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 2025  gennaio 18 Sabato calendario

Intevista a Flock sulla separazione delle carriere

 «La separazione delle carriere? Checché si pensi della filosofia di tenere distanti i pm dai giudici – e conosciamo la ricca sequenza di pro e contro – non credo proprio servirà a risolvere nessuna delle criticità che oggi investono il funzionamento della giustizia. Dico: nessuna». Caustico come sempre, Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, va oltre tensioni e opposti pregiudizi. «Preferisco osservare quanto taluni provvedimenti siano a volte lontani dalle situazioni concrete: quanto meno, dalla realtà della giustizia che interessa ai cittadini». Con la consueta pacatezza, Flick ha partecipato ieri ai lavori su “Sicurezza e Costituzione”, a Roma, esprimendo forti perplessità anche sul ddl Sicurezza.Presidente Flick, primo dato. Una riforma di quel rango può essere l’omaggio postumo a Berlusconi?«Lo trovo uno slancio motivazionale del tutto errato. Innanzitutto è singolare che un disegno di revisione costituzionale possa essere concepito con una spinta del genere. E poi perché non si comprende in che modo una figura come quella di Berlusconi, che non sarò certo io a giudicare, abbia maturato eventuali crediti nei confronti della giustizia».Anzi, si può ricordare che era stato condannato in via definitiva, circostanza che ha provocato la bagarre in aula l’altra sera?«In realtà, io lo direi in altro modo. C’è stato un Berlusconi che ha portato avanti le sue innovazioni nel campo televisivo e dell’intrattenimento o della politica; o poi c’è un Berlusconi che non ha certo lasciato lezioni indimenticabili su fronti di legalità, dalla determinazione – ad esempio – a coltivare il dovere ci vico di pagare le tasse ad una serie di altre evenienze. In sintesi: perché mai la politica giudiziaria dovrebbe risarcire il fondatore di Forza Italia?».Altra pillola controversa di memoria: “Falcone voleva la separazione delle carriere”.«Anche questa, piuttosto singolare. Non lo ricordo, onestamente. In più, sono passati decenni e forse non sarebbe questa la risposta che il compianto Falcone indicherebbe per i malanni attuali della giustizia».In sintesi, secondo lei, questa separazione riduce o no i disservizi?«No, perché non incide sulla riduzione dei tempi della giustizia, non serve ad intensificare la formazione dei magistrati, e perché finisce per indebolire l’azione e la figura del pubblico ministero. Il quale, fatalmente, potrà essere assorbito dal potere esecutivo. E questo va contro la Costituzione, che prevede i magistrati sottoposti solo alla legge e una giustizia che siafedele al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale».La motivazione addotta è: sono stati commessi abusi dai pm.«Narrazione molto diffusa. Ci sono stati abusi? Possibile. Ci sono stati pm che hanno sbagliato e che i giudici non sono riusciti ad arginare o a correggere? Possibile. Ma cosa c’entra tutto questo con i concorsi e le carriere separate?».E quindi a chi serve?«Mi viene in mente il detto popolare, che risale ai romani: divide et impera. Se divido le toghe, indebolisco entrambi i sottogruppi, soprattutto il meno numeroso dei due».In un dibattito pubblico di poche ore fa, ha espresso forti rilievi sul ddl sicurezza. A partire dallo “scudo” per le forze dell’ordine.«Ecco, si tratta di un punto dirimente. Perché prevedere una sorta di “immunità” per gli operatori delle forze di polizia è contro il principio dell’uguaglianza, quindi in flagrante violazione dell’articolo 3 della Costituzione: illegittimo. E poi ci sono anche altri profili critici».Quali?«L’automatismo con cui vengono valutate circostanze aggravanti eattenuanti, l’equiparazione tra migranti e detenuti, e sostanzialmente l’intera tensione che anima quel disegno, e cioè la punizione del dissenso. Emerge proprio un’idea di “pubblica sicurezza”, ecco. E non di sicurezza sociale, come dovrebbe essere».Lei si è speso contro la disumanità delle nostre carceri: moltiplicare i reati significa infliggere più carcere ai deboli?«Penso che sia proprio così. Stiamo andando in senso contrario a quanto la Carta e l’etica politica suggerirebbero. La Consulta si è pronunciata già sulla necessità e l’obbligo di custodire ciò che la Corte definisce i residui di libertà.Basterebbe citare su questo dramma le parole di due grandi testimoni, Papa Francesco e il presidente Mattarella: inascoltate».Lei ha appena dato alle stampe il saggio “Il giudice e l’impresa”. Dai morti sul lavoro alle multinazionali senza controllo, i diritti dei lavoratori sono sottoposti a una speciale torsione?«Attraversiamo un periodo di eccezionale sfruttamento: dal fenomeno del caporalato alle borse delle grandi griffe. Ma la risposta non può essere solo il diritto penale».E cosa?«Controlli, controlli, controlli. Sindacati, ispettorato del lavoro, tutti. Si chiama Prevenzione. E dovremmo crederci fino in fondo, senza stravolgere il processo penale e le sue garanzie».