la Repubblica, 15 gennaio 2025
Definire l’obesità
ROMA – «L’obesità è un problema abbandonato a se stesso. È una condizione così seria, con oltre un miliardo di persone coinvolte, che non merita la semplificazione alla quale è relegata oggi». Per Francesco Rubino, che insegna chirurgia metabolica e bariatrica al King’s College London, il primo passo per offrire rilevanza all’obesità è definirla. Il chirurgo ha guidato per 3 anni una commissione di esperti che ha redatto un documento di 42 pagine pubblicato dalla rivista The Lancet : “Definizione dell’obesità clinica”.
Il punto di partenza è che l’indice di massa corporea sopra a 30 – la definizione attuale – non dice molto. Il tradizionale rapporto fra peso e quadrato dell’altezza per Lancet «può sovrastimare o sottostimare l’adiposità e fornire informazioni inadeguate sulla salute». Una persona sotto a 30 può avere organi danneggiati e uno sopra a 30 essere muscoloso.
Per definire una persona con obesità bisogna guardare l’eccesso di grasso e dove è distribuito: se negli arti o sottopelle l’effetto è meno grave rispetto all’addome. La percentuale di massa grassa può essere misurata dalle bilance o con test medici. In alternativa esistono tre calcoli fai da te: circonferenza dell’addome maggiore di 102 centimetri per gli uomini e 88 per le donne, rapporto fra circonferenza della vita e dell’addome superiore a 0,9 per gli uomini e 0,85 per le donne, rapporto fra circonferenza dell’addome e altezza maggiore di 0,5 per entrambi i sessi. Avere almeno due criteri (o uno più l’indice di massa corporea sopra a 30) fa rientrare nell’obesità.
Non basta ancora: i numeri possono far rientrare una persona nell’obesità. «Ma una malattia è tale se ha manifestazioni cliniche» prosegueRubino. Bisogna allora distinguere chi va definito malato e chi no, separando i cosiddetti obesi clinici da quelli preclinici. Lancet suggerisce 18 criteri, fra cui affanno, scompenso cardiaco, dolore a ginocchia e anche, difficoltà nei gesti quotidiani, danni a reni, fegato, apparato riproduttivo e disordini metabolici.
Salire sulla bilancia, come facciamo da sempre, è sicuramente più facile. Oggi però nella lotta all’obesità sono entrati giocatori di peso. Prima la chirurgia bariatrica (che ha varie declinazioni, ma riduce la capienza dello stomaco), poi i farmaci hanno reso l’obesità affrontabile. Ozempic è solo il più famoso tra i medicinali chiamati agonisti del recettore del Glp-1. Costano 200 euro a settimana, fanno perdere fino al 15-20% del peso e quest’anno hanno ripagato le aziende con 50 miliardi: oltre tutti i vaccini Covid insieme. Non sono andati oltre solo perché l’offerta non sta al passo con la domanda.
«Ascoltavo un servizio alla Bbc» racconta Rubino. «Offrire i farmacia tutte le persone con obesità secondo la definizione tradizionale farebbe spendere al sistema sanitario inglese 10 miliardi di sterline all’anno: metà del suo budget». Per decidere chi trattare e chi no serve un criterio di gravità. Lancet ha cercato di colmare il vuoto, lasciando la scelta della cura ai singoli medici e “combattendo lo stigma”, visto che l’ambiente di oggi viene definito “obesogeno” e le diete (secondo uno studio del 2022 dell’università di Cardiff) falliscono in 3 casi su 4. L’obesità preclinica è considerata fattore di rischio, da affrontare caso per caso.
Poco, nel documento, si troverà sulle cause dell’eccesso di peso, definite varie e poco chiare. «Faccio il chirurgo da 25 anni. Ho operato persone con obesità grave che mangiavano assai meno di me» spiega Rubino. «Di fronte a una persona che ha la salute compromessa il medico deve cercare una cura, non giudicare. Altrimenti non tratteremmo nemmeno i tumori del polmone».