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 2024  dicembre 10 Martedì calendario

Biografia di Gianni Morandi

Gianni Morandi , nato a Monghidoro (Bologna) 11 dicembre 1944 (80 anni). Cantante. Attore. «Povero e ricco, vincitore e sconfitto, spaccone e dubbioso, Gianni è italiano perfetto, colonna sonora perfetta, anche se i cento all’ora fanno ridere, la fisarmonica non la suona più nessuno e se la mamma ti manda a comprare il latte ti spari i soldi in qualche porcata di videogioco. È stato a un passo dalla macchietta, Morandi, alla ripetizione infinita, al grottesco del fare a sessant’anni quello che facevi a venti» (Stefano Di Michele).
Titoli di testa «Il successo non coincide quasi mai con la felicità».
Vita Qual è il suo primo ricordo? «I veglioni di Capodanno del dopoguerra. La sera i grandi ballavano, al mattino noi piccoli passavamo nelle case a fare gli auguri e ricevere cinque lire di mancia». Suo papà Renato era ciabattino e comunista. «Io ho la quinta elementare. Non c’erano scuole medie a Monghidoro, ma il babbo disse: ti insegno io, se no diventi un ligirot, un teppistello. Il pomeriggio lavoravo in bottega, e il mattino mi dava i compiti. Le letture. A voce alta». Quali? «I giornali del partito, che lui diffondeva: Rinascita, La Lotta, Avanguardia, Vie Nuove, Noi donne. E l’Unità: almeno cinque metri di lettura al giorno. Poi i libri: Il capitale di Marx, Un passo avanti e due indietro di Lenin, Storia del partito comunista dell’Urss di Stalin... Non ci capivo niente». Il babbo era un uomo severo. «Ma giusto. Una volta litigai con il figlio di un democristiano, lo bagnai tutto, e lui mi picchiò con lo sparadello». Con cosa? «Lo sparadello serve per legare la suola alla tomaia. Il babbo lo teneva a mollo per averlo sempre umido: sulle gambe nude era dolorosissimo. Però lui non voleva che litigassi con i figli degli avversari politici. Con il macellaio missino neppure si salutavano. A fare la spesa andavo io: un etto di macinato e sette etti di pasta. Con i soldi contati: 275 lire». E sua mamma Clara? «Faceva la lavandaia. La ricordo d’inverno spaccare il ghiaccio della pozza del Comune, per lavare gli “american stracci”, i jeans e i giubbotti che poi vendeva al mercato di Bologna. Leggeva Grand Hotel, Sogno e Luna Park di nascosto dal babbo, che non voleva» [ad Aldo Cazzullo, Cds] • «La domenica pomeriggio, cantava durante gli intervalli tra un film e l’altro nel cinema del paese natale, e poi riprendeva a vendere noccioline e caramelle, tanto per arrotondare le entrate. Andò in giro con un complessino per le balere di campagna, venti canzoni per sera a mille lire, e lui s’arrangiava anche con la chitarra e la batteria. Aveva quattordici anni e mezzo, si esibiva alla periferia di Bologna, quando la maestra che dirigeva il complessino gli consigliò il ritorno a Monghidoro: stava cambiando voce, non aveva un futuro. Previsione sbagliata» [Oreste Del Buono] • «Mi davano 500 lire a concerto, più la cena. La domenica cantavo sia il pomeriggio sia la sera. Il giorno più brutto era il lunedì, quando tornavo a casa. Andavo in banca a versare 2 mila lire, sul libretto al portatore che mi aveva aperto il babbo, che da me non voleva soldi» [a Cazzulo, cit.] • «Finché una sera lo notò un certo Leonetti, arbitro di pugilato e a tempo libero cacciatore di talenti di ogni genere. Leonetti possedeva qualche juke-box, aveva relazioni e rapporti con case discografiche, ottenne per il ragazzo di Monghidoro un provino alla Rca, a Roma. E Morandino andò in città quasi più alla cieca di come ci andava Moraldino, nel finale dei Vitelloni di Fellini» [Del Buono, cit.] • «Avevo tre canzoni: Il cane di stoffa di Pino Donaggio, Non arrossire di Gaber, Non esiste l’amor di Celentano. Mi dissero: le faremo sapere; e sparirono». Ma per la Rca lei incise Andavo a cento all’ora. «Il ritornello l’aveva scritto un minatore emigrato in Belgio: “Andavo a cento all’ora per trovar la bimba mia, tantatanta...”. Però c’era solo quello. Il resto lo scrisse Franco Migliacci, l’autore di Volare con Modugno. È una storia incredibile, che dimostra quanto sono fortunato. I nastri Geloso con i provini erano accatastati in alto, ne cade uno, si attorciglia attorno alle gambe di Migliacci, cui pare un segno del destino. Lo ascolta. “Di chi è questa voce?” chiede. “Di quel ragazzino tutto storto di Bologna...”. “Facciamola cantare a lui”» [a Cazzullo, cit.]