la Repubblica, 16 gennaio 2025
A Helsinki cresce il giallo femmminista
In mare di ghiaccio. In senso letterale: una distesa d’acqua salata, pietrificata dal gelo, riempie la baia della capitale finlandese, cingendola in un abbraccio protettivo. Ma il freddo atmosferico non contagia l’anima, riscaldata dal viavai umano nel centro cittadino.Con i turisti che sciamano tra le grandi piazze alberate, il vecchio mercato che vende carne e pelli di renna, i centri commerciali con pochi brand globali e molti marchi locali. Una vivacità che è lo sfondo perfetto per il colloquio con Martta Kaukonen, nuovo fenomeno del thriller europeo grazie al bestseller Butterfly,ora uscito in Italia per Longanesi: storia avvincente e sorprendente di due donne legate da una catena di abusi e dalle loro conseguenze.Un prodotto made in Helsinki – e ambientato qui – che non somiglia a nessuno dei numerosi noir scandinavi di successo. E che incarna, più di qualsiasi altro libro, lo spirito femminista post-MeToo: «Il più importante movimento di protesta dai tempi della battaglia contro la guerra in Vietnam», sostiene l’autrice. La incontriamo in un edificio simbolo, la Biblioteca centrale Oodi, capolavoro architettonico frequentatissimo dalle famiglie con bambini: 10 mila metri quadri, 70 mila libri, 2 milioni e mezzo di visitatori l’anno. «L’ho scelta perché ci ho ambientato due scene di Butterfly, del resto è il posto in cui anch’io vedo gli amici» ci racconta, sorridente e scoppiettante quanto i suoi personaggi sono cupi e problematici.Martta, la sua è una crime story atipica. Senza poliziotti, detective privati o investigatori dilettanti…«Siamo invasi, la Scandinavia in particolare, da noir a vario titolo polizieschi, centrati su un’indagine. A essere sincera, questo tipo di storie mi annoia. Così con Butterfly ho cercato di fare altro, di scrivere il romanzo che da lettrice avrei voluto avere tra le mani. I gialli nordici non mi interessano, io amo storie come Gone Girl di Gillian Flynn».Da dove le viene questa insofferenza per il cosiddetto “procedural”?«Per molti anni ho lavorato nei giornali da critica cinematografica, vedendo molti più film di quanto umanamente sostenibile. E anche lì ho dovuto assistere a una marea di indagini su crimini. Ero e sono stufa.Ho fatto un’eccezione solo nel mio terzo libro (Butterfly, uscito in patria nel 2021, è il suo debutto e sta per diventare una serie tv, ndr ) in cui c’è una poliziotta. Poco ortodossa però».Com’è avvenuto il passaggio dai giornali ai libri?«Ero convinta che non avrei mai scritto un romanzo, troppo impegnativo, non mi ci vedevo a buttare giù quattrocento pagine… poi una sera ero a letto e ho sentito una voce nella mia testa: sussurrava quelle che poi sarebbero diventate le prime frasi di Butterfly . La mattina dopo, le ho annotate sul mio iphone e ho cominciato a scrivere».Il romanzo inizia con la voce della protagonista, che rivela di avere ucciso. Poi la palla passa a una celebre psicologa. I loro racconti in prima persona si alternano a quelli di due comprimari uomini, ma la ribalta è tutta delle donne.«I personaggi femminili realmente forti, realmente indipendenti, latitano nella letteratura crime.Anche una tosta come Lisbeth Salander, al centro della saga Millennium di Stieg Larsson, lavora comunque con un uomo. Ira e Clarissa, protagoniste del mio libro, sono invece autonome. Mi sono ispirata alle donne fatali del cinema classico, che sanno cos’è il male».Nei film recenti non è più così?«No, per niente. Anche se hanno attività impegnative, se sono poliziotte o pompiere e via dicendo, le donne sono gentili, leali, e quando tornano a casa hanno cura di tutto e di tutti. Non ne potevo più».Un’altra scelta insolita è non mostrare mai direttamente la violenza.«È più efficace affidarsi all’immaginazione del lettore. Basta evocare, come accade molto spesso nel libro, la parola “gabbia” e già siamo in grado di visualizzarla.Chissà, forse dipende anche dalla mia pigrizia».Ma perché sia nella cronaca che nelle fiction ci sono pochissime serial killer?«Perché le donne sono più intelligenti e non si fanno catturare».Questa risposta tranchant evoca l’umorismo nero presente nelle sue pagine.«Lo humour è stata ed è una strategia di sopravvivenza, non solo per il lettore ma per me, mentre scrivevo, di fronte a situazioni devastanti».Che però ci piace leggere.«Piace a persone che, come noi e come voi, possono farlo senza rischiare nulla, perché viviamo in spazi ancora sicuri. Nei Paesi in guerra certamente non vogliono avere a che fare con gli omicidi letterari».Senza fare spoiler, possiamo dire che il tema di Butterfly è l’abuso sessuale. In un’ottica integralmente femminista.«Anche in questo caso, è stato per reazione alla letteratura e al cinema mainstream. In cui la vendetta per lo stupro è affidata quasi sempre al maschio, marito, padre, fratello. Dopo un po’ ci si dimentica della donna, che ha subito la violenza: è fuori dai giochi. A me interessava invece descrivere le conseguenze della violenza, ciò che accade dopo: lo stress post-traumatico che colpisce le vittime. L’idea ha avuto successo, ha prodotto anche un sequel. E un altro è in preparazione».A proposito di traumi, per scriverne ha compiuto studi psicologici?«Devo tutto a mia madre che era una psicoterapeuta, impegnata in particolare con i teenager. Ho respirato la sua professione fin da bambina. Anche se leggendo il libro non sembra, io credo nella psicoterapia».Quindi ritiene il male non qualcosa di metafisico, ma un effetto – curabile – del contesto sociale e familiare?«Non credo che una persona nasca malvagia, ma che tutto dipenda dalle esperienze che ha vissuto, in particolare nell’infanzia. E non sono pessimista: penso che con la terapia la catena degli abusi possa essere interrotta».Dal nero più nero del crimine alle statistiche della felicità, che vedono sempre la sua Finlandia al primo posto: cosa ne pensa?«Anche al netto dell’alto tasso di suicidi, nel mio Paese i già felici sono sempre più felici, mentre una grossa fetta della popolazione soffre. La vita è carissima e i generi di prima necessità, come gli alimentari, ancora di più».Costa tanto anche la cultura?«Eccome! Butterfly, ad esempio, qui si vende a ben 35 euro (in Italia a 18,60, ndr).Altro problema: in tanti qui preferiscono ai libri gli audiolibri, su cui noi autori prendiamo una percentuale bassissima. In novembre abbiamo firmato una petizione, invano. Abbiamo luoghi splendidi come questa biblioteca, ma poi chi la cultura la produce rischia di non poterci vivere».E allora dove andare, per catturare quest’anima più dark di Helsinki?«Al museo Ateneum, dove è in corso la mostra Gothic Modern (fino al 26 gennaio, ndr): lì è esposto anche Il Giardino della Morte di Hugo Simberg (1896), di cui si parla anche in Butterfly. Va vista!».Abbiamo seguito il consiglio: ne è valsa davvero la pena.