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 2025  gennaio 17 Venerdì calendario

Corte dei Conti: ombre sulla riforma

“Francamente non ci ho ancora pensato. Ne devo discutere con gli uffici per valutare eventuali incompatibilità di legge…”. Riccardo De Corato (FdI) risponde cortesemente così a chi gli chiede se non ritenga di doversi astenere dal discutere e votare la riforma della Corte dei Conti, vista la sua condanna erariale. Di sicuro la cosa non l’ha fatto desistere dal co-firmare la proposta di legge, che quindi nasce anche per sua iniziativa. Sembra incredibile, ma è tutto vero. A discutere la riforma che stravolge l’assetto della Corte, svuotandone i poteri – duramente contestata dai magistrati contabili – nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera ci sono anche quattro deputati della maggioranza condannati in via definitiva per danno erariale. Due di questi, peraltro, sono co-firmatari. Se poi il testo approderà in aula, il numero di colleghi condannati che potrà votarla salirà a sette.
De Corato è stato vicesindaco di Milano ai tempi di Letizia Moratti condannata in via definitiva nel 2016 per una serie di incarichi e consulenze insieme a 20, tra assessori e funzionari. Parliamo di undici incarichi dirigenziali esterni a non laureati per quasi 1,9 milioni e retribuzioni ritenute troppo costose, più di 1 milione, di alcuni addetti stampa. De Corato è stato condannato a risarcire al Comune 21.763 euro per le stesse voci contestate a Moratti, che nel 2018 ha fatto appello in Cassazione, dove in base al processo contabile si può ricorrere solo per difetto di giurisdizione della Cdc. Il ricorso è stato respinto. Il Fatto ha chiesto a De Corato se non fosse il caso di astenersi. La risposta è stata quella di cui sopra. Il deputato, peraltro, parla di “incompatibilità di legge”, che però non sussiste. Casomai è una questione di opportunità. “Ci devo pensare”, spiega, ma ribadisce che “la riforma è giusta”.
Parliamo del cosiddetto “ddl Foti”, dal nome dell’ex capogruppo alla Camera di FdI che l’ha depositata a dicembre 2023, oggi chiamato da Meloni a sostituire Raffaele Fitto al ministero degli Affari Ue e del Pnrr. Il testo depotenzia le funzioni della Corte dei Conti, gonfiando a dismisura il controllo preventivo (e consultivo) sugli atti e tagliando i tempi col silenzio assenso, trasformando così la Corte in un organo ausiliario. Un emendamento dei relatori taglia poi brutalmente le sezioni regionali ed elimina di fatto il controllo concomitante sui programmi del governo (impedendo peraltro la pubblicazione delle relazioni). Il voto inizierà dopo il 28 gennaio.
L’altro co-firmatario è Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera. Nel 2022 è stato condannato dalla Corte dei Conti a pagare quasi 500mila euro per una vicenda legata al suo ruolo di presidente della Federazione nuoto, dove è stato da poco riconfermato per la settima volta. La vicenda è complessa è riguarda uno scontro con il Coni Servizi, che nel 2013 chiese alla Federazione di pagare 5 milioni dovuti. Barelli, secondo i pm contabili, provò a sanare il debito chiedendo di detrarre una serie di fatture per lavori che in realtà sarebbero stati coperti da fondi del Tesoro. Barelli è stato archiviato in sede penale e assolto in primo grado dalla giustizia contabile, sentenza però ribaltata in appello. “Non mi sento condannato di nulla – spiega al Fatto – La FIN, alla fine, ha restituito i soldi e io sono stato tirato in ballo come rappresentante legale”. Per i giudici contabili, però, sarebbe stato “l’unico, reale dominus dell’intreccio di eventi che ha portato, in esito, al doppio pagamento”. Barelli ha spiegato che la riforma è “fondamentale per mettere gli amministratori in condizione di lavorare con tranquillità”. Al Fatto non vuole dire però se ritiene sia inopportuno co-firmare (e votare) una riforma, vista la sua condanna.
In Commissione Affari costituzionali siede anche il deputato di Noi Moderati Alessandro Colucci, condannato in via definitiva nel 2017 a restituire 12.500 euro per le spese sostenute e rimborsate come consigliere regionale in Lombardia nel 2008-2012. In Commissione Giustizia, invece, c’è la forzista Annarita Patriarca (in sostituzione di un sottosegretario). Nel 2023 è stata condannata in appello a restituire 22 mila euro per illecito utilizzo dei fondi per le spese di rappresentanza come presidente del consiglio comunale di Gragnano. Il Fatto ha chiesto a entrambi se si asterranno dal votare la riforma, senza però ottenere risposta.