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 2025  gennaio 21 Martedì calendario

Il prete che ha guidato fino a 100 anni (adesso ne ha 103)

A 103 anni dice ancora messa. È un fenomeno monsignor Vincenzo Della Corte, il prete più anziano della Diocesi di Napoli: usa il cellulare, legge, studia e suona il pianoforte. Sacerdote da quasi ottant’anni, ha avuto una vita piena, «illuminata» dalla vocazione. Nativo di Ercolano, il 15 gennaio scorso ha spento 103 candeline. Il sindaco della cittadina vesuviana, Ciro Bonajuto, gli ha dedicato una targa. Primo di sette figli, vive con la sorella «piccolina» di 95 anni. In famiglia tutti longevi.
Monsignor Della Corte, lei è nato il 15 gennaio del 1922. Ha attraversato un secolo.
«Sì e ho avuto una buona vita. Una famiglia serena, mio padre lavorava all’Enel. Da giovane ho frequentato l’Azione cattolica con i ragazzi, ricevendo una formazione a tutto campo. Sono stato anche ebdomadario ed organista della cattedrale. Prima dell’attuale abate della Cappella del Tesoro, monsignor Vincenzo De Gregorio, in Duomo suonavo io. Ho ricoperto anche l’incarico di vicario parrocchiale ma per gran parte della mia esistenza sono stato cappellano degli Ospedali Riuniti, così si chiamavano allora e raggruppavano le maggiori strutture nosocomiali della città. Il mondo della sofferenza, insomma. Dal cardinale Ursi fui anche incaricato di seguire la visita pastorale di tutte le parrocchie della Diocesi».
Lei è stato ordinato nel 1946...
«Sono diventato prete quando da poco era finita la guerra. Ho visto feriti, morti, dispersi. Mi sono dedicato quasi sempre agli ammalati e ai più deboli».
Ha anche celebrato in latino?
«Sì. Dalle suore dell’Addolorata ad Ercolano dove sono stato per tanti anni. La mia passione è sempre stata la Madonna di Lourdes. Proprio lì, grazie ad un vano messo a disposizione, feci riprodurre una grotta di Lourdes con le statue della Madonna e di Bernadette da un famoso scultore partenopeo. Ricordo di aver consegnato delle foto all’allora vescovo di Lourdes. “Ho una piccola Lourdes ad Ercolano”, gli dissi e lui mi donò una pietra originale della grotta, dicendomi che si trattava dell’unica reliquia uscita dalla cittadina mariana».
Nella sua lunga vita ha conosciuto sette arcivescovi di Napoli.
«Dal cardinale Ascalesi a Battaglia. Di tutti ho un bel ricordo, di Ascalesi fui colpito dalla grande umiltà. Da giovane seminarista una sera portandogli la cena, mi inchinai per lustragli le scarpe e lui mi intimò di non farlo mai più. Di Battaglia, l’attuale arcivescovo, la semplicità: mi ha dato il suo numero di telefono e ogni tanto ci sentiamo».
Come trascorre la giornata?
«Al mattino vado a celebrare messa al cimitero di Napoli. Ora mi accompagnano, ma fino a tre anni fa guidavo l’auto. L’ho lasciata per una caduta e una frattura del femore. Però mi sono ripreso bene. Sono forte. Da giovane con i ragazzi dell’Azione cattolica ho scalato le Dolomiti. E poi mi tengo in allenamento: sono diplomato al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli in pianoforte, in casa ascolto la musica e so anche cantare. Da ragazzo sentirono la mia voce e mi proposero il conservatorio. Ho studiato con un maestro famoso, Enrico Buonocore».
Com’è nata la sua vocazione?
«Questo bisogna chiederlo a Dio, ma io credo proprio dallo Spirito Santo. Il Signore non mi fa mancare la sua benedizione. Dal giorno del battesimo. Mi hanno raccontato che mia nonna, accanto al nome Vincenzo, volle far aggiungere anche Salvatore spiegando che sarei diventato sacerdote. Per me un segno di grazia».
Un’altra passione della sua vita è stata la terra.
«Ho sempre coltivato l’orto, amato le piante e la natura. Ne traggo grande forza, mi consente di ritagliarmi momenti di pausa e di riflessione».
Come ha festeggiato l’ultimo compleanno?
«Con la mia famiglia. La giornata è iniziata alle 6.40 con la telefonata del cardinale Battaglia. Mi ha detto: “pronto sono don Mimmo, vi faccio tanti auguri”. Mi sono commosso»
Cosa si augura per il futuro?
«Un bel posto in Paradiso».