il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2025
Il vecchio campanaro non ce la fa più
La chiesa di San Michele Arcangelo non poteva restare senza il suono delle sue campane. La famiglia Quattrin non lo poteva permettere. Se non c’era più nessuno che avesse la forza di tirare la vecchia corda, a qualsiasi costo loro avrebbero progettato e costruito un marchingegno che facesse suonare le campane. Già, perché Antonio Quattrin, il maggiore dei tre fratelli, era mezzo secolo che si alzava la mattina e dava inizio alla giornata con quel suono che si diffondeva per le campagne di Zoppola, vicino a Pordenone. Da quando aveva meno di trent’anni, oggi ne ha 78.
Ogni giorno che Dio mandava in terra lui entrava nella chiesetta quattrocentesca, dava un’occhiata agli affreschi che sono venuti fuori dopo il terribile terremoto del 1976. Poi tirava quelle corde, sempre più consumate. Prima di lui altre generazioni di campanari. Ma dagli anni ’70 quella era compito di Antonio. All’epoca il Papa era Paolo VI, il presidente della Repubblica era Giovanni Leone. In quell’anno in Italia si votava il referendum per il divorzio.
Un altro mondo. Sono passati papi e presidenti, ma Antonio è rimasto fino a oggi. Ma le braccia con gli anni erano sempre più stanche. “Non ce la faccio più, ho cercato un sostituto, ma non ne trovo”, a confessato un giorno. Ma, senza dire niente, ecco che suo fratello Gian Paolo, che di anni ne ha 75, si è messo al lavoro. Ha fatto il progetto, ha chiesto i permessi, ha lavorato per mesi chiuso dentro la chiesetta. E alla fine l’apparecchio era pronto.
Le campane devono suonare a San Michele Arcangelo. Quella chiesetta che segna il paesaggio della campagna, dove i tre fratelli Quattrin – Antonio, Geremia e Gian Paolo – si sono sposati. Accanto, proprio attaccato, alla casa dove sono cresciuti e dove Antonio vive ancora.
Così, come ha raccontato il Messaggero Veneto, tutto il paese e il vescovo sono venuti per festeggiare. Per ringraziare Antonio e Gian Paolo. Nel Nord Est che non è più la sacrestia d’italia e la domenica ha le chiese semi-vuote (appena il 16,6% degli abitanti ci va una volta la settimana), Antonio resiste ancora: non suona più le campane, ma ogni mattina a mezzogiorno apre il portone di legno e si prende cura della sua chiesa.