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 2025  gennaio 09 Giovedì calendario

Intervista a Milena Vukotic

In Diamanti, inatteso campione d’incassi italiano nei giorni delle Feste, Milena Vukotic è la zia delle protagoniste Luisa Ranieri e Jasmine Trinca: vivace, civettuola e molto saggia, poche scene ma indimenticabile nel gran coro di attrici che compongono l’affresco femminile di Ferzan Ozpetek. Tra tutte è la più grande per età, ma certo non le daresti mai i 90 anni che si appresta a compiere: nata nel 1935, li affronta con invidiabile freschezza, brillante e vivace come quella zia cinematografica. Protagonista per 60 anni del nostro cinema, lo ha alternato alla tv (clamorosa la sua partecipazione a 85 anni a Ballando con le stelle) e a tanto teatro. Anche ora: da domani sarà a Milano, dove al Franco Parenti conclude una lunga tournée teatrale: 3 stagioni e centinaia di tappe con Così è (se vi pare).Cosmopolita, nata a Roma ma cresciuta girovaga per via del mestiere del padre, madre pianista, si ferma a Parigi per studiare danza classica. Ma quando la carriera sulle punte pare lanciata, viene folgorata sulla via del cinema: torna a Roma e ricomincia da zero. O meglio, come ci racconta, ricomincia da Fellini.Per via de La strada, il film che le ha cambiato la vita?
«Lo vidi e ne fui folgorata, sì. Toccò punti che avevo dentro senza esserne ben cosciente: la voglia di spaziare altrove. Lasciai tutto a 25 anni e mi trasferii a Roma. Cominciare da Fellini fu però un caso: perché a Roma, dove non conoscevo nessuno, tramite amici di amici di mamma, ebbi una lettera di presentazione per lui. Andai, vestita e pettinata a puntino, emozionata il giusto (la lettera mi scordai di dargliela): ricordo la confusione nel suo ufficio, lui che con un buffetto mi scompiglia i capelli, e mi manda a fare delle foto: davanti, di profilo, come ai carcerati! Mi diede una particina in Boccaccio 70, poi sarebbero venuti Giulietta degli Spiriti e Toby Dammit».
Cinematograficamente parlando, lei non era certo il suo tipo. O no?
«Non ero il tipo del cinema italiano in generale, che le attrici le voleva maggiorate e bellissime. E infatti Renato Castellani, senza mezzi giri, mi disse di rinunciare. “Per fare il cinema bisogna essere o bellissime o con una grande personalità. Lei non ha nessuna delle due. Le consiglio di cambiare lavoro”. Anni dopo mi avrebbe presa per un bel ruolo nel suo Verdi televisivo: chissà se si ricordava di quell’incontro. Io certo non gliene parlai».
Chi altro ha amato tra i registi con cui ha lavorato?
«Don Luis, ossia Buñuel. Ironico, intelligente, gioviale e gentile. Amava tutti i membri della sua troupe, in realtà: si ricordava degli esordi quando aveva fatto di tutto per raggiungere il suo sogno restando fedele a sé stesso. Con lui ho fatto tre film entrati nella storia del cinema: Il fascino discreto della borghesia, Il fantasma della libertà e il suo ultimo Quell’oscuro oggetto del desiderio. Un genio. Mi prese senza provino: voleva un’attrice italiana per il ruolo di una giovane cameriera e gli bastarono alcune foto e poco più. Ricordo che prima di partire lo dissi a Fellini, che mi chiese di salutarglielo “Ma quanti anni ha?”, aggiunse. Arrivata a Parigi lo feci, Buñuel ricambiò. “Ma quanti anni ha Fellini?”. Lo trovai molto divertente».
E Monicelli, con cui ha fatto Amici miei"1 e 2, burbero e cinico come si dice?
«Più che altro di poche parole. Dietro però sentivi un calore nascosto. Come Villaggio, un altro che amava apparire in un modo ma sentivi che era altro. Con lui, quante ore passate sul set, in pausa tra una scena e l’altra, a parlare insieme...».
Con lui ha fatto una decina di Fantozzi...«E una Locandiera con Celentano e Claudia Mori»Tanto che per gli italiani lei è diventata la signora Pina, moglie del mitico ragioniere. Non le dispiaceva che questo mettesse in ombra una carriera fatta di 150 film, decine di sceneggiati tv e altrettanto teatro?
«Lo ero anche per la loro cameriera, se è per questo. "C’è la moglie di suo marito”, mi annunciò una volta che andai a casa sua. Poi per un po’ di anni sono stata per tutti la nonna Enrica di Un medico in famiglia. E ora tutti mi fanno per complimentarsi per Diamanti. I cliché si superano».
Lei ha sempre mescolato il cinema d’autore e quello più popolare: ha fatti nello stesso anno Nostalghia di Tarkovskij e Occhio malocchio prezzemolo e finocchio, e pure in tv è passata da Le anime morte a Giamburrasca. Si rende conto che è stata tra le poche?«Ho fatto anche I tre moschettieri con Paolo Poli: è stato un grande artista e un amico vero, un punto fermo per me».
La conferma di quello che dicevo...
«Mi è sempre piaciuto cambiare. Noi attori siamo maschere, giochiamo con fisionomie e ruoli diversi. Io non sono mai stata la bellona (una condanna: devi esserlo sempre e per sempre). Anzi mi direi piuttosto una bruttina (in qualche film bruttissima!): mi è stata più facile questa alternanza. Con il tempo poi ho pure imparato a valorizzarmi con il trucco, anche aiutata dal mio fisico reso agile dalla danza. La bellezza è effimera. Ma anche la bruttezza (ride)».
E infatti – colpo di scena – apparì in copertina su Playboy nel 1976. Nessun contraccolpo?
«Ricevetti molte critiche da amici e colleghi. La cosa nacque quasi per caso e non mi portò nessun guadagno: Angelo Frontoni propose “Ti fanno sempre brutta, fatti fotografare da me e dimostra il contrario”. Mi trasformò. Le mostrò al giornale e gli chiesero di pubblicarle. Io accettai ma a patto che quel servizio avesse un senso e fosse accompagnato da un testo (lo scrisse Blasetti) su bellezza e bruttezza. E qualche foto di “Venga a prendere un caffè...da noi” dove ero un vero emblema di bruttezza».
Quest’anno, dopo tante nomination, le hanno finalmente assegnato il David alla carriera. Cosa significa a questo punto della carriera?
«Me l’hanno dato e ancora un po’ me ne stupisco. Non è solo per il prestigio: è un bel riscontro che nella tua carriera qualcosa di importante lo hai fatto».
Un grande passato dietro le spalle. E il futuro?
«Pieno anche quello. Dopo Pirandello tornerò a Milano a fine gennaio sempre al Parenti per la ripresa di un mio monologo Milena ovvero Émilie du Châtelet su una donna scienziato vissuta nel XVIII secolo, per la regia di Maurizio Nichetti (sì, è un altro che ho ritrovato, tanti anni dopo aver fatto con lui Stefano Quantestorie). E intanto inizierò le prove di Lezione d’amore. Sinfonia di un incontro di Andrée Ruth Shammah, ispirato al romanzo Madame Pylinska e il segreto di Chopin di Éric-Emmanuel Schmitt: il debutto sarà il 23 aprile, proprio il giorno del mio novantesimo compleanno».