il Fatto Quotidiano, 13 gennaio 2025
Guerra del grano. I paradossi di un alimento simbolico in un sistema globalizzato (e ingiusto)
Dal 2008 il mio pane lo produco io: farina e lievitazione tradizionale con pasta madre consumandolo fino all’ultima briciola come mia nonna che, poi, trasformava il pane rinsecchito in pangrattato. Un alimento simbolico che porta con sé tutti i paradossi di un sistema alimentare globalizzato e ingiusto. Quello che mangiamo si è trasformato in prodotto industriale, in molti casi è diventato perfino potenzialmente nocivo per noi. Come il caso del grano: l’intervento genetico che ha subito (nanizzazione) è associato alla modificazione di una frazione del glutine, la “gliadina”, che lo ha reso meno riconoscibile all’organismo e da qui la diffusione di intolleranze.
E chi dice guerra dice fame. Il grano è entrato da subito nel conflitto russo-ucraino. Secondo l’Onu, la guerra ha innescato una crisi che ha spinto 47 milioni di persone verso la “fame acuta”: circa il 50% del grano bloccato nei porti ucraini è destinato a progetti in Africa. L’India, inoltre, sotto la pressione di milioni di contadini eroici, nel 2022 ha vincolato l’esportazione di farine di grano ad autorizzazione governativa. Anche gli eventi climatici estremi influiscono negativamente su produzione e prezzi: sono strettamente legati al modello agricolo industriale monocolturale che prevede altissimi input energetici esterni (come i pesticidi che spesso ritroviamo nella farina). In questo quadro, il grano è considerato una commodity il cui prezzo è determinato nelle grandi Borse merci: Chicago, Parigi e Mumbai. I pacchetti più rilevanti di azioni sono in mano a fondi internazionali proprietari anche delle società produttive con un controllo totale del settore, incluse le retribuzioni minime del lavoro contadino.
Dacci oggi il nostro grano quotidiano che valorizzi l’agrobiodiversità italiana e che racconti le storie di comunità e territori con le loro innumerevoli diversità. Grani autoctoni che in Italia si sono evoluti per secoli: resilienti, meno produttivi magari, ma una concreta opportunità per le aree interne, dove poter costruire filiere indipendenti dalle dinamiche globalizzate. Riuscire a connettere produttori e cittadini e i mulini, capaci di determinare prezzi stabili ed eque retribuzioni (dal grano al pane, il prezzo aumenta di oltre 17 volte). Dacci un pane agricolo frutto di una produzione cerealicola tradizionale.