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 2025  gennaio 17 Venerdì calendario

Intervista a Dino Meneghin, ex cestista

Meneghin, buongiorno: vero che domani lei compie 75 anni?
«La smetta con queste insinuazioni».
Avevamo capito che... 
«Scherzavo, mi arrendo: sono 75 purtroppo, anche se ne vorrei compiere 57».
Come li festeggerà? Da monumento del basket?
«Ci si mette anche lei? Sui monumenti i piccioni posano parti poco nobili del loro intestino, per cui niente monumento».
Il poeta diceva: non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi: è cosi?
«Vero. Attimi anche brutti come quelli vissuti al villaggio olimpico di Monaco 1972».
Si riferisce alla strage degli atleti israeliani da parte dei Fedayyn di Settembre Nero?
«Esatto. La palazzina dell’Italia dove alloggiavo con la nazionale in ordine alfabetico era accanto a quella israeliana nella quale i fedayyn penetrarono, uccisero due atleti e ne presero in ostaggio altri nove ponendo precise condizioni: un aereo per volare al Cairo e la liberazione di 243 palestinesi rinchiusi nelle carceri di Tel Aviv».
Con i compagni di nazionale come visse quei momenti?
«Andammo all’allenamento fuori dal villaggio ma, al rientro, la polizia fermò il nostro pullman e ci fece scendere. Stava passando a pochi metri da noi il bus che portava terroristi e ostaggi all’aeroporto dove sarebbe poi avvenuto il disastro».
Le Olimpiadi persero per sempre la loro età dell’innocenza.
«Sì. I Giochi non sono mai più stati come prima».
In quel 1972 lei giocava e vinceva con l’Ignis Varese: cosa ricorda di quei giorni trionfali?
«La spensieratezza ma anche la durezza degli allenamenti di coach Asa Nikolic. Ci massacrava ma, alla fine di quelle stagione trionfali, quando avevi vinto tutto in Italia e in Europa, riconoscevi che era nel giusto».
Il segreto di quella squadra?
«Eravamo ottimi cestisti ma anche amici, ci divertivamo un sacco con Flaborea, Ossola, Zanatta e gli altri».
Poi arrivò la Milano da bere, quella degli anni ’80 e dell’Olimpia di Peterson.
«Da Varese passai a Milano dove ho vissuto una seconda giovinezza. Ho rivinto tutto con D’Antoni, Premier e Bob McAdoo, un fenomeno della Nba che si comportò come fosse uno di noi da anni. Un tipo fantastico».
Lei ha vissuto l’epoca d’oro della nazionale italiana: due attimi da incorniciare?
«Facile: la vittoria nell’europeo del 1983 e l’argento a Mosca ’80 dove giocai piuttosto bene».
Gli allenatori che ricorda con riconoscenza?
«Di Nikolic ho detto. Citerei Nico Messina che mi lanciò, Peterson ovviamente e Sandro Gamba. E poi Boscia Tanjevic con cui, da suo team manager, ho rivinto l’Europeo nel 1999. Con Andrea in campo».
I Meneghin sono come i Maldini: campione il papà, campione il figlio.
«Provai una gioia immensa quando riuscii a giocare, ormai 40enne, contro Andrea di 16 in una partita di campionato».
La sconfitta che le brucia ancora?
«La finale di coppa dei Campioni 1979 contro il Bosna la giocai con un braccio ingessato, rotto prima della finale».
Gli avversari che le hanno dato più fastidio?
«Tre pivot pazzeschi: Cosic, Tkacenko che era alto 20 centimetri più del sottoscritto e Arvidas Sabonis».
La cosa di cui va orgoglioso?
«L’iscrizione alla Hall of Fame americana del basket. È come per uno scrittore vincere il Nobel».
Le piace il basket odierno?
«Seguo le partite delle mie squadre, ovvero Milano, Varese e Trieste».
L’Armani potrà riportare l’Eurolega in Italia?
«Lo meriterebbero Giorgio Armani, Messina e tutti i giocatori».
E la nazionale? È precipitata in un limbo.
«Oggi è tutto difficile per il ct Pozzecco. Noi avevamo tre rivali: Urss, Jugoslavia e Spagna. Oggi la frammentazione delle repubbliche di Russia e Jugoslavia ha generato avversari forti ai quali si sono sono aggiunti Grecia, Francia, Turchia».
A proposito, non si è mai saputo per quale squadra di calcio tifa Dino Meneghin?
«Per la Juve. Quando ero alla Ignis conobbi Bettega, Gentile e Anastasi che giocavano con il Varese. La vecchia Signora mi entrò nel cuore».
Domani come festeggerà i suoi 57 (75) anni?
«In famiglia con mia moglie e Andrea. Sarà un compleanno da nonno perché per casa sguazzeranno le mie nipotine». Cin cin, SuperNonno.