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 2025  gennaio 16 Giovedì calendario

Ilva, governo in pressing sui possibili acquirenti


ROMA Il governo spinge per un rilancio dell’offerta per l’ex Ilva, premendo sia sugli azeri di Baku Steel che sugli indiani di Jindal, due dei tre pretendenti per il 100% degli impianti siderurgici. L’esecutivo vorrebbe anche metterli assieme per avvicinarsi a quel miliardo di euro che prima dell’apertura delle buste, lo scorso sabato, era ritenuto dal ministero delle Imprese, e dai tre commissari di Acciaierie d’Italia l’obiettivo minimo di incasso per la cessione.Chi ha visto le offerte riferisce che Baku avrebbe offerto 450 milioni e Jindal 80 milioni, mentre la proposta di Bedrock Industries Management non avrebbe le garanzie del finanziamento ed è subordinato ad altre condizioni.Fonti vicine al dossier riferiscono di colloqui in corso tra Baku e Jindal, che pure non confermano. In cambio di rilanci o cordate, i pretendenti chiederebbero una garanzia pubblica (anche con una quota statale nel capitale dell’ex Ilva) per la presa in carico di 2-3mila esuberi (le persone attualmente in cassa integrazione a rotazione in Adi, magari usando gli incentivi all’esodo) e nuovi aiuti pubblici sulla decarbonizzazione, la bonifica ambientale e il costo dell’energia, oltre il miliardo già destinato alla riduzione dell’inquinamento dal Pnrr. Magari usando anche parte degli 1,5 miliardi di vecchie agevolazioni che erano stati pensati nell’era ArcelorMittal-Invitalia.
Al momento il dossier è nelle mani dei commissari Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli, che hanno ricevuto dieci offerte: tre per l’interno gruppo industriale e sette (tra cui spicca la tripla proposta di Marcegaglia) per gli altri asset tra la Campania, il Nord Italia e la Francia. Entro fine settimana i tre concluderanno la relazione da presentare al governo. Poi potranno trattare a nome dell’esecutivo, chiedendo rilanci e offerte comuni.Del resto i commissari hanno aperto da subito a nuove proposte, solo se «presentano condizioni particolarmente favorevoli». Ed è la porta aperta alla cordata Baku-Jindal. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha parlato ieri in un question time alla Camera di «tre offerte significative per l’intero gruppo, da parte di attori che hanno solidità industriale e finanziaria conclamata». L’obiettivo è alzare l’offerta principale e poi in un secondo momento coinvolgere i soggetti italiani (oltre a Marcegaglia ci sono Profilmec, Eusider, Sideralba, Imc, Vitali, Car segnaletica stradale con Monge e Trans Isole), chiudendo la partita entro giugno. Per salire dagli attuali 2 milioni di tonnellate di acciaio prodotto ad almeno 6, Jindal sulla carta è il soggetto più qualificato, con le 12,6 milioni di tonnellate di acciaio prodotte annualmente, risorse minerarie e infrastrutture logistiche. Ma, nonostante le risorse a disposizione, gli indiani hanno fatto un’offerta bassa. Gli azeri sono invece sono specializzati nelle acciaierie a forno elettrico (la nuova tecnologia che arriverà a Taranto) e possono accedere al gas a basso costo (anche portando una nave rigassificatrice in Puglia), ma sono abituati a piccoli siti.Ufficialmente le due big della siderurgia dicono di aspettare le mosse dei commissari. Un eventuale accordo potrebbe comunque vedere Jindal come soggetto principale e gli azeri come partner per l’energia a basso costo. Resta sullo sfondo, oltre ai 2-3mila esuberi, il destino dei 1.600 lavoratori rimasti in Ilva (l’altra azienda oltre ad Acciaierie).La società, in amministrazione straordinaria, potrebbe incontrare i sindacati, allargando il tavolo anche ad Adi per rimettere in piedi l’incentivo all’esodo da 100mila euro usato ai tempi di Arcelor. Per i sindacati si potrebbe anche sfruttare la normativa nazionale sulla “pensione per amianto”. Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil premono poi per ridurre al minimo gli esuberi e accelerare sulla decarbonizzazione, anche visto che il ministero dell’Ambiente ha inviato due diffide allo stabilimento di Taranto, per concentrazione elevata di azoto e benzene nell’aria e cianuro nell’acqua.