la Repubblica, 19 gennaio 2025
Il Quarticciolo di Roma contro il decreto Caivano
Roma – «Qua se non c’erano sti ragazzi non c’era manco il Quarticciolo. Il Quarticciolo era finito da ‘n pezzo». Eppure Vittorio, a più di settant’anni, intirizzito dal freddo umido dell’assembla pubblica in una piazza-giardino in pieno inverno, lo vuole ancora difendere «’sto quartiere» di lotti popolari alla periferia est di Roma, nato come borgata tra il ‘39 e il ‘40 per volere dell’Istituto fascista autonomo case popolari e diventato poi una delle basi operative della Resistenza. Ma difendere da che? Anzitutto, da un decreto.«Il 23 dicembre – racconta Pietro Vicari del comitato Quarticciolo ribelle – ci siamo svegliati scoprendo di essere tra i sei quartieri d’Italia in cui il governo Meloni vuole riprodurre il decreto Caivano». Significa un commissario speciale a guardia del quartiere, 30 milioni di progetti da decidere entro un mese e mezzo, molti agenti, sgomberi. I muscoli all’improvviso, insomma. E perché? Il Quarticciolo, dove solo il 54 per cento dei residenti ha un lavoro e il reddito medio si ferma alla metà di quello di un quartiere non ancora centrale come il Salario, è diventato sinonimo di degrado, di violenza, di criminalità. «Tutto è cambiato due anni fa – raccontano a mezza bocca i residenti – quando sono cambiate le sostanze e i pusher. Al posto dell’hashish e della coca, è arrivato il crack». E il crack ha mangiato tutto. «Vengono a comprarlo e a consumarlo qui. Un macello. Pure chi vende non è più del quartiere, molti stranieri, ragazzini sfruttati che non parlano italiano, li vedi agli angoli delle strade, poi succede qualche casino, spariscono e ne mandano altri».A Zombieland, o Cracklandia, così sentono chiamarla con disprezzo, però ci sono fiori nati tra il cemento: una biblioteca, un teatro, una palestra popolare, un birrificio, popolare pure quello, un doposcuola, un ambulatorio gratuito con trenta professionisti, una micro-stamperia, un gruppo d’acquisto solidale e un’occupazione abitativa che ha dato un tetto a quaranta tra attivisti e famiglie. Le uniche luci nel buio di questa scacchiera di vie dove le serrande dei negozi sono tutte abbassate, le attività chiuse, i locali abbandonati, il consultorio funziona a singhiozzo, l’unica scuola è stata dimensionata, accorpata a un’altra e via, tutti a Tor Tre Teste, chilometri più in là.L’occupazione è illegale sì, «ma è l’unico posto dove non si vende, non si compra e non si consuma droga», giura Pietro. Sta nell’ex Casa del fascio, poi ex questura, occupata nel ‘98, con la facciata dipinta dall’artista Blu. E questo è il primo posto che rischia di saltare con la prova securitaria del governo, il primo da difendere, secondo Vittorio e gli altri. «Aspettiamo da anni l’alloggio – racconta Mary che sta al quarto piano con due figlie – Le regolarizzazioni e le sanatorie procedono a fatica. Se mi ritrovo per strada come faccio?».Al primo piano, dove c’erano le celle, ora c’è il doposcuola popolare. «I bambini arrivano qui che non sanno contare con le dita, noi facciamo attività montessoriane, li aiutiamo con i compiti, li leviamo dalla solitudine, proviamo a ribaltare la frustrazione e l’abbandono, gli stereotipiche ci vogliono pusher e violenti, proviamo a costruire una vita più giocosa e più serena», spiega Fiamma, una delle dieci educatrici. È tutto gratis, tre pomeriggi a settimana, dieci alunni al giorno, dalla materna al liceo. «Qui ho imparato a leggere e scrivere, ho fatto amicizia con Nadia e con Victoria, vi prego non chiudetelo», implora Desirée, 9 anni. «Pensare che il Quarticciolo cambi sgomberando l’ex questura significa fare un enorme favore allo spaccio. Al di là della legalità dell’occupazione, chi difende il territorio non può essere cancellato per decreto», insiste il Quarticciolo ribelle. Il Comune gli ha teso una mano, si vedrà, intanto il primo marzo c’è il corteo, dalla piazza-giardino.È sempre da qui che sono nate la palestra popolare e l’ambulatorio. «Ci sono medici, pediatri, psicologi, nutrizionisti. Cerchiamo di mettereuna pezza alla carenza di servizi e di dare ascolto, combattere lasolitudine del malato, in una zona in cui si muore più che altrove», spiega Francesco, psichiatra. Emanuele fa l’istruttore di pugilato, davanti a lui passano almeno 100 iscritti, dai cinque anni in su: «A loro diamo un’alternativa, la possibilità di attraversare un posto pulito, sicuro, gratuito, che li distrae dalla realtà in cui vivono. Ci sono ragazzi di seconda generazione che abitano in uno scantinato, a scuola sono gli ultimi, li aiutiamo a crescere, a vincere». Non è facile. Pure ora che è pieno di tv agli angoli si spaccia, si urla, ci si mena. Due giorni fa c’è stato un assalto alle forze dell’ordine per salvare un pusher dall’arresto. «Vogliamo tutti che il Quarticciolo non sia più ostaggio – dicono dalla piazza – ma non si può fare cancellando i presidi sociali che questo quartiere non lo hanno abbandonato. Questi fiori non vanno recisi, vanno innaffiati».