocava ai cavalli?
«Sì, mi piaceva, ma i miei racconti erano esagerati».
Mai persi 40 milioni di lire in una giocata?
«No, mai. Non ho mai perso certe cifre».
Ora che fa?
«Il grosso ormai l’ho fatto, con Fiorello grazie a Il più grande spettacolo dopo il weekend abbiamo superato i 13 milioni di spettatori. Oggi sbarco il lunario, metto a disposizione quello che so fare. Una volta alla settimana sono a Lazio Tv, con Morena Rosini, la cantante dei Milk and Coffee, che se dici ex cantante dei Milk and Coffee si incazza: conduciamo Vizi capitale, un salottino che ospita varia umanità. E poi lavoro a Radio Roma Sound dove mi diverto a fare le mie solite minchiate. Con queste piccole cose tiro su uno stipendiuccio che mi dà modo di poter vivere con la mia famiglia».
Il passato lo ricorda con più rammarico o rabbia?
«Ho fatto mie le parole del Dalai Lama: ci sono due giorni in cui non puoi fare niente, uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani. Non guardo al passato, sto imparando a vivere nel presente».
Con Fiorello vi sentite?
«Con Vivarai2 era molto preso, negli ultimi mesi ci siamo un po’ persi, ma ogni tanto ci sentivamo».
Una reunion con lui è possibile?
«Impossibile. E ho sbagliato io. C’è stata un’epoca in cui ero fuori dal mondo, vivevo in condizioni molto precarie, ho dormito anche in macchina, e ho fatto errori imperdonabili. Lui mi ha aspettato un sacco di tempo, poi quando ha visto che non c’era più ciccia ha detto basta».
La cosa più imperdonabile che ha fatto a Fiorello?
«Nel periodo in cui ero fuori di testa stavo parlando a un tizio che mi chiedeva dei soldi, eravamo intercettati e offesi Fiore, ma avrei potuto offendere mio padre, mia madre, mia sorella... avrei potuto offendere chiunque, perché ero fuori controllo. Feci un errore grosso, usai parole cattive (tra le altre cose disse che non lo pagava abbastanza e che «quelli intorno a lui hanno preso le briciole», ndr), e a quel punto una persona fa giustamente fatica a fidarsi di chi parla di te in un certo modo».
Amadeus e Fiorello di fatto sono stati sul palco di Sanremo per cinque anni. Poteva esserci anche lei.
«Ero contento per loro, Fiore l’aveva sempre detto: se non facessi coppia con te l’unico con cui potrei provare è Amadeus. Una cosa che non mi è propria è l’invidia, anzi sono contento del successo degli altri».
Cecchetto l’aveva lanciata.
«Claudio è stato il mio padre radiofonico, mi fece arrivare a Deejay nel 1990, ma io avevo iniziato a fare radio nel 1978: in quei 12 anni precedenti avevo sbagliato tutto. Ho imparato dal ’90 in poi e me lo ha insegnato lui. Gli devo tutto».
Cosa le ha insegnato?
«Due cose: essere curioso e osservare quello che capita in giro».
Linus?
«È un amico vero, con la A maiuscola, mi ha aiutato in tantissime occasioni senza mai chiedere nulla in cambio. Una volta mi disse una frase che ho capito solo anni dopo: se non me li restituirai, sarai in debito con l’universo».
Si riferiva ai 100 milioni di lire che le prestò senza ricevuta di ritorno?
«Non solo a quello. Per me Linus è un fratello maggiore».
Il futuro a 65 anni come lo vede?
«Non penso né al passato né al futuro, penso al presente. Penso a crescere bene mio figlio Leonardo, le ristrettezze economiche ci sono e sono tante, ma la mia compagna – che ha 26 anni meno di me – è la mia ancora di salvezza».
Un reality potrebbe essere un’opportunità. O no?
«Ma no, sono anziano. Non posso farmi vedere la mattina che mi sciacquetto al Grande Fratello. All’Isola dei famosi con la sfiga che ho al salto dall’elicottero beccherei l’unico scoglio dell’oceano».
Vinse La Fattoria nel 2009.
«C’erano Corona, Marina Ripa di Meana, Lory Del Santo. Tutti venivano da una quotidianità più o meno agiata, io invece venivo da un periodo in cui mi chiamavano le banche, avevo addosso i creditori, il telefono squillava mille volte al giorno. Lì ci avevano sequestrato i cellulari e io ero in paradiso. Gli altri si lamentavano, a me non rompeva le scatole nessuno».
Ha capito, nel profondo, i suoi errori?
«Da anni rigo dritto».
Ma lo stigma rimane? 
«Quello rimarrà sempre».