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 2025  gennaio 11 Sabato calendario

Intervista a Corrado Guzzanti

«Sono psicologo delle donne, è la sabbia che non ti piace. Tutti quei granelli che entrano ovunque. Ma noi facciamo una spianata di cemento e le scalette fino al mare» dice l’ineffabile sindaco Paolo Pasquali (Corrado Guzzanti) a Susanita (Glaucia Paola Virdione), con cui progetta di aprire un ristorantino sulla spiaggia. Pavido, si chiude nell’armadio per non pagare l’artista che ha realizzato la scultura di Orietta Berti e liquida il tecnico della stampante che gli fa notare «di non aver premuto il tasto “on”». «Ce lo potevano anche scrivere».Fuoriclasse in qualsiasi ruolo, Guzzanti torna nella serie I delitti del BarLume diretta da Roan Johnson e Milena Cocozza, ispirata ai libri di Marco Malvaldi (Sellerio): tre nuovi episodi in onda il 13, il 20 e il 27 gennaio su Sky Cinema e in streaming su Now. Con lui, tra gli altri, Filippo Timi, Lucia Mascino, Stefano Fresi, Alessandro Benvenuti. «Pasquali vive una storia d’amore, senza tradire il personaggio».Amore è una parola grossa, aiuta Susanita in cambio del sesso, la stende sul divano.«Lui è quello che è, un profittatore. Mi sono vergognato come un ladro a girare certe scene». Nel biglietto da visita si definisce Podestà di Pineta.«Voglio incorniciarlo, richiama Fascisti su Marte; in effetti è un po’ un marziano sull’isola d’Elba. Pasquali è un italiano medio ispirato ad Alberto Sordi, un omaggio al Bepi di Venezia, la luna e tu di Dino Risi. Come politico è abbastanza moderno: non è intelligente ma ha un grosso istinto. È opportunista e non fa nulla per nasconderlo, è più nobile di altri».Per rivederla bisogna aspettare I delitti del BarLume. Ogni volta dice: “Sto scrivendo”. Ha finito?«“Sto lavorando su vari fronti” è ancora buona come scusa. Invece di fare un buco da 4 metri, ne faccio 4 da uno: butto giù idee per una serie, un film, uno spettacolo teatrale e scrivo racconti».Cosa la fa ridere?«Per ridere, mi devono sorprendere. Anche per deformazione professionale so come vanno a finire certi sketch. E ho scoperto che il pubblico ride per i dettagli. Mi dicono: “In Boris mi sganascio dalle risate quando ti parlano e tu ti gratti l’orecchio”. Vai a capire».Sente nostalgia della satira?«Sì. Maurizio Crozza è bravo. Ma per me non è più una cosa così eccitante, non farei salti di gioia se dovessi imitare Sangiuliano o Valditara. Prima avevi giganti da buttare giù».Ha ironizzato spesso sulla sinistra snob. La trova migliorata?«Si porta dietro vizi di cui questa generazione di leader non si libererà. Un po’ di snobismo è anche giustificato, tutti pensiamo di non esserlo ma risultiamo snob agli occhi di qualcuno. Ricordo quando imitavo Gianfranco Funari e, rispetto al discorso sulla volgarità, mi scuso per il linguaggio, gli facevo dire: “La volgarità non è oggettiva, è nell’occhio di chi scureggia”».Un consiglio a Elly Schlein?«Oddio. Gli altri comunicano in modo più semplice e diretto rispetto alla sinistra. Schlein arriva più sghemba, ma ripensando a come è partita mi sembra disposta a correggersi. A volte le priorità ideali devono venire dopo quelle reali, penso all’economia e al lavoro».Il legame con suo padre e le sue sorelle?«Papà lo sento regolarmente, i miei genitori cominciano ad avere un po’ di acciacchi. Lui è un vecchio leone, il cervello è sempre affilato, mi piace leggerlo. Il rapporto con Sabina e Caterina è ottimo, purtroppo ci vediamo poco».È cresciuto con il senso della famiglia?«Con l’idea per cui, appena si può, devi scappare a gambe levate. Se non subito, cinque minuti dopo. Ma al dilà della forma, i rapporti esistono».Faceva l’autore, com’è stato il passaggio davanti alle telecamere?«Sono riservato ma fare l’attore mi piace. Però non sono tagliato per la socialità, che nel mio mestiere vuol dire intrattenere rapporti anche con persone non esaltanti».È sempre perfezionista eipercritico?«Quello è un regalo di mamma e papà, non è colpa mia. Se scrivo un testo buono so che potrebbe migliorare e continuo a lavorarci all’infinito. Me lo devono strappare di mano. Come con i compiti in classe».Che rapporto ha con i social?«Molto prudente. Li tengo per scambiare qualche idea, come vetrina, ma non parlo mai di politica. Sul profilo Instagram riposto vecchie cose, e accontento le richieste: “Ci rimetti Vulvia col ghepardo?”».Il 17 maggio compirà 60 anni: pesano?«Mentalmente no, sono rimasto un ragazzaccio. Ho molti amici che sono sulla stessa soglia, per il compleanno faremo un festone. Cose che si dicono, ma non si fanno mai. Oggi sono meno arrabbiato, non vivo più le emozioni forti come quando avevo 30 o 40 anni. Elimino la rabbia inutile, una notizia non mi rovina la giornata. Impari a lasciare andare, con esercizi di autodistrazione».Ha fatto analisi?«Per cinque anni. Non c’erano più i freudiani sul divanetto. Ma in quel momento mi ha aiutato: mi sono guardato da sopra, da sotto, di lato».Rimpianti?«Mi dispiace non avere figli. Ho avuto molte fidanzate ma non mi sono mai trovato nella condizione di dire: ora ci costruiamo la casetta. Erano sempre situazioni con qualcosa di volatile e di incerto, era anche il loro bello. Poi ho il rimpianto di non aver fatto di più. Però se penso alla carriera di Camilleri mi rincuoro».Non sarà che in fondo è pigro?«Posso avvitarmi su una cosa e incagliarmi. Mi fermo una settimana per decidere se ci vuole il punto e virgola e in un giorno scrivo 30 pagine. Quelo, per esempio, è nato in tempi fulminanti».Con chi vorrebbe lavorare?«Con Elio Germano, Luca Marinelli e tanti altri. Mi piacerebbe fare cinema, purtroppo mi chiedono sempre di fare gustosi camei e niente di più. Vorrei avere più occasioni, ma è difficile. Qualunque cosa faccia sarò sempre Vulvia e Quelo, anche se mi metto a scrivere poesie in tedesco».