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 2025  gennaio 21 Martedì calendario

Ritorna l’«andremo su Marte»

L’Imperatore del Futuro è tornato. Ha riaffermato il potere di cambiare ogni cosa per il meglio (della sua America) da subito. Ha annunciato la Rivoluzione del Buonsenso, il Giorno della Liberazione, la fine del declino, l’inizio di una nuova età dell’oro e, non da ultimo, la conquista di Marte. Ha evocato Dio, Sarah Palin (che coniò il motto “Drill, baby drill”, trapana bambino trapana, per estrarre petrolio e gas senza limiti) e, inconsapevolmente, il Nerone di Ettore Petrolini che proclamava l’intenzione di rendere Roma “più bella e più superba che pria”. Ha ripetuto le parole «orgoglio», «prosperità», «libertà». Sottolineato «vigore» e «ambizione». Messo il superlativo a «eccezionale». Per due volte ha detto la frase (a cui è difficile dare un significato): «Vinceremo come mai prima». Se la seconda presidenza di Donald J. Trump vuol essere come nessuna in precedenza, è cominciata nel modo giusto.Di solito il discorso inaugurale è un sedativo post-elettorale, tra rime di giovani poetesse afro-americane e note di cantanti country. Trump ha ripreso l’eccezione personale del 2017, quella in cui proclamava la fine della carneficina americana e, pur proclamandosi uomo di pace e unità, l’ha ampliata. Alle 11 e 42 ora di Washington ha marciato nel corridoio del Campidoglio con la superiore confidenza del ri-conquistatore: Edmond Dantes senior in abito blu, con una cravatta più sobria del solito, i capelli meno arancio, bianco-dorati piuttosto, come l’era a cui avrebbe alluso, il viso tirato e truccato, i denti sfolgoranti in attesa di essere sfoderati. È entrato nella rotonda in cuiaveva disegnato cerchi con il compasso della sua volontà, assegnando a ciascuno il suo, secondo rilevanza. In prima fila, con la famiglia allargata, i signori della tecnologia e dell’informazione, con le relative compagne. Per capire il suo immaginario e il suo bacino bastava guardare la più strana delle coppie: la fidanzata di Jeff Bezos che esibiva il reggiseno sotto la giacca e la madre del vicepresidente Vance con un vestito rosso da emporio. A unire quei puntini poteva essere soltanto lui, l’intramontabile.Il confronto con gli altri ex era un’impietosa sentenza della fisica e della Storia. Joe Biden (ripiegato su sé stesso), Barack Obama (ingrigito e single), Bill Clinton (invecchiato a bocca aperta), George Bush (gonfio e stranito) sono statue del museo dei c’era. Trump (che è nato appena due mesi prima di Clinton e uno prima di Bush) c’è e ci sarà. Ha riscattato la sua ombra dal tramonto. È un pregiudicato graziato dalla volontà popolare di cui sottolinea la vastità (lui che il voto popolare non aveva premiato nel 2016) e che nulla concede agli sconfitti. Biden e Harris, alle sue spalle, sono stati umiliati: perfino il riconoscimento della liberazione degli ostaggi in Medio Oriente è stato loro negato, buon viatico per un’America che «non dovrebbe guardare al colore della pelle, ma solo al merito». Non avranno ragione, ma quanto meglio sono state le assenti: Michelle Obama e Karen Whitaker, moglie del primo vice di Trump, che l’ha rinnegato, ma si è inchinato.A qualcuno può essere sembrato lo stesso vecchio Trump, con il quaderno dei sogni scarabocchiato da appunti divenuti affermazioni che non superano la più spicciativa delle verifiche: la Cina non controlla il canale di Panama, non esistono «milioni e milioni» di immigrati usciti da carceri e manicomi stranieri, gli Stati Uniti non «diventeranno» il Paese più ricco al mondoperché già lo sono e se Dio esiste non è intervenuto a deviare un proiettile in Pennsylvania. Può essere parso lo stesso funambolo sospeso tra un passato da cui richiama leggi del 1978 e un avvenire in cui farà felice il figlio prediletto portandolo su un pianeta inesplorato. Può essere stato scambiato per lo stesso di otto anni fa a cui l’America, il suo sistema e la sua costituzione sono sopravvissuti per sterzare, poi fare inversione a U e pensare di poter ancora procedere in qualsiasi direzione. Eppure c’è in lui qualcosa di diverso, che va oltre la strafottenza in volo del sopravvissuto a un disastro aereo. Come molti che l’hanno preceduto Trump ha sempre taroccato il passato e governato il futuro. Una missione impossibile, non fosse che il futuro che ci viene incontro gli assomiglia. Avanza raccogliendo polvere e detriti di democrazie stanche e alleanze esauste. Travolge con assoluta noncuranza il bisogno di verità e coerenza. Schiaccia i mezzi termini e le cause condivise. Si dispone a consegnarsi a chi sappia accoglierlo con la più spietata delle sintesi, caricandoselo e portandolo via. Due secoli e mezzo di democrazia, la ferrovia da costa a costa, i grattacieli, due guerre mondiali vinte, le parole del Signore, i gigabyte, le criptovalute e al fondo di tutto questo una dottrina semplice e bislacca che tutto riassuma e incarni: Trump.