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 2025  gennaio 19 Domenica calendario

Biografia di Alberto Minali raccontata da lui stesso

(L’Arena, domenica 19 gennaio 2025)
 
 
di STEFANO LORENZETTO
 
Alle sette del mattino il mondo è ancora in ordine, recita il titolo italiano di Morning’s at seven, romanzo di Eric Malpass uscito 60 anni fa. Alle 7.15 il mondo di Alberto Minali gira vorticosamente già da mezz’ora attorno al suo asse terrestre, rappresentato da lui, amministratore delegato e direttore generale di Revo insurance, compagnia di assicurazioni che pare inventata dai bookmaker, i professionisti inglesi delle scommesse. Luci accese nella sede di viale dell’Agricoltura 7, in Zai, a Verona, vicino a Eataly.
Dirigenti che arrivano alla spicciolata. La responsabile della comunicazione Marica Cammaroto al posto di combattimento, e si capisce perché: Minali mi dà appuntamento per quell’ora e non si può dire che i giornalisti siano gli animali preferiti del suo zoo, meglio avere una testimone accanto. Credo che si fidi più del gentil sesso che dei maschi. Per imprinting familiare: ha avuto due madri, ha sposato Cinzia, avvocata, e ha messo al mondo due figlie (Vittoria, 22 anni, e Sofia, 20). E per sigillo pontificio: papa Francesco lo ha nominato nel Consiglio per l’economia (Consilium de rebus oeconomicis, nella dizione della Santa Sede), ubicato nel Palazzo Apostolico vaticano, dove, su 7 componenti laici, è l’unico maschio e l’unico italiano. Le altre sono donne: Eva Castillo Sanz, Leslie Jane Ferrar, Marija Kolak, María Concepción Osácar Garaicoechea, Ruth Maria Kelly, inclusa la vicecoordinatrice Charlotte Kreuter-Kirchhof. Pareggiano i conti il cardinale Reinhard Marx, coordinatore, affiancato da altri sette porporati, due dei quali, l’ungherese Péter Erdő e lo svedese Anders Arborelius, appena segnalati fra i 12 papabili più influenti da The College of Cardinals Report.
Minali, 59 anni, è nato a Verona, in via Altichiero, accanto alla chiesa di San Pio X. Si laureò in economia politica nel 1989 alla Bocconi di Milano, con 110 e lode e dignità di stampa per la sua tesi sui meccanismi di misurazione della povertà. Il relatore era il professor Stefano Zamagni, collaboratore di Benedetto XVI nella stesura dell’enciclica Caritas in veritate, nonché fraterno amico di Romano Prodi. Subito volò negli Stati Uniti per un dottorato di ricerca in economia pura alla Yale University. Al rientro in Italia, dopo un anno in Bocconi al fianco di Zamagni, entrò nel mondo delle assicurazioni con le Generali. Ha lavorato in Germania, Austria e Regno Unito. Nel 2017 il ritorno a Verona come amministratore delegato della Cattolica, incarico finito nel 2019.
In Cattolica portò Warren Buffett, 94 anni, sesto uomo più ricco del pianeta, con un patrimonio di 133 miliardi di dollari. L’oracolo di Omaha, chiamato così per l’infallibilità negli investimenti. Ma a credere in me è stato soprattutto il vicepresidente della sua Berkshire Hathaway, Ajit Jain, un indiano, che mise in Cattolica quasi 116 milioni di euro.
Siete amici?
Molto. L’ho sentito pochi giorni fa. Quando vado a New York, c’incontriamo sempre. Di lui Warren disse, a una conferenza: «Se vedete Ajit in barca con mio fratello e i due stanno per affondare, salvate Ajit».
Allora perché non è in Revo? Troppo piccola per lui. Ogni anno ha 40 miliardi di dollari da spendere e punta solo su grandi realtà, con dimensioni superiori ai 500 milioni.
Lei quanti ne ha tirati su? Siamo partiti nel maggio 2021 con 220 milioni di euro raccolti sul mercato finanziario. I primi 7 milioni li abbiamo messi io e i miei soci, i direttori Stefano Semolini, affari legali; Jacopo Tanaglia, finanza; Simone Lazzaro, business; Fabio De Ferrari, operativo. Semolini e Tanaglia, veronesi, sono cresciuti con me in Cattolica; Lazzaro, romano, e De Ferrari, genovese, vengono da Allianz.
E poi? Abbiamo collocato i 220 milioni in una Spac, società costituita con lo scopo di acquistare un’azienda. Ci siamo quotati in Borsa in una settimana. Dopo 6 mesi abbiamo comprato Elba, piccola assicurazione di Milano, su cui è fiorita Revo.
