La Lettura, 19 gennaio 2025
Una lettera inedita di Primo Levi
La lettera che pubblichiamo in queste pagine proviene dall’archivio privato di Primo Levi. Si ringraziano vivamente i figli di Primo Levi per averne concesso a la Lettura l’anticipazione integrale. Sul margine superiore della prima facciata Levi domanda: «Che è stato di Aldo Piacenza e Guido Bachi?». Piacenza e Bachi comandavano, nella Valle d’Aosta, l’improvvisata banda partigiana di cui fecero parte Levi, Vanda Maestro e Luciana Nissim, e con loro vennero arrestati il 13 dicembre 1943. Bachi rimase in carcere fino alla Liberazione, mentre Piacenza riuscì a evadere, riprese a combattere e fu tra i liberatori di Cuneo. Nel testo si è scelto di non correggere le grafie errate di Katowice, Monowitz e della parola tedesca Konzentrationslager. Quanto ai contenuti, Levi riferisce i fatti che gli risultavano allora. Oggi è noto che sul suo treno da Fossoli ad Auschwitz viaggiavano 650 persone, che per il lavoro coatto in Lager vennero selezionati 96 uomini e 29 donne e che i superstiti furono in tutto 24 (16 uomini e 8 donne). Vanda Maestro fu uccisa in una camera a gas il 31 ottobre 1944. Nella marcia di evacuazione da Auschwitz non tutti morirono o vennero trucidati, ma Alberto Dalla Volta (che in Auschwitz era stato l’amico inseparabile di Levi) e Franco Sacerdoti furono effettivamente tra i caduti.
Lettera di Primo Levi a Bianca Guidetti Serra.
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Kattowice, 27 aprile 1945
Bianca carissima,
posso finalmente tentare di nuovo di scrivere a Torino: chi sa che non succeda un nuovo miracolo, e non ci riesca ancora una volta di stabilire una comunicazione attraverso mezza Europa in armi. Ed ecco un riassunto della mia storia.
Prima di tutto, occorre qui correggere e completare tutte le vaghe notizie che ho mandato da Monowiz. L’anno di schiavitù sotto i tedeschi è stato spaventosamente duro: a causa della fame, del freddo, della fatica e soprattutto delle decimazioni che, a intervalli irregolari, hanno diradato le nostre file. Fra i 600 partiti con me da Fossoli, sono stati scelti all’arrivo 95 uomini “validi” per il campo di Monowiz. Degli altri, vecchi, donne, bambini, si è persa ogni traccia. Di noi 95, siamo vivi in 6: scriverò in fine il nome degli altri 5. Gli altri, per lo più, sono morti di malattie o di stenti, o sono stati uccisi perché inabili al lavoro. Io ho potuto mantene[rmi] in salute e (relativamente!) in forze, grazie alla generosità senza pari di Lorenzo Perrone, un muratore di Fossano che oltre a permettermi di comunicare coi miei, mi ha portato quasi quotidianamente, per 6 mesi, il cibo che detraeva dalla sua misera razione. Non è vero che io abbia lavorato con soddisfazione. Per 9 mesi il lavoro è stato una tortura quotidiana, e comunicare con Perrone era, per me e per lui, un grave rischio. Solo negli ultimi 2 mesi (Nov. e Dic.) sono riuscito a piazzarmi al coperto in un laboratorio. L’11 genn. ho preso la scarlattina e sono stato ammesso all’infermeria del campo. Il 17 genn. il campo intero è stato evacuato: noi malati siamo stati abbandonati a noi stessi; le SS hanno deportato all’interno tutti i sani, e dopo 48 ore di marcia ininterrotta li hanno tutti trucidati. Il 27 genn. siamo stati raggiunti dai Russi: in 10 giorni un quarto di noi malati erano morti di fame, di freddo o per mancanza di cure. La mia convalescenza è stata lunga, interrotta da numerosi traslochi. Dal principio di marzo mi trovo qui, in un campo russo di concentramento dove si radunano tutti gli stranieri che i russi hanno salvato dai tedeschi. A parte la nostalgia e l’incertezza sui nostri cari, qui non si sta male. Io lavoro volontario come infermiere; godo di una certa libertà, mangio e dormo bene e mi sono rimesso ottimamente in salute.
Attendiamo con ansia il giorno del rimpatrio, ma per ora non si sa nulla di positivo. Solo oggi ho saputo dai giornali che Torino è libera.
Bianca, tu non hai idea di quanto ti debbo, e di che cosa sono state per me le due lettere e il pacco che sono cadute nella monotonia della nostra vita laggiù. Spero che mia madre e Anna Maria siano vive in Italia, e abbiano conservato rapporti con te; se così è, mi possono scrivere, indirizzando a: Primo Levi, Ulica Ferdinandgrube 5 – Konzentrazionslager Kattowice.
Ecco i 5 (oltre a me) sopravvissuti del mio convoglio da Fossoli: Dott. Leonardo Debenedetti, di To., sfollato a Asti; Luciano Mariani, di Venezia; Eugenio Ravenna, di Ferrara; Dott. Aldo Moscati, di Livorno; Avv. Remo Jona, di Torino. Ti prego di cercare di notificare questi nomi ai rispettivi interessati.
Ti prego ancora di rispondere, se è possibile, per la via più rapida (posta aerea? espresso? telegramma? non so se sia possibile) perché non sono sicuro di restare qui a lungo: e datemi notizie di tutti, sono spaventosamente inquieto sulla sorte di voi tutti: abbiamo notizie così vaghe sull’Italia! Addio, Bianca, arrivederci, bacia per me mia madre e mia sorella – e tante, tante grazie
P.S. Dopo la liberazione, ho avuto notizie di Vanda e di Luciana. Vanda è morta in Agosto, di dissenteria, nel campo di Birkenau. Luciana è stata con lei fino a luglio, poi è stata inviata come dottoressa in un campo presso Breslavia. Franco Sacerdoti, di Torino, è stato con me fino al 17 Genn., poi ha seguito la sorte dei più; così Alberto Dalla Volta di Brescia. È quasi certo che non si sono salvati.
Ho anche trovato qui Elsa Levi di Isacco, ma poi l’ho persa di vista.