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 2025  gennaio 19 Domenica calendario

L’inflazione schiaccia Istanbul

Istanbul – «Ormai qui la vita costa talmente tanto che se ne stanno andando anche i russi». Fatih lavora per una delle più famose meyahane del quartiere di Pera, tappa obbligata di tanti turisti, ma anche dei turchi che vogliono passare una serata all’insegna della cucina e della musica tradizionale. Le tavolate dove scorreva a fiumi il raki, la tradizionale bevanda alcolica e a base di anice, e i clienti si divertivano cantando fino a tarda notte, sono però un ricordo. A parlare sono i numeri e sono quelli ufficiali.
Secondo la Istanbul Planning Agency, che dipende dal Comune di Istanbul, una famiglia turca di quattro persone per vivere in novembre, data della rilevazione più recente, aveva bisogno di 75.514 lire turche, pari a circa 2.160 dollari. Il salario minimo a Istanbul è di 17.002 lire turche, circa 480 dollari. Rispetto al novembre 2023, il costo della vita è aumentato del 59,43%. Se si prende come riferimento il gennaio 2023, l’incremento è del 102,2%. Gli aumenti più significativi si registrano su prodotti ampiamente utilizzati nel quotidiano e che fanno parte del paniere di qualsiasi famiglia: carne, bulgur (cereali ampiamente utilizzati nella cucina nazionale), tè, pasta e persino il sapone, con l’incremento record del 92% su base annuale.
Mehmet, 22 anni e studente di Economia all’Università di Istanbul ha il coraggio di dire quello che molti tacciono. «La situazione attuale è frutto della politica scellerata sui tassi di interesse (mantenuti volontariamente bassi per favorire il consumo interno e spingere la crescita, ndr). L’inflazione è cresciuta indisturbata per mesi e adesso si fa sentire sulle tasche dei turchi, anche quelli che un tempo potevano permettersi uno stile di vita più elevato». Le conseguenze iniziano a essere serie anche dal punto di vista sociale. L’aumento delle rette universitarie e del costo della vita ha provocato una riduzione delle iscrizioni negli atenei della megalopoli sul Bosforo. A essere colpiti sono gli studenti siriani, che hanno già i loro problemi di sopravvivenza e che faticano ancora più di quelli turchi a trovare un loro posto in un Paese che non vede l’ora di rispedirli a casa, soprattutto ora che in Siria c’è un nuovo corso. Intanto, nel centro di Istanbul, si vedono le stesse scene degli ultimi 14 anni: madri con figli piccoli che chiedono l’elemosina e che rovistano nella spazzatura per trovare qualcosa di commestibile. Eppure, sulla carta, l’economia turca dà segnali incoraggianti. La crescita stimata per il 2025 è di circa il 3%. Da quando è stato rieletto, nel 2023, il presidente Recep Tayyip Erdogan è lentamente tornato (anche a causa di una situazione in rapido deterioramento) a una politica sui tassi più in linea con i suggerimenti degli economisti.
Lo scorso ottobre, per la prima volta dopo un anno e mezzo, l’aumento dei prezzi è sceso sotto il 50%, nell’ottobre del 23, aveva superato la soglia record dell’80%. La tendenza è stata confermata dai dati di novembre, con l’inflazione scesa al 47,1%. Ma nelle tasche dei turchi questi miglioramenti non sono visibili. Anzi. Con il fatto che l’utilizzo del contante è ancora ampiamente diffuso, i consumatori continuano a vedere banconote da 200 o 100 TL (i tagli maggiori) che fino a qualche anno fa facevano fatica a cambiare e che adesso valgono rispettivamente 5,6 e 2,8 dollari. Sempre la Istanbul Planning Agency, il mese scorso, ha condotto un sondaggio, i cui risultati la dicono lunga sullo stato della megalopoli sul Bosforo.
Il 55,9% ammette di non riuscire a pagare il conto della carta di credito. Appena il 23,8% riesce a risparmiare qualcosa, in un luogo, la Turchia, dove di media si risparmia già poco. Scene da una società che cambia, anche per necessità e che inizia a non fare più figli. Proprio il saldo demografico e l’età media molto giovane del Paese sono sempre stati il fiore all’occhiello di Erdogan e il motivo per cui molti investitori sceglievano la Turchia.
I tempi, però, sono cambiati e pochi giorni fa, per la prima volta, il presidente della Repubblica è stato costretto ad annunciare incentivi, purché le coppie facciano figli. «Garantire la continuazione di una popolazione giovane e qualificata è molto importante – ha detto Erdogan -. Questa è più che una sfida demografica, è una minaccia alla nostra esistenza». Si direbbe proprio che, quanto a immigrazione e demografia la Mezzaluna inizi ad avere gli stessi problemi della tanto vituperata Unione Europea.