Una fioritura rigogliosa. Ci hanno subito dato fiducia Fondazione Cariverona, Vittoria assicurazioni e Scor, la Société commerciale de réassurance, multinazionale francese, entrate con 15 milioni di euro a testa. L’allora presidente di Cariverona, Alessandro Mazzucco, ci disse: «Fate qualcosa per il territorio». Infatti in questa sede lavorano già 40 veronesi, che diventeranno 60 nel 2025. In breve sono arrivati i più bei nomi dell’imprenditoria italiana, come Nicola Bulgari, gioielleria, Remo Ruffini di Moncler, Nerio Alessandri di Technogym.
I clienti quanti sono? Oltre 50.000. A fine 2024 avevamo già stipulato 131.000 polizze. Con Banco Bpm, Dovalue e Masi siamo la quarta azienda veronese quotata in Borsa.
Che significa Revo? Accorciativo dell’inglese revolution, rivoluzione. Ci rivolgiamo a piccole e medie imprese e professionisti. Non assicuriamo né auto né salute né vita.
Assicurate poco. Al contrario: molto. Per esempio, un’azienda che partecipa a un appalto pubblico ha bisogno di una copertura cauzioni: noi gliela forniamo, siamo leader in Italia in questo ramo. Ha presente i Canadair, gli aerei che spengono gli incendi boschivi? Dal Brennero a Lampedusa sono tutti assicurati da Revo, abbiamo vinto la gara nazionale battendo Generali.
Vuole un altro esempio?
Ho l’aria di non volerlo? Diamo coperture per la responsabilità civile di natura professionale a studi legali e fiscali e a medici, laboratori sanitari, veterinari, infermieri.
Revo scommette sul rischio come nel gioco d’azzardo?
(Ride). Non la vedrei così. Bruno de Finetti, grande statistico morto 40 anni fa, sosteneva che non viviamo nella luce del meridiano bensì nel crepuscolo della probabilità. Lei parla di rischio e di azzardo, io di prodotti parametrici.
Ne so quanto prima. Polizze su misura. Immagini di andare a Milano in Frecciarossa: arriva con 25 minuti di ritardo. Appena scende dal treno, Revo le corrisponde un indennizzo immediato sul conto corrente o sulla carta di credito con cui ha acquistato il biglietto, senza bisogno di presentare alcuna richiesta. Oppure le fa trovare in stazione un taxi che la porta a destinazione. Il tutto avviene su una piattaforma chiamata blockchain, un database le cui informazioni sono criptate con rigidi criteri di sicurezza. In pratica, il punto d’attacco della polizza, di solito centrato sul sinistro, viene spostato sull’evento. Per ogni viaggio, al momento di acquistare il biglietto lei può coprirsi dal rischio di ritardi e cancellazioni dei treni ma anche degli aerei.
Quindi potrebbe mettere al riparo le mogli dai tradimenti dei mariti, e viceversa?
L’adulterio non è assicurabile, come la stupidità, essendo entrambi eventi quasi certi nell’odierna civiltà. Però Revo può sempre indennizzare l’annullamento del matrimonio quando uno degli sposi non si presenti all’altare o in municipio, perché quello è equiparabile alla cancellazione di un concerto per l’indisposizione dell’artista o per il maltempo.
Verve assicurativa notevole. Ce l’ho nel sangue. A don Corrado Ginami, parroco di Santo Stefano, ho chiesto: quanto raccogli di offerte in un anno? Mi ha detto la cifra. Ho ribattuto: bene, te la garantisco anche per l’anno prossimo, se tu mi versi 1.000 euro di polizza. Ci ha pensato e ha concluso: «Secondo me è una fregatura».
C’entra solo il sangue, sicuro? Ho una visione probabilistica della vita.
Ora capisco perché papa Francesco la apprezza. Nella prefazione di un mio libro, Vittorio Messori definì i gesuiti «i benemeriti probabilisti barocchi della Compagnia di Gesù». E dire che mio padre Giovanni era un uomo di certezze. Come responsabile dell’anagrafe comunale, informatizzò il sistema che identifica i veronesi.
Di sua madre che mi dice? Si chiamava Rina. La persi quando avevo 9 anni, per un tumore al ginocchio.
Papà non smarrì la fede? No, l’accrebbe. Gli fu molto vicino don Luigi Pedrollo, il primo successore di san Giovanni Calabria. In seguito papà si risposò con Giuliana.
