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 2025  gennaio 14 Martedì calendario

Biografia di Mohammed Sinwar

Hamas è nelle mani di Sinwar, di nuovo. Non di Yahya, ovviamente, ma di Mohammed. Contrariamente alle previsioni di molti (anche all’interno della stessa organizzazione islamista palestinese), Sinwar junior sta portando avanti l’eredità del fratello, mente del massacro del 7 Ottobre, ucciso a Rafah nell’ottobre scorso. Il minore dei Sinwar (ha 50 anni, dieci anni in meno di Yahya) è diventato il plenipotenziario di Hamas nella Striscia di Gaza: è lui che in queste ore sta decidendo da remoto i negoziati di Doha, perché è lui l’unico a poter garantire la riconsegna dei 98 ostaggi e il rispetto del cessate il fuoco.
Dopo la morte di Yahya Sinwar, la guida politica è passata temporaneamente a un comitato di cinque membri dell’ufficio politico, tra cui Khalil al Hayya, braccio destro dello stragista di Khan Yunis. Di fatto, però, l’uomo col fucile in questo momento è Mohammed Sinwar e la voce di chi combatte è più forte di quella di chi discute nei salotti di Doha e di Istanbul. Oltretutto Mohammed disponedi un’arma che il fratello maggiore non aveva: l’intelligence avversaria ha meno informazioni sul suo conto, perché è stato in una cella israeliana solo per nove mesi a differenza dei venti anni di Yahya Sinwar. Hanno provato ad assassinarlo per sei volte, e per sei volte è sopravvissuto. Sono i due Sinwar che, assieme all’allora capo delle brigate Mohammed Deif, hanno progettato il 7 Ottobre.
«Ora gestisce tutto lui», sostiene il generale israeliano in pensione Amir Avivi, intervistato dal Wall Street Journal. «In questo momento il passo a cui Hamas recupera forze è superiore alle perdite». Non per caso Mohammed Sinwar è in cima allalista israeliana degli obiettivi da eliminare e il governo di Netanyahu è disposto a offrire 300 mila dollari a chiunque dia indicazioni su dove si nasconda. L’ala militare di Hamas è ancora viva e i venti razzi lanciati nelle ultime due settimane da Gaza verso lo Stato ebraico sono lì a dimostrarlo.
Non si può certo affermare che le brigate al Qassam, dopo 15 mesi di bombardamenti, abbiano recuperato la forza che avevano prima del conflitto, quando contavano 30 mila uomini e una ventina di battaglioni: almeno 17 mila miliziani sono stati uccisi, a fronte di una cifra totale di morti che supera le 46.000 unità. Sinwar jr, però, sta reclutando carne fresca, centinaia di giovani a cui promette cibo, aiuti umanitari e cure mediche per la famiglia. Li arruola nei centri di smistamento aiuti e ai funerali.
La tecnica di guerriglia che non permette all’Idf di cantare vittoria è fatta di attacchi hit and run (colpisci e scappa) e di saturazione del terreno con dispositivi esplosivi artigianali attivati dai tunnel attraverso delle telecamere piazzate in ogni angolo urbano. «I jihadisti non hanno bisogno di salire in superficie per combattere», spiega una fonte militare israeliana. «Non li vediamo fisicamente, mentre loro ci individuano anche di notte grazie a delle telecamere termiche di ultima generazione». Il reclutamento non si ferma neppure in queste ore febbrili in cui da Doha arrivano notizie che fanno sperare nella tregua imminente. L’accordo sarà raggiunto solo se e quando Mohammad Sinwar darà l’ok.