la Repubblica, 16 gennaio 2025
Inauguration Day, corsa all’invito, ma Michelle Obama...
NEW YORK – Michelle Obama non ci sarà, perché «non è una persona capace di fingere», come raccontano fonti a lei vicine. Tutto il resto del mondo, o quasi, correrà alla seconda Inauguration di Donald Trump lunedì, per ingraziarsi il prossimo presidente degli Stati Uniti. Resta l’incertezza sulla premier italiana Giorgia Meloni, che comunque l’invito quanto meno informale lo ha ricevuto e quindi è libera di fare come preferisce.Nel 2021 Trump si era rifiutato di partecipare all’Inauguration di Joe Biden, per alimentare il mito della vittoria elettorale rubata e quindi costruire le basi per il suo ritorno. Alla fine ci è riuscito, un po’ per la stoltezza dei democratici, un po’ per la lentezza con cui il dipartimento alla Giustizia ha condotto le inchieste che secondo il procuratore Jack Smith avrebbero portato alla sua condanna per l’assalto al Congresso, e un po’ per le obiettive capacità politiche e comunicative che lo hanno tenuto al primo posto nel cuore degli elettori Maga nell’ormai ex Partito repubblicano. Biden – che invece tiene alla democrazia, tanto alla sostanza quanto ai suoi riti – non ricambierà lo sgarbo. Quindi presenzierà al doloroso passaggio dei poteri, che sancirà anche il suo fallimento politico personale, perché non è riuscito a usare i quattro anni alla Casa Bianca per cancellare Donald, e non ha capito in tempo la necessità di farsi da parte.Michelle Obama è un altro discorso. È una persona sanguigna, diretta, che secondo molti avrebbe potuto vincere le elezioni del 5 novembre, se non avesse odiato la politica al punto di accettare il sacrificio di rivedere Trump nello Studio Ovale. Stringergli la mano però, sceneggiare una falsa cordialità, non è nelle sue corde. Perciò ha evitato di incrociarlo ai funerali di Jimmy Carter, e rifiutando di partecipare all’Inauguration ha confermato il vero motivo dell’assenza. Il marito invece ci sarà, un po’ per dovere istituzionale e un po’ perché il risultato delle presidenziali ha confermato che Biden avrebbe dovuto dargli retta, facendosi da parte prima, anche se Joe resta convinto che se non si fosse ritirato avrebbe rivinto.Le autorità di Washington si aspettano circa 200.000 persone,tra sostenitori e manifestanti, con misure di sicurezza comprensibilmente aumentate, dopo il 6 gennaio. Il presidente cinese Xi ha declinato l’invito, per non dare l’apparenza di venire a baciare la pantofola, ma invierà un rappresentante di alto rango. Così però ha reso gli eventuali leader stranieri che decideranno di partecipare delle comparse, non al livello di quelli che contano davvero, come lui.Il mondo del business, in particolare i giganti digitali, si è rapidamente allineato. Google e Microsoft hanno donato un milione ciascuno per la cerimonia, sommati ai 170 milioni già raccolti, così tanti da non sapere più bene cosa farci. Il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, dopo aver eliminato il fact checking sulle informazioni false, organizzerà un ricevimento. Elon Musk ovviamente sarà in prima fila, anche se ilNew Yorker ha esagerato con la copertina in cui lui giura al posto di Donald. Stesso discorso per Jeff Bezos, che aveva impedito al Washington Post di fare “l’endorsement” di Kamala Harris, per recuperare terreno. La Coca Cola ha prodotto una bottiglietta speciale celebrativa, infuriando la metà dell’America che non si riconosce nella scelta di uno dei brand più condivisi nel Paese.Carrie Underwood canterà “America the Beautiful”, e nonostante le critiche il suo background è quello. Invece i Village People, autori dell’inno gay “Y.M.C.A.” diventato colonna sonora dei comizi di Trump, sono stati accusati di tradimento. Dicono di sperare che la loro musica unisca il Paese, ma forse è già troppo tardi per questa illusione.