La Stampa, 20 gennaio 2025
I bacialé, che combinavano matrimoni tra contadini
Persa nelle nebbie dei ricordi, sospesa tra storia e folklore, nei racconti delle campagne piemontesi ancora si tramanda la figura del bacialé. Sensale, paraninfo, facilitatore di amori altrui. Ruffiano no, perché non prendeva una lira. Per spirito solidale si occupava di trovare moglie ai contadini delle Langhe. All’inizio erano unioni tra conterranei, poi le spose iniziarono ad arrivare dal Sud Italia, causa spopolamento e urbanizzazione. Un matrimonio al buio, una responsabilità enorme in un’Italia che ancora non conosceva l’istituto del divorzio.Che la memoria dei bacialé non si sia ancora spenta lo dimostra Onde di terra. Film piccolo dal budget bassissimo, prodotto da Renato Sevega, girato da Andrea Icardi, sostenuto da Film Commission Torino Piemonte, a ottobre è uscito a Dogliani ed è tuttora in sala. Procede a botte di tutto esaurito, al punto da raggiungere la 41° posizione nella classifica dei film più visti in Italia. Stasera sbarca a Torino, con una proiezione al cinema Massimo (sold out in poche ore); dal 28 al 30 sarà al Monterosa.«Il film ci è scoppiato in mano», sorride Icardi. «Essendo indipendente non abbiamo un distributore, le sale chiamano e noi glielo diamo quando e per quanto vogliono. Sembra stia funzionando anche a Torino, il che dimostra come questa storia non coinvolga solo i langaroli, ma abbia un respiro universale. Risuona in chiunque abbia vissuto o conosca la vita rurale del Piemonte dagli Anni ’50 ai ’70».Onde di terra è il racconto di Fulvia (Erica Landolfi), giovane calabrese che nel 1973 lascia la sua terra per sposare un contadino che non conosce, ma per cui garantisce il bacialé Remo (Paolo Tibaldi). Arrivata in Piemonte si trova davanti Amedeo (Lucio Aimasso), un analfabeta prigioniero del lavoro nei campi, assai diverso da come le era stato raccontato. Ma Fulvia ha carattere e avrà il coraggio di assumere una decisione coraggiosa.Che il suo paese d’origine sia Brancaleone Calabro non sorprende: Icardi è un pavesiano doc, nato a Santo Stefano Belbo nella casa accanto a quella dello scrittore. A Brancaleone Pavese trascorse sette mesi tra il ‘35 e il ‘36 confinato dal regime fascista, vivendo di ripetizioni agli studenti. Il film immagina che Fulvia sia una di loro, affascinata dalle Langhe raccontate dal poeta (interpretato da Davide Dionese).«Sono tante le persone che al termine delle proiezioni mi vengono a raccontare la loro storia», spiega Icardi. «Mi sono reso conto che in una zona agricola come le Langhe praticamente tutti hanno un familiare morto schiacciato da un trattore, come capita nel film. E sono tanti quelli che si qualificano come figli di una coppia unita da un bacialé. Non sorprende, tra il 1959 e il 1980 la popolazione delle Langhe scese del 36% e i matrimoni concordati furono un migliaio».L’etimo di bacialé è incerto, c’è chi dice derivi da “combaciare”, chi dall’imperativo “basla alé!” (forza, baciala!). Più probabile si tratti di una storpiatura dal provenzale “bacheler”, baccelliere, l’erudito che studia per laurearsi. Spesso quegli intermediari amorosi erano gente colta, dottori, professionisti o (come nel caso di Remo) giornalisti. Sul finire degli Anni 60 il loro numero si aggirava intorno ai 350 e si costituirono in un ordine. Si diedero una divisa (il fazzoletto giallo al collo) e un inno, il cui ritornello suonava: «S’ajé ‘na matota che sogna d’marié, a dele ‘na bota aj pensa ‘l bacialè». Così andava l’amore prima di Tinder.