la Repubblica, 15 gennaio 2025
L’inchiesta sulla prof che molestava i suoi alunni
Nell’aula che chiamavano “la Saletta” non si facevano lezioni private, «parlavamo di cose sporche, cioè di sesso». Era una spirale perversa quella nella quale, secondo l’accusa, un’insegnante di sostegno di 38 anni della scuola media Catello Salvati di Castellammare di Stabia, nel Napoletano, aveva trascinato sei studenti tra gli 11 e i 13 anni, uno solo dei quali suo allievo: discorsi di natura sessualmente esplicita, esibizione di video e materiale pornografico, induzione a scambiarsi effusioni, fino all’abuso di uno dei ragazzini, obbligato ad un rapporto orale.
“La Saletta” era anche il nome della chat su Instagram attivata dalla 38enne quando l’aula fu chiusa e le morbose attenzioni si sarebbero spostate sulla rete. «Facciamo questo gruppo, così facciamo le cose porno», avrebbe detto a una delle ragazzine la professoressa che ora è in carcere su richiesta della pm di Torre Annunziata Bianca Maria Colangelo per maltrattamenti, violenza sessuale, induzione al compimento di atti sessuali e corruzione di minorenne.
C’era dunque tutto questo a monte del gravissimo episodio del 14 novembre scorso, quando una ventina di familiari di studenti fece irruzione nella scuola “Salvati”, aggredì l’insegnante e mandò in ospedale il padre intervenuto a difenderla. Il linciaggio fu evitato solo grazie all’intervento dei carabinieri. Ma già dal giorno precedente, dopo la sospensione dalle lezioni di due ragazzini sorpresi dalla prof a fumare in bagno, le mamme avevano presentato le prime denunce all’Arma. Dalle carte emerge il ritratto di una donna «schiava dei propri impulsi sessuali, disposta a tutto pur di soddisfarli, fino a esporsi al rischio di essere scoperta utilizzando internet per comunicare con gli alunni», scrive la giudice Luisa Crasta. Per la magistrata gli arresti domiciliari non avrebbero impedito all’indagata di utilizzare gli strumenti telematici. Domani la donna sarà interrogata alla presenza del suo difensore che potrà poi proporre ricorso al Riesame contro l’ordinanza.
La Procura indaga anche sul pestaggio del 14 novembre e sul ruolo di controllo della scuola. «Mi chiedo come sia stato possibile, dal punto di vista didattico, che alla professoressa sia stata affidata per lungo tempo una pluralità di alunni, non solo quello di cui si doveva occupare come insegnante di sostegno. Su questo punto occorre fare approfondimenti», sottolinea il procuratore Nunzio Fragliasso. I magistrati hanno ascoltato le vittime alla presenza dello psicologo e hanno incrociato le dichiarazioni con gli audio acquisiti dai cellulari anche dell’insegnante. Vengono fuori frasi irriferibili, tanto più se scambiate con allievi poco più che bambini, la meno inopportuna delle quali forse è «quandoavete scambiato il primo bacio».
L’insegnante si relaziona con minorenni come se fossero adulti, chiedendo «quando lo avete fatto per la prima volta», oppure «quale musica mettete quando lo fate», mostra immagini pornografiche, li invita a toccarsi dicendo «siete cugini, potetefare le cose sporche», chiarisce che «nel gruppo “Saletta” non si parla di compiti, per quelli c’è il doposcuola. Solo cose hot». Chi si sottraeva veniva insultato, deriso, «sembri cicciobello», minacciato di bocciatura o anche di arresto paventando l’intervento di un fantomatico fidanzatonelle forze dell’ordine. Venivano «inculcati concetti sessisti, machisti e omofobi», evidenzia la giudice.
La madre del ragazzino abusato nella “saletta” e poi sospeso perché fumava in bagno mette a verbale il drammatico invito rivolto al figlio dalla cuginetta compagna di scuola:«Ti prego, fallo per me.
Non avere vergogna, dillo a tua madre quello che ti ha fatto». Il 12enne ricorda di essersi «sentito immobilizzato» al momento dell’abuso, ma di aver poi trovato la forza di allontanare la donna «perché non volevo». A questo giovanissimo allievo, l’insegnante aveva scritto una lettera che, pur non contenendo riferimenti sessuali, appare alla giudice più come «una lettera d’amore». Il ragazzino invece racconta di essersi sentito «traumatizzato». Poi aggiunge: «Adesso mi sento libero, sto meglio. Spero che finisca presto e che la prof vada in carcere. Se non accadrà, farà lo stesso con altri