Corriere della Sera, 21 gennaio 2025
Mattarella da bambino voleva fare il medico
Quando entra a scuola, viene accolto da bambini con le magliette bianche e i volti che hanno tutti i colori del mondo: la Edmondo De Amicis-Leonardo Da Vinci di Palermo, l’istituto comprensivo che il capo dello Stato Sergio Mattarella ha scelto ieri per una visita a sorpresa, è un istituto multietnico. Ed è quello che frequentano gli studenti che sono stati offesi con insulti razzisti e bullizzati a ottobre scorso, mentre partecipavano all’iniziativa «Io leggo perché», al centro di Palermo: non è un caso, visto che ieri era la giornata del rispetto e Mattarella, nell’invito a «prevenire e contrastare il bullismo», ha ricordato Willy Monteiro Duarte, «brutalmente assassinato nel tentativo di difendere un amico in difficoltà».
«Rispetto è valore universale in ogni dimensione – ha detto il capo dello Stato –. Rispetto verso sé stessi, rispetto verso gli altri, rispetto verso il pianeta: rappresentano il primo passo per una società vivibile, che assume i criteri della solidarietà, della coesione sociale, della reciproca accoglienza, della sostenibilità. Rispetto è antidoto contro l’odio, la discriminazione, la violenza e la prepotenza. Essere rispettosi è esercizio di libertà».
L’«ospite speciale», come lo avevano preannunciato le insegnanti, si aggira nelle classi, si fa intervistare, ammira i lavori, assiste al concerto, come un nonno, con il suo sorriso amabile, lasciando una scia di sorrisi e applausi dietro di sé. «Le piacerebbe fare un altro lavoro?», gli chiede un ragazzino della Quinta C, quella presa di mira perché composta da venti bambini italiani, sedici dei quali figli di genitori africani o asiatici. «Io sono piuttosto avanti negli anni, sono vecchio...», risponde il presidente della Repubblica, «ormai è impossibile. Il mio lavoro non è quello che faccio adesso – poi precisa —, il mio lavoro abituale era quello di insegnare Diritto costituzionale all’università, che da tempo non faccio più. Quello che faccio adesso non è un lavoro, ma un impegno per la nostra comunità nazionale, è faticoso, però è interessante, perché consente di stare a contatto con la nostra società, con tutti gli italiani, di ogni parte d’Italia, di ogni condizione, di ogni origine». E questa, sottolinea il capo dello Stato, «è una cosa di estremo interesse, perché vedo quanto l’Italia contiene di impegni di solidarietà positivi e importanti. La fatica viene cancellata dal vedere le buone cose che ci sono in Italia». «Che cosa le piace del suo lavoro?», gli chiede un’altra alunna. «Stare a contatto con le persone – è la risposta di Mattarella – vederle, incontrarle, non soltanto quelle delle istituzioni, ma le persone della società, delle scuole per esempio, delle università, delle associazioni che si occupano di problemi in generale».
Mattarella si confida con i ragazzi, parla dei sogni che «cambiano nel corso del tempo». «Da piccolo volevo fare il medico, poi ho cambiato idea. Non ho mai sognato di fare il calciatore perché non ero per niente bravo», ammette. A scuola «si studia un po’ tutto, poi c’è un momento in cui bisogna scegliere». E «significa abbandonare alcune cose che piacciono e sceglierne una, quella che piace di più. Alla fine ho scelto il diritto, la legge». Ma tra i suoi interessi c’è anche la lettura: gli piace «molto», «è sempre un rifugio e un’apertura di orizzonti, fa capire tante cose, spinge «ad ascoltare».
Gli studenti gli regalano un libro di ricordi, dove ci sono le bandiere di tutte le nazionalità della scuola, e una scritta: «Cultura è libertà». «Questa è una grande affermazione, grazie di averlo scritto», è la reazione del capo dello Stato, che poi viene accompagnato nell’aula magna dove l’orchestra dei ragazzi esegue due brani di Verdi. Mattarella si complimenta con musicisti e insegnanti, e augura: «Buono studio, buon anno e buon futuro a tutti voi».