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 2025  gennaio 12 Domenica calendario

Intervista a Ficarra&Picone

Trenta e passa anni. Sempre insieme. Ficarra & Picone sono pilota e meccanico, attore e suggeritore o protagonista e spalla. Sono attaccante e numero dieci. Sono primo ministro e braccio destro, apparenza e sostanza. Sostanza e sostanza. L’uno per l’altro. Davanti a loro non c’è il “Cencelli” a dettare la linea, a calibrare il riflettore, a misurare la fama, le pose di un set, gli applausi della vita.
In trenta e passa anni hanno costruito la loro tavolozza di colori attoriali, sono diventati tra i pochi (meglio, pochissimi) in grado di tenere alta la “rosa” della commedia italiana. Dove si ride, si piange, si riflette. Ci si indigna. E oggi sono, con Toni Servillo, i protagonisti de L’abbaglio, ultimo film di Roberto Andò, dedicato allo sbarco dei Mille. Alle attese. Alle illusioni. Alle disillusioni. Alle occasioni perse. Ai sogni. Agli abbagli.
Quante interviste in trenta e passa anni?
(Parte una sobria discussione/confronto) Qualche centinaio. No, migliaia.
Però?
(Picone) Diciamoci la verità risale al 2003.
(Ficarra) Anche questa non è una verità.
(P) Neanche al Fatto abbiamo mai detto la verità?
(F) No, specialmente con il Fatto bisogna stare zitti: loro pubblicano tutto!
Domanda più frequente?
(P) Dove vi siete conosciuti. E non se ne può più.
In un villaggio turistico.
(F) Per questo a un certo punto abbiamo iniziato a inventare: ‘durante un safari fotografico’. ‘Sul deltaplano’. ‘Sull’autobus’. E ogni volta restano stupiti: ‘Davvero?’.
(P) Una volta è stata clamorosa: era il periodo di Striscia la notizia e una persona ci chiede: ‘Come siete arrivati alla conduzione?’. Salvo, stanco di questa domanda, risponde: ‘Perché Valentino ha avuto una relazione con Michelle Hunziker’. La persona ci guarda: ‘Questo è meglio se non lo scriviamo’.
(F) A quel punto ho aggiunto: ‘I soliti favori sessuali: uno sta con Antonio Ricci e l’altro purtroppo deve andare con la Hunziker’. Silenzio. E poco dopo la stessa persona: ‘Meglio non dirlo’. Insomma, c’è qualcuno che fino a oggi ha creduto di possedere uno scoop.
Dopo trenta e passa anni di “relazione” si sopravvive anche se si sperimenta. Come con L’abbaglio.
(P) È evidente che il nostro è un matrimonio non consumato: da trentadue anni viviamo negli stessi alberghi, viaggiamo, lavoriamo…
Più che con le vostre mogli o compagne.
(P) Sa più cose lui del mio migliore amico.
Non siete migliori amici.
(F, sorride) No, infatti manteniamo la “&” commerciale perché si capisca il nostro rapporto.
Torniamo all’esplorazione: con L’abbaglio avete confermato delle doti straordinarie.
(F) Questo lo dite voi…
Va bene.
Da sempre proviamo strade diverse, anche inaspettate come per Le Rane di Aristofane, i film con Roberto, o Baaria di Tornatore; (pausa) a noi piace imparare, e quando sei sul set con questi registi è inevitabile acquisire cose che poi ti porti dentro.
E siamo a Dario Fo e al suo “copiare è da coglioni, rubare è da geni”.
(P) Noi rubiamo da sempre.
(F) Anche alle persone comuni per strada o da colleghi come Toni Servillo.
Il primo al quale avete rubato.
(P) Pino Caruso; (ci pensa) anzi, da lui abbiamo mutuato l’esigenza di fuggire dalla banalità.
Con il politically correct è più difficile non risultare banali?
(P) Credo ci sia il sacrosanto diritto alla satira e dopo 15 anni di Striscia siamo un esempio su come si debba scherzare su tutto. Ma è pure vero che cambia la quotidianità e alcune cose ti definiscono.
