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 2025  gennaio 19 Domenica calendario

Ad Hammamet la cerimonia a 25 anni dalla morte di Craxi

Hammamet (Tunisia) – Sul libro delle firme, davanti alla tomba di Bettino Craxi, Ignazio La Russa lascia scritto un messaggio: «A nome di tanti italiani». Confessa che c’era già venuto da capogruppo di An, quasi in incognito, 20 anni fa. Ma ora è diverso. «È venuto il momento di dire che l’Italia ha un debito nei confronti di Bettino Craxi», scandisce le parole il presidente del Senato, ad Hammamet per i 25 anni dalla sua morte. «Un debito per non aver impedito, per non aver voluto impedire – sottolinea – che Craxi morisse all’estero in esilio, senza poter tornare in Italia per curarsi. Spero perciò che quello di oggi possa rappresentare un momento di quella difficile pacificazione che in Italia tarda ancora ad arrivare. Craxi, al di là del pensiero di ognuno, oggi va considerato un personaggio della storia e come tale va studiato, va insegnato a scuola, con le sue luci e le sue ombre». Mentre parla, dalla piccola folla si alza un grido: «Sigonella!», ricordando il no di Craxi nel 1985 agli americani pronti sulla pista. E La Russa, di rimando: «Giusto, fu lui il primo a far valere l’interesse nazionale».
Accanto ci sono l’ambasciatore italiano a Tunisi Alessandro Prunas e la senatrice di Forza Italia, Stefania Craxi, primogenita di Bettino, a cui brillano gli occhi: «Dopo 25 anni possiamo dire che oggi bisogna fare i conti con l’attualità di Craxi non più solo con la sua eredità». È felice per la presenza di La Russa e del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, anche lui alla cerimonia nel cimitero cattolico di Hammamet, una lingua di sabbia davanti alle tombe dei musulmani. «Un grande uomo della Storia – le parole del ministro –. Da ragazzo parlavo con lui di ingegneria costituzionale e uno dei pilastri era la separazione delle carriere dei magistrati». Al termine della benedizione di don Paternò depongono tutti dei mazzi di fiori. Stefania Craxi ringrazia il vicepremier e il presidente del Senato. È appena uscito il suo libro, All’ombra della storia, dedicato al padre e non ha perso la vis polemica: «Nessuno degli esponenti del centrosinistra invece ha mai messo piede sulla sabbia di Hammamet». In disparte, però, c’è Bobo Craxi, il fratello, membro della segreteria del Psi (la madre Anna, 91 anni, è rimasta in Toscana) che dice di aver ricevuto invece «tanti messaggi» pure da quella parte e rivolge un pensiero alla segretaria del Pd Elly Schlein («Non voglio obbligare nessuno, ma visto che in Europa aderiscono ai socialisti europei che mio padre ha contribuito a fondare...»).
Un militante ha portato da Roma l’Avanti appena uscito, con l’editoriale del segretario del partito, Enzo Maraio, che però davanti al cimitero è durissimo con La Russa: «La sua storia non è compatibile con quella di Craxi». E a Stefania dice: «La sinistra non c’è? Ci siamo noi, basta per adesso». C’è tanta gente, alcune centinaia, gli accenti di tutta Italia, la voglia di non sentirsi reduci ma parte della storia. «Non siamo nostalgici», dice Antonio Bove, assessore psi alle Finanze a Sala Consilina nel 1980, che ormai vive tra Hammamet e Cuba. Dice che i fiorai tunisini in questi giorni se ne approfittano: 25 garofani rossi, il numero giusto per l’anniversario, li vendono a 300 dinari, quasi 100 euro. Ora quei fiori sono poggiati sulla lapide, accanto all’epitaffio: «La mia libertà equivale alla mia vita».
Ma oggi questo non è solo il luogo del raccoglimento, è pure una formidabile macchina del tempo da cui riaffiorano per molti i ricordi belli fino a quando tutto crollò. La magistratura lo considerava latitante e l’ex premier, travolto da Mani pulite, invece si definiva in esilio. Antonio Marrone, ex funzionario di Palazzo Chigi, oggi ha 71 anni ma è socialista – dice – da quando ne aveva 15, ad Hammamet lui ci veniva a trovare Craxi ancora vivo, durante l’esilio, «rammaricato ma forte come un leone»: «C’è tanta voglia di Craxi, non vede quanti libri, mostre, convegni? – conclude guardando il mare davanti a sé —. Di sicuro ce l’ha quella grande fetta di gente che non va più da anni a votare».