La Stampa, 20 gennaio 2025
Olivola, il paese senza neonati
Profumo di brina e di legna nelle stufe, grandi spazi aperti giù nella valle. Dalla piazza vedi bricchi e vigne, colline e discese, case coloniche come testamenti al fondo della pianura. Sarà anche bello questo borgo, e infatti lo è, ma manca qualcosa.Olivola, Piemonte, 280 metri di altitudine, tre B&B, due ristoranti, un bar, un dispensario farmaceutico, 105 abitanti e neanche un neonato. È uno dei 358 paesi d’Italia senza bambini. Uno dei 143 borghi piemontesi che detengono il record regionale per denatalità, in questa classifica al contrario del futuro. E fra tutti i borghi piemontesi senza bambini, Olivola è anche uno dei 34 senza culle da più di tre anni.«Già», dice con una certa amarezza il sindaco Gianni Grossi, di mestiere vigile del fuoco. «Christian è l’ultimo nato. Ha tre anni e qualche mese. E adesso la sua famiglia sta per trasferirsi per andare più vicina alla città».Questo è il Monferrato. Il Monferrato è come le Langhe cinquant’anni fa. Campagna, dialetto e boia faus. Terra di vini rossi fuori moda: barbera, ruchè, grignolino. Gente di poche parole. Terra che non sa come gestire la meraviglia che si ritrova intorno, per il semplice fatto che tutti si erano dimenticati di questo posto.«Io capisco le difficoltà», dice il sindaco di Olivola. «Non abbiamo i servizi. Non abbiamo le scuole. Non abbiamo il lavoro. Per ottenere un bancomat dalle Poste, abbiamo dovuto fare una battaglia. Qui vengono a vivere i pensionati per la calma, e durante il fine settimana qualche giovane arriva a ripararsi nelle seconde case».La storia stessa del sindaco è esemplare. «Famiglia abruzzese emigrata in Liguria per ragioni di lavoro. Mio padre si era messo nei fiori: li coltivava e li distribuiva. Ma era ipertiroideo e pativa l’aria di mare. Fino a quando, io avevo dieci anni, ha letto su Famiglia Cristiana che cercavano due contadini per gestire una cascina qui vicino. Ecco come siamo arrivati nel Monferrato». Ma le campagne da allora sono state quasi tutte abbondante. Torino, Alessandria, Asti e Casale Monferrato esercitavano il richiamo della fabbrica. Morte le campagne, chiuse molte fabbriche. Questo è il tempo presente. «Manca il lavoro», dice il sindaco. «E quando manca il lavoro, manca tutto».Il paese ha una chiesa sconsacrata. La vecchia casa del parroco è in vendita. Sulla strada, ecco la signora Giuseppina Campesato: «Lo sente questo silenzio? È bello, ma è anche triste. Io sono di origini venete. Abitavamo in campagna, a Noventa Padovana. Mio padre faceva il medico, sono cresciuta con dieci fratelli. Qui siamo tutti anziani, viviamo l’età della pensione in un posto tranquillo. E i pochi giovani che ci sono non intendono fare figli. Quando glielo domando, mi rispondono: “I figli costano"».In provincia di Asti sono 18 i Comuni senza figli. La provincia piemontese con il più alto tasso di denatalità è il Verbano Cusio Ossola. Il totale di 143 borghi piemontesi senza culle è impressionante, se confrontato al resto d’Italia: Lombardia 47, Liguria 28, Emilia Romagna 5, Sicilia 4. Il futuro non si vede molto bene, qui a Nord-Ovest.Rumore di falcetto. Ecco un altro abitante di Olivola, è il giardiniere Tori, albanese, da 23 anni in Italia. «Nella zona si fa un po’ di mais, soia, semi di girasole. C’è qualche vigna, qualche orto. Ci vorrebbero dei bambini, ma non arrivano. I miei figli ormai sono grandi. Mi hanno raggiunto tre anni fa, ma studiano a Casale Monferrato». L’uomo più anziano di Olivola, il signor Mario Loro nato nel 1927, è morto l’anno scorso. Anche lui era un migrante partito da Avellino. «Qui trovi l’aria buona e la tranquillità, ma poco altro», dice il giardiniere del paese.È questa la storia comune di molti borghi italiani. Qualcuno pensava che il Pnrr avrebbe portato progetti e vita, ma si sbagliava. Sono state rifatte alcune strade. Spesi 50 mila euro per il cosiddetto «efficientamento energetico». Non sono nati bambini nel 2024 e non sono previste nascite nel 2025. Nell’ultimo anno in Piemonte la popolazione è calata di 1.619 abitanti: 174 bambini in meno rispetto all’anno precedente. Il numero dei morti sopravanza quello dei nuovi nati. È il saldo di una regione in crisi.Da Olivola partiva l’olio per la Casa Reale. Ma la grande gelata all’inizio del Novecento bruciò tutti gli ulivi. Resta così il nome del paese, senza la sua radice storica. «Ma c’è chi sta tornando alle origini», racconta il sindaco Gianni Grossi. «Abbiamo due produttori che stanno facendo l’olio con un tipo di ulivo che resiste a dieci gradi sotto zero. Tornare a lavorare la terra. C’è una piccola ripresa. Forse può essere un’indicazione per gli anni che verranno».