Esempio.
(P) Nella Sicilia degli anni 80, per scherzare tra ragazzi, quando volevi insultare qualcuno lo definivi “pentito” o “sbirro”. Non c’era la cultura dell’antimafia. Oggi, se lo sento, posso cadere nello stesso cliché, però mi definisco. Il politicamente corretto dipende da te.
La parolaccia?
(P) Stessa storia: è sacrosanta, dipende da chi la usa. Benigni che elenca i 100 modi per dire “cazzo” è sublime, poetico. Se ci provassi io, probabilmente, non funzionerei, risulterei volgare.
(F) Poi ci sono quelli che sono volgari pure da zitti. E in questo caso non mi riferisco ai comici…
Roberto Andò per voi.
(F) Un intellettuale, uno studioso, un uomo che sta attraversando il nostro tempo con uno sguardo mai banale; è un uomo con un vissuto unico, un uomo che si è confrontato con personalità come Coppola o Sciascia, Borsellino o Tornatore.
Il messaggio de L’abbaglio.
(P) Sapere da dove veniamo e che tutte le generazioni hanno avuto un ideale sul quale puntare. Che non bisogna mai perdere la speranza, di credere in qualcosa.
L’abbaglio è anche un’occasione persa.
(P) A me il film lascia un segno d’ottimismo; alla fine, nonostante tutto, nonostante quello che sta accadendo in questi anni, c’è sempre una possibilità, altrimenti non esisterebbe neanche il Fatto.
Nel film prendete gli schiaffoni da Servillo.
(F) E si è pure divertito. Toni è eccezionale, con lui c’è un rapporto importante.
Quando vi siete resi conto di essere degli artisti?
(F) Siamo più artigiani.
Pascal Greggory due giorni fa ha risposto lo stesso citando Éric Rohmer.
(F) Da ignoranti lo diciamo da tempo senza sapere di Rohmer, quindi o Rohmer ci ha sentito e fregato o è un pensiero incredibilmente comune.
(P) Allora siamo manovali.
Quando avete capito di essere dei bravi manovali?
(F) Aggiunge “bravi” ed è una trappola (rivolto a Picone) Ti avevo detto di non parlare con il Fatto…
Cambiamo: cos’è per voi il palcoscenico.
Il luogo del quale devi avere rispetto, un posto dove porti una messa cantata. È un pulpito.
Nel 2007 a Sanremo avete portato un monologo su Don Puglisi, sacerdote ucciso dalla mafia.
Era parte di uno spettacolo e già rappresentava il nostro modo di unire qualcosa di leggero con i lati più profondi; padre Puglisi è stato un eroe nella sua semplicità.
Lei, Picone, lo ha conosciuto.
(P) Sì, e quel monologo lo abbiamo scritto di pancia, in dieci minuti; Pippo Baudo aveva assistito al nostro spettacolo, aveva ascoltato la parte su Don Puglisi, e quando ci ha chiamato per Sanremo ha accettato sia il monologo comico sia l’omaggio. Il giorno dopo Sanremo si è complimentato e lo ricorderemo per sempre.
Stiamo perdendo la memoria della nostra storia?
(F) Oramai non siamo neanche più sulla cronaca.
(P) Siamo allenati solo a muovere il dito sul cellulare. Non c’è spazio per la storia.
(F) Se esistesse la storia tante storie le eviteremmo, non solo tragiche, pure ridicole.
(F) C’era qualcuno che voleva costruire un muro a Reggio Emilia. Ora vuole realizzare un ponte sullo Stretto. C’era qualcuno che non voleva i professori siciliani nella sua Milano. Oggi intende difendere l’Italia.
(P) Oppure ci sono quelli così nostalgici di un’idea da apparire ridicoli; peccato che quell’idea è stata condannata dall’umanità; o ancora che non festeggiano la nostra Carta.
(F) O quelli che non festeggiano il 25 aprile.
(P) Cos’è il 60 per cento delle persone che non va a votare? Un pericolo adolescenziale. E non sono tutti disillusi.
