Corriere della Sera, 12 gennaio 2025
Padre e figlio, la causa sui bozzetti: assolto l’archistar Libeskind
Milano Esce assolto con formula piena dal processo «per non aver commesso il fatto», ma al costo di dover portare in pubblico il dramma privato dei conflitti con il figlio alcolizzato, che in mail di odio e insulti gli minacciava «ho intenzione di farti causa finché non morirai». Daniel Libeskind, 78enne archistar polacco naturalizzato statunitense, progettista della ricostruzione del World Trade Center a New York, è stato assolto dal Tribunale penale di Milano dall’ipotesi di reato di «appropriazione indebita» di 102 bozzetti: quelli che una ingiunzione cautelare del Tribunale civile di Milano nel maggio 2020 gli aveva ordinato di riconsegnare alla società «Libeskind Design srl» del figlio Lev, aperta a Milano nel quadro di un accordo professionale del febbraio 2013. L’accordo prevedeva che il figlio trovasse commesse in giro per il mondo, in cambio del fatto che il padre, ricevendo un fisso di 100 mila euro l’anno e il 10% del fatturato, concedesse alla società del figlio il diritto esclusivo di sfruttare economicamente un elenco di propri schizzi, disegni, progetti. Nel 2016, però, l’intesa si sfascia, secondo il figlio perché il padre puntava a rubargli le commesse. Al contrario, nella prospettazione del padre e madre di Lev quel contratto era solo un modo per aiutare il figlio a tirarsi fuori da alcol e droga, infrantosi nel fatto che il giovane fosse presto diventato inaffidabile sul lavoro, presentandosi ubriaco agli appuntamenti. Tutte storie, eccepisce l’avvocato di parte civile del figlio Lev, Massimo Longo, additando i 100 mila euro l’anno che il padre incassava dall’accordo con il figlio. Compenso irrisorio per uno come Libeskind, ribatte la difesa, un modo del padre di responsabilizzare con impegni e scadenze il figlio nel tentativo di dargli fiducia oltre che 500 mila euro in affitti e regali in due anni. Fatto sta che l’11 maggio 2020 il figlio, lamentando danni e mancati guadagni per 7 milioni, aveva ottenuto dal Tribunale civile di Milano una ingiunzione al padre di restituire al figlio i 102 bozzetti, e nell’ottobre 2023 in sede penale il rinvio a giudizio di Libeskind senior per appropriazione indebita. Al processo, però, la difesa del padre contesta alla parte civile del figlio di non aver mai provato che Libeskind avesse il possesso materiale dei bozzetti, anzi il difensore Giuseppe Iannaccone dimostra con una serie di mail che almeno 53 dei 102 bozzetti non erano nella disponibilità di Libeskind padre, e 16 erano persino proprio negli uffici milanesi della società del figlio. E gli altri riconsegnati dal padre solo tardivamente? Colpa – afferma Libeskind – del lockdown Covid a New York, che per parecchie settimane aveva tenuto lui, la moglie e tutto il personale fuori dal proprio studio. Poi, quando aveva potuto cominciare le ricerche, «non avevo idea dove fossero gli schizzi, li avevo fatti molti anni prima, e nella mia vita ne ho prodotti centinaia di migliaia» anche su tovaglioli del bar, su fogli di bloc notes, sul retro di biglietti aerei, anche sull’Ipad. Da qui la consegna solo a novembre 2020 al figlio, che promosse lo stesso la denuncia penale. E che ora, con l’avvocato Longo in attesa delle motivazioni del giudice monocratico Mario Morra, valorizza comunque il versante civilistico, dove sinora in primo grado il padre è stato condannato a consegnargli i bozzetti e diffidato dal realizzare atti di concorrenza sleale sui clienti del figlio. «La sentenza penale su Daniel Libeskind – commenta il suo difensore Iannaccone – è l’assoluzione di un uomo buono e un padre generoso».