La Stampa, 9 gennaio 2025
Quando eravamo Hollywood
«Ma perché nessuno mi ha detto che mi sarei visto in versione doppiata?». È un Marlon Brando furioso il giovane che, nel buio della sala dove hanno appena cominciato a proiettare la prima italiana di Fronte del porto, si alza di scatto dalla sua poltroncina e se ne va, inseguito dal suo agente. L’anno è il 1954, l’attore è già una star e quel film gli varrà un Oscar, ma sentirsi con un’altra voce è troppo, così sbrocca malamente e scappa via. Ci vorrà tutta la buona volontà dell’agente per riportarlo nel cinema prima che si riaccendano le luci, rimediando a un incidente più che imbarazzante. Solo uno dei tanti retroscena di un’epoca lontana, quando Roma era la Hollywood sul Tevere del titolo del libro, uscito solo in Italia nel 1982 e ripubblicato in questi giorni in inglese da Sticking Place Books.L’editore, riporta il quotidiano britannico The Guardian, è andato a ripescare il libro di memorie di Hank Kaufmann e Gene Lerner, coppia di americani trapiantati nella Capitale dal ’53 e divenuti col tempo amici, confidenti, persino agenti dello star system hollywoodiano pronto a perdersi fra gioie e dolori della dolce vita. Tornando all’episodio di Brando, i problemi erano cominciati fin dal suo arrivo al cinema romano della première: gli autori raccontano che furono loro stessi ad accompagnarlo in una Cadillac nera e che, appena sceso, l’attore si trovò del tutto impreparato di fronte all’isteria di una folla in tumulto, pronta a sommergerlo all’uscita dall’auto. Una volta in sala, eccolo seduto di fianco a una diciannovenne, splendida Sophia Loren cui Brando riesce a rivolgere solo qualche occhiata e poche parole imbarazzate. Infine lo choc del doppiaggio, con Brando fuori di sé a ripetere che lui era un attore e non uno stupido ventriloquo, e se potevano mai immaginarsi cosa significava sentire uscire la voce di un altro dalla propria bocca, come se fosse un «maledetto freak in uno spettacolo di seconda categoria». Solo grazie ai buoni consigli di Lerner e forse a qualche drink in un bar vicino, dove erano riusciti a farlo fermare, la star venne ricondotta alla ragione e convinta a tornare indietro: gli argomenti dell’agente erano semplici e inoppugnabili, i giornali si sarebbero concentrati sulla sua fuga, sostenuto che disconosceva la sua stessa opera e avrebbero ignorato il film. Un guaio mediatico. E così Brando riguadagnò il suo posto in sala cinque minuti prima dei titoli di coda, giusto il tempo per l’ovazione e la pioggia di “bravo” sul protagonista di Fronte del porto.Quello dell’attore trentenne, colto nel momento del suo balzo nevrotico nella celebrità mondiale, è solo uno dei ritratti disegnati dietro le quinte dalla coppia di autori: Ava Gardner, Anita Ekberg, Simone Signoret, Shelley Winters, e insieme a loro i protagonisti italiani di una stagione irripetibile che Fellini avrebbe immortalato nel suo capolavoro, ruotano nel loro racconto dando corpo alle foto dei paparazzi di allora, fra amori clandestini e scandali da rotocalco. Kaufmanne e Lerner ricordano la Gardner e la sua relazione tempestosa col nostro Walter Chiari, la reazione furiosa dell’attrice davanti ai suoi rapporti problematici con la cocaina, la richiesta disperata ai suoi amici di «fare qualcosa». Riecheggia la decadenza di Hollywood Babilonia, il famoso libro sugli eccessi e le bassezze del mondo del cinema americano della Golden Age, anche nella confidenza di Anita Ekberg alle prese con la richiesta di un regista che vorrebbe incontrarla: «Che cos’è, un altro di quella specie che vuole solo il mio corpo?». Alla notizia che Sean Connery, di cui era innamorata, avrebbe sposato Diane Cilento, l’attrice svedese viene descritta come devastata, perché era a lei che lo 007 più famoso di sempre aveva chiesto di convolare a nozze. La disillusione verso il genere maschile è totale: «Gli uomini se ne approfittano. Poi quando arriva il vero amore vengo sempre ingannata».Gli autori del memoir raccolgono cocci di cuori infranti così come i sentimenti feriti delle star amiche: Shelley Winters sorprende il marito Vittorio Gassman con un’altra attrice in un camerino e scoppia in una crisi di «gelosia violenta», spaccando tutti gli specchi contro i muri della stanza. Per puro caso nessuno si ferisce. Lo sguardo indiscreto del libro puntato sulle debolezze dei protagonisti dell’Hollywood sul Tevere riporta in primo piano l’amarezza della Dolce Vita di Fellini. Vite reali dietro la finzione luccicante di un cinema dove, prima o poi, si riaccendono le luci.