E cosa sono?
(P) In un nostro spettacolo diciamo: ‘Quest’anno ci vai a voltare?’ e l’altro: ‘No, grazie a Dio non mi serve niente’. Molti non vanno perché se ne fregano della società, ma non sanno che le democrazie nel mondo sono pochissime. E vanno difese.
È stata più importante la fortuna di esservi incontrati o la caparbietà di restare insieme? Tra voi c’è una forte affinità civile.
(F) Se non ci fosse questa affinità, ci saremmo già divisi; tra di noi c’è un approccio alla vita molto diverso.
Tipo?
(P) Lui va in vacanza, magari in canoa sulle rapide; io resto a casa sul divano e sono capace di chiedere a qualcuno se mi passa il telecomando; lui manda le foto delle sue imprese; io ad agosto sono in casa con la coperta.
(F) Per me i viaggi sono fondamentali, il massimo del suo spostamento è dalla camera da letto al salotto. Ma abbiamo parlato tanto e riscontrato un comune approccio alla società e alla funzione del comico.
Qual è?
(F) Attraverso una risata parlare del nostro tempo, accendere una luce. Per questo ammiriamo Chaplin o Troisi; è bello pensare che qualcuno, a Hitler, è riuscito a dargli del deficiente.
(P) Hitler, Il grande dittatore, lo ha visto due volte.
F) O Troisi che ha smontato la retorica del “quando c’era lui i treni arrivavano in orario” con “non potevano farlo capostazione?”.
C’è una battuta che vi rende orgogliosi?
(P) Che Vannacci qualcosa di positivo ha combinato: fa apparire intelligente Salvini.
F) Una società che si occupa di Vannacci è malata.
Molti vi paragonano a Franco e Ciccio.
(F) Sono epoche diverse.
(P) In una cosa ci ritroviamo: come a loro, ci adorano i bambini. E ci riempie d’orgoglio.
Il paragone è pure con Sordi e Gassman de La grande guerra.
(F) Possiamo essere solo Ficarra & Picone?
Siamo tutti la sintesi di qualcos’altro.
(P) Sono l’Olimpo e ci turbano questi accostamenti.
I vostri colleghi spesso definiscono la recitazione “un gioco”. Lo è veramente?
(F) È uno sport…
(P) A lui piace giocare a pallone, ma deve sempre vincere.
Rosicone?
(F) È uno sport che si gioca undici contro undici, ma alla fine devo vincere io.
Torniamo allo “sport”.
(F) Il teatro lo è, e si può fare a qualunque età. E si gareggia solo con se stessi, poi c’è chi diventa professionista e chi no.
Girereste una scena di sesso?
(F) Con Picone, no.
(P) Sarei in imbarazzo.
Marinelli ha trovato devastante interpretare Mussolini.
(P) Posso immaginare.
E voi?
(F) Ci sono ruoli che non avrei le capacità di affrontare, anche se quello del cattivo è molto affascinante; ci sono degli abissi che è doloroso toccare.
(P) Il cattivo… non sarei in grado.
I premi come il David dove li tenete?
(P) Io in un box.
Non sono esposti?
(P) Chi entra in casa mia non pensa che sono un attore: ho un quadro dipinto da Francesco Paolantoni, poi un ritratto di Chaplin acquistato all’Ikea e poco altro.
(F) I premi accarezzano l’ego; amo incontrare le persone e sentirmi dire grazie per le risate.
Con il benessere a quale debolezza avete ceduto?
(F) Amo viaggiare.
Non è una debolezza. Una macchina potente?
(F) Ho una 500 pagata mille euro 25 anni fa e una Dune Buggy in omaggio a Bud Spencer e Terence Hill. Appena ha una riga è dal carrozziere.
(P) Il benessere ti permette di scegliere, di dire “no”. Il benessere dà indipendenza di pensiero, restituisce libertà.
Siete “boomer”, vecchi, come dicono i giovani?
(F) No, non ho i social.
Voi chi siete?
Due comici che ancora si fanno affascinare dalle storie.