Corriere della Sera, 12 gennaio 2025
I 50 di Renzi
FIRENZE La «fase dell’affettatrice», regalo dei parlamentari di Italia viva per il 50esimo compleanno, succede alla «fase zen»: «Ora basta mangiare fango e sputare miele», giura Matteo Renzi. Sale danzando sul palco del teatro Cartiere Carrara di Firenze sulle note di Forever Young suonate dal sassofonista turco, Fuat Sunay, davanti a 2.000 persone tra iscritti al partito, simpatizzanti e amici. In mezzo ai tanti tavoli apparecchiati comincia col mettere nel mirino la premier Meloni, rea di avergli preparato «nottetempo» lo scherzetto della norma ad personam che gli taglia la consulenza saudita. «Cara Giorgia, non ci metti a cuccia. Non sei la più forte. Sono gli altri che non sono uniti. Hai solo realizzato un canile in Albania».
In platea anche il padre Tiziano, i tre figli Ester, Francesco ed Emanuele, e la moglie Agnese che si commuove quando Matteo la ringrazia: «Di questi 50 anni, trenta li abbiamo vissuti insieme. Gli anni di palazzo Chigi sono stati faticosi, di combattimento silenzioso. Ho fatto la first lady con lo spirito di servizio ma ora vivo bene nella semplicità quotidiana».
Ma gli altri doni di Boschi, Fregolent, Paita e company? Oltre all’affettatrice rossa Berkel, quella manuale in uso agli chef professionisti, alcuni tra i migliori prosciutti di Parma; una maglietta nera con la data dell’assoluzione nel «processo Open» accompagnata dalla scritta «il tempo è galantuomo»; un album con le foto più belle del percorso da boy scout a Palazzo Chigi con trascritti i versi del poeta Franco Arminio: «La vede solo chi ci ama la bandiera che ci sventola nel viso, la verità per cui lottiamo, il sogno ancora non ucciso».
L’ex premier festeggia mezzo secolo in versione casual: camicia a righe bianche e blu, maniche tirate su, senza cravatta e pantaloni bianchi. «È un giorno di letizia e gratitudine», attacca poggiando i gomiti sul podio dove campeggia «nEXt, Matteo Renzi – 50 anni». Parte con un’ora di ritardo per attendere (invano) iscritti a Italia viva e giornalisti sui treni bloccati a Milano. Da boy scout a Palazzo Chigi, inizia a raccontare la sua vita da rottamatore: «Sono nato nel 1975, c’era la riforma della Rai, finiva la guerra del Vietnam, a Firenze si girava Amici miei. Ma cosa ricorderemo del 2025? Se ci andrà bene, la fine della guerra in Ucraina oppure se ci andrà male racconteremo la disfatta di Groenlandia e Panama». Parla a braccio, come da par suo. Prova a muoversi da quel 2,5% che lo inchioda. Passa da Tony Blair a Pichetto Fratin. «E a La Russa dico che le conferenze le faccio gratis se voglio». Dopo questo «affronto» riparte con la politica e si dà due anni di tempo per organizzare un centro che guarda a sinistra. Poi cita Arianna Meloni. «In Italia e in Corea del Nord c’è il capo del governo con la sorella che si occupa del partito, ora noi non aggrediamo le famiglie ma si sappia che la fase zen in cui noi mangiamo fango e sputiamo miele è finita, se volete parlare di case parleremo di case, se volete parlare di soldi parleremo di soldi, se volete parlare di politica è una novità e quindi noi siamo tornati in campo». Riferimenti a case e soldi che promette spiegherà meglio in un nuovo libro: L’influencer (però con la r che guarda a sinistra). Un fiume in piena: annuncia una nuova Leopolda ad ottobre e si toglie qualche sassolino dalle sneakers scagliandolo contro il procuratore Luca Turco che lo avrebbe «aggredito» con sei anni di indagini «farlocche e vergognose». Applausi e via alla festa: musica, karaoke e pappa al pomodoro.
Ma il vero party è qualche ora e chilometro più in là. A Viareggio, dentro le sale del prestigioso Grand Hotel Principe Di Piemonte, c’è posto per 260 invitati, tra cui lo stilista Toni Scervino, l’ad di Algebris Davide Serra, Pier Ferdinando Casini e Francesca Campana Comparini (senza il marito Marco Carrai). Ad ascoltare la musica del gruppo «Anema e core» di Capri mezzo governo Renzi: Alfano, Boschi, Franceschini, Madia, Orlando, Pinotti e Poletti. Assente Carlo Calenda. «Chiedetevi perché?», scherza l’ex ministro Luca Lotti. «Anch’io avevo litigato? L’amicizia rimane sempre». E se a teatro per la pappa al pomodoro Renzi a suo dire aveva usato i soldi della condanna del direttore de Il Fatto quotidiano («Ringraziate Marco Travaglio»), per i piatti a due stelle Michelin dello chef Giuseppe Mancino del 5 stelle lusso fronte mare per i più maliziosi avrà dato fondo agli ultimi bonifici del principe Bin Salman.