Anteprima, 5 dicembre 2024
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Biografia di Eugenio Borgna
Eugenio Borgna (1930-2024), psichiatra piemontese. «Primario del reparto di psichiatria dell’Ospedale di Pavia, quindi, dal 1963, direttore del servizio psichiatrico dell’Ospedale Maggiore di Novara, a lungo docente anche a Milano, ha inaugurato un filone originale di vicinanza e cura ai pazienti mentali, una sorta di psichiatria dell’interiorità in cui anche arte, filosofia e letteratura possono servire per spiegare e alleviare la sofferenza del paziente. Sostenitore della riforma Basaglia, è stato tra i primi specialisti in Italia, come direttore del reparto femminile dell’Ospedale psichiatrico di Novara, ad eliminare ogni forma di coercizione. […] Affabile con tutti, cordiale, sorridente, era solito passeggiare lungo le vie della sua cittadina [Borgomanero, in provincia di Novara, ndr] con un libro davanti agli occhi e una mazzetta di giornali sotto il braccio. […] A metà degli anni Settanta aveva accettato di impegnarsi nell’amministrazione comunale, ed era diventato prima consigliere poi sindaco di Borgomanero. […] I cronisti locali, chi scrive era tra quelli, ricordano i suoi lunghi e complessi interventi in consiglio comunale, con citazioni che andavano da Kafka a Rilke, da Etty Hillesum a Karl Popper. I “colleghi” di maggioranza e opposizione ascoltavano in silenzio rispettoso, qualcuno per dovere d’ufficio e forse per l’impossibilità di imbastire una qualsivoglia replica, altri contenti che una noiosa seduta serale si potesse trasformare nell’occasione di imparare qualcosa. […] Per lui l’interpretazione naturalistica delle patologie mentali, secondo cui le cause della sofferenza sono da ricercare nel malfunzionamento dei centri cerebrali, riusciva a cogliere solo un aspetto del problema. E, di conseguenza, si diceva convinto che la cura non potesse avvenire solo con farmaci né, tantomeno, con altre terapie invasive. Non accettava però neppure di essere definito un esponente della cosiddetta “antipsichiatria”. La sua prassi clinica era fondata sul dialogo e sul confronto “culturale” con il paziente, anzi con le pazienti, quelle che anche dopo aver abbandonato la direzione dell’ospedale psichiatrico, non smettevano di cercarlo e di andarlo a trovare. E lui non sapeva sottrarsi: “Ho studiato a lungo la psiche femminile – raccontava – ho accolto la sofferenza di tante donne e posso dire di essere più adatto ad assistere e a confortare la solitudine di un’anima femminile rispetto a una maschile”» [Moia, Avvenire].
[L’ultima intervista al Corriere in Terza Pagina]