il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2025
Un consigliere leghista propone lo Ius Veneti
Quelli che non amano la polenta e il baccalà mantecato o provano disgusto per il fegato alla veneziana, se lo scordino. Quelli che non riescono a mandar giù i “risi e bisi” (piselli) o le sarde in saor (sardine insaporite con la cipolla), non si azzardino nemmeno a presentare domanda. Se sono astemi e preferiscono lasciare l’amarone o i rossi dei colli veronesi nella bottiglia, non hanno speranze. Dall’adriatico alle Dolomiti non c’è posto per loro. Sono destinati allo stesso trattamento che subiscono gli africani della zona subsahariana quando arrivano in Italia via mare o i figli di immigrati in attesa di raggiungere la maggiore età. Non diventeranno mai cittadini veneti.
Se invece, oltre ad apprezzare la cucina locale, conoscono la lingua veneta (che non esiste), si genuflettono davanti alla bandiera di San Marco, sanno ripetere a memoria i nomi di tutti i Dogi illustrissimi, da Paoluccio Anafesto a Lodovico Manin, frequentano le sagre e organizzano feste in vigna per cogliere i grappoli da trasformare in prosecco, ecco, allora saranno benvenuti nella terra del governatore Luca Zaia. Potranno consolarsi fregiandosi dello status dello “ius Veneti”.
Lo “ius soli” è una chimera per tanti ragazzi stranieri, anche se nati in Italia, visto che il principio vigente è quello dello “ius sanguinis”, il diritto del sangue. Dal Veneto però arriva una proposta di legge rivoluzionaria, firmata da Giuseppe Pan, padovano di Cittadella, ex assessore regionale e attuale capogruppo della lista Lega Salvini Premier. Basta il titolo – “Istituzione dello ‘Ius Veneti’” – per capirne l’importanza, almeno apparente. Con una trasfusione in vena di tradizioni, storia, lingua ed enogastronomia, il gioco è fatto. Si esibiscono i requisiti dell’identità culturale veneta comune, un modello che riconosce sia diritti sia “doveri verso la comunità”, “che rispetta i territori” e affonda le proprie radici in una storia millenaria.
Più prosaicamente significa inserire storia e studio del Veneto nelle scuole e università, organizzare laboratori di cucina tradizionale, promuovere eventi culturali e ricerche sul Veneto. Messa così, la proposta appare molto meno innovativa. È solo un “marchettone” che consente alla giunta regionale di spendere 300 mila euro in tre anni. Con buona pace di chi aspira allo “ius soli” per diventare cittadino italiano e non sa cosa farsene delle patenti “serenissime”.