Difficile spiegare a un bimbo di 9 anni perché Dio non ha impedito alla mamma di morire. Sono cresciuto naturalmente religioso, come mia sorella Chiara, maestra a Brescia: suonava l’organo nella Cattedrale di Verona. L’altra, Emanuela, lavora invece nella sala operativa dell’aeroporto Catullo. Alle elementari ero chierichetto, servivo la prima messa del mattino nella chiesa di San Pio X. All’istituto Pasoli ebbi per insegnante don Rino Breoni. Celebrò il mio matrimonio in San Zeno, dove, quando andai a presentarmi con Cinzia, mi ricevette però l’abate Ampelio Martinelli. In quel periodo lavoravo a Londra. «Come faccio a essere certo che lei non sia già sposato con un’inglese?», mi chiese. Lo rassicurai. Ma non bastò: «Adesso deve giurarmi qui, sul Vangelo, che questa è l’unica moglie».
Le capita d’incontrare molti credenti nella finanza?
Ce ne sono, ma stanno nascosti. Nelle sedi di Revo, a Verona, Milano e Genova, ho fatto appendere i crocifissi alle pareti. Qualcuno mi ha chiesto: «Non teme di urtare la sensibilità dei clienti?». Mi sono sorpreso: che male può arrecare? La storia stessa dell’umanità è avanti Cristo e dopo Cristo.
Davvero fu il vescovo Giuseppe Zenti a informarla che aveva perso il posto in Cattolica? No, fu la mia segretaria. Mi tempestò di chiamate mentre, con il cellulare silenziato, a Roma partecipavo a un convegno organizzato da Francesco Gaetano Caltagirone, l’editore del Messaggero.
Chi le fu più vicino? Mia moglie e le mie figlie.
Come seppe, nel 2020, che papa Francesco la nominava nel Consiglio per l’economia? Mi telefonò monsignor Brian Edwin Ferme, segretario dell’organismo vaticano. Pensai a uno scherzo. Per convincermi, fu costretto a leggermi il decreto di nomina in latino.
Sei donne e lei l’unico uomo. Con 8 cardinali, però.
Maria Kelly era al governo con Tony Blair e Gordon Brown.
Il più giovane ministro dell’Educazione del Regno Unito.
Governi laburisti.
Laburisti o conservatori, l’importante è che sappiano il fatto loro. Le sei consigliere del Consiglio per l’economia sono tutte di eccezionale valore.
Che compiti avete? Sovrintendiamo alle attività economiche e finanziarie della Santa Sede, che consentono alla Chiesa di svolgere la sua missione universale. Ma il nostro è solo un potere di proposta. Le decisioni finali spettano al Santo Padre.
Lo ha incontrato? Due volte. È venuto anche a seguire i lavori del Consiglio, visto che siamo ospiti in casa sua.
Le finanze vaticane sono al collasso. Francesco ha dichiarato di recente che «servono provvedimenti strutturali urgenti, non più rinviabili». Come si spiega il deficit? Non posso parlarne. Sono vincolato dal segreto pontificio.
Ma il denaro non è lo sterco del diavolo? No, è un coefficiente di libertà. È vero che ha una dimensione corruttiva, come insegna il Pontefice. Però si può usare bene per fare del bene. Da bambino, in Borgo Venezia, giocavo a pallone con i miei amici davanti all’agenzia di una banca, dov’era affisso un manifesto che riproduceva la frase scolpita sull’architrave di Palazzo Franchini, al numero 2 di via Sant’Egidio: «Pecunia si uti scis ancilla est, si nescis domina», il denaro se lo sai usare è un servo, se non lo sai è un padrone. È così.
Nel 2018 era sesto nella classifica dei top manager. Secondo Milano Finanza, guadagnava 6,87 milioni di euro l’anno. E lasciò Generali con 4,77 milioni di buonuscita, pare.
Magari! Cifre inventate. Ho investito tutto in Revo. Il mio attuale stipendio è nettamente inferiore a quelli nel settore. Seguo la regola di Adriano Olivetti: mai superare di 10 volte il costo medio del dipendente.
Dove va il capitalismo? Se non lo riempi di una dimensione etica, diventa bestiale. I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Il capitale viene remunerato a scapito della retribuzione dei lavoratori. Gli stipendi in Italia sono troppo bassi.
Parla come Maurizio Landini. Su alcune cose il leader della Cgil ha torto, ma su questa ha ragione. Stiamo investendo poco sui giovani. In Revo l’età media è di 38 anni. Lo considero il mio miglior successo.
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