. E da allora Gianni iniziò la sua ascesa» [Del Buono, cit.] • «Per me era tutto un grandissimo gioco, mi buttavo in tutto quello che arrivava, era una festa, era facile, senza nemmeno esserne consapevole. Ogni tanto vedo i filmati dell’epoca, il Cantagiro, questa carovana che partiva nel 1964, girava l’Italia con la Fiat scoperta, con migliaia di persone che ti seguivano, in un’Italia agricola, provinciale, arrivavi, ti aspettavano migliaia di persone. Però nel ’68 già apparivano i cartelli: “Andate a lavorare”» [a Francesco Piccolo, La Lettura] • I «musicarelli». «Mi presentarono l’attrice che mi avrebbe affiancato: era Laura Efrikian. Ci innamorammo». Marco Bellocchio la voleva come protagonista de I pugni in tasca. «Adoravo il cinema da quando vendevo caramelle e semi di zucca nelle sale, e sbirciavo gli attori americani. Avevo anche cantato una canzone orribile, Penelope, in un film con Totò, Totò sexy. Poi arrivò Bellocchio, mi mostrò una serie di disegni fatti da lui, con tutte le scene del film, fino all’ultima, quando il protagonista ammazza la madre. Volevo accettare, ma Migliacci me lo impedì: “Tu sei matto! Gianni Morandi che ammazza la mamma?!”» [a Cazzullo, cit.] • «Nell’Italia del boom la straripante energia di Morandi unita alla simpatia hanno presa immediata. Il cantante segna gli anni Sessanta con una raffica di successi: Fatti mandare dalla mamma, In ginocchio da te, Non son degno di te, Se non avessi più te, La fisarmonica, Un mondo d’amore [Del Buono, cit.] • Lucio Dalla come l’ha conosciuto? «Nel 1963, al teatro greco di Taormina. C’era questo ragazzo con il barbone che suonava il clarinetto nei Flippers. Parliamo e scopro che è tifoso del Bologna, come me. Diventiamo amici, giriamo l’Italia per vedere le partite: una domenica al Dall’Ara in curva, quella dopo a Roma, Milano, Bergamo... Finisce che vinciamo lo scudetto, nello spareggio con la Grande Inter». Si disse che Dalla fosse innamorato di lei. «Non la metterei così. È stata un’amicizia fraterna, come si può essere amici con un genio. Fu lui a farmi cambiare modo di cantare: “Guarda che non c’è solo Claudio Villa, c’è anche Ray Charles...” […]». All’apice del successo lei partì militare. «Per due anni mi avevano fatto rivedibile per insufficienza toracica, ma nel febbraio 1967 dovetti arruolarmi: lo Stato non poteva favorire un cantante. Fu un bel periodo: in caserma finalmente stavo con i miei coetanei. Un po’ soffrivo: quell’anno esplosero Al Bano con Nel sole, Little Tony con Cuore matto, Fausto Leali con A chi; e io a fare marce, flessioni, guardie...» [Cazzullo, cit.] • Fotogenico e ragazzone, in tv Morandi sfonda il video. E non scandalizza l’Italia benpensante nemmeno quando canta educato C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones e punta l’indice contro la guerra nel Vietnam. Ma il vento gira. E negli anni Settanta, anni di piombo, Morandi si scopre superato. La goccia che fa traboccare quando si esibisce prima di un concerto dei Led Zeppelin [Oreste Del Buono] • Nessuno si rese conto che erano quattro giorni che arrivava gente da tutta Italia perché c’erano i Led Zeppelin. E a un certo punto viene annunciato sul palco Gianni Morandi, per primo… «E sento un boato che non ho mai più sentito. Al mio nome un boato gigantesco ed Ezio Radaelli dice: hai visto? E tu avevi paura! In realtà non aveva capito niente: era un boato al rovescio, incazzato. Voleva dire: Gianni Morandi no! Entro terrorizzato, cominciano ad arrivarmi pomodori, lattine, ragazzi in piedi che mi fanno gesti, io cerco di sorridere e comincio con C’era un ragazzo perché penso che è giusta, ma non gliene fregava niente, ce l’avevano con me. Ogni tanto ci ripenso a quella sera, alla percezione che qualcosa stesse finendo, non era ancora finita però è stato il momento decisivo. Anche le canzoni, da quel momento in poi, cominciai a sbagliarle. Prima il team di lavoro le indovinava tutte, ma poi…». Perché avevano paura? «Perché non eravamo più nell’aria, nel tempo giusto, era cambiato tutto, improvvisamente. Finisco per pensarci spesso a quel periodo» [Piccolo, cit.] • Gianni va in esilio: s’iscrive al conservatorio romano di Santa Cecilia. E scompare» [Del Buono, cit.] • Sono sempre stato curioso di quei dieci anni, ho sempre pensato che bisognerebbe scrivere un romanzo sui dieci anni in cui Gianni Morandi non è stato più Gianni Morandi. Ma non pensavo avesse voglia di parlarne. E invece è partito proprio da lì. Quando pensi a quegli anni, come li pensi? «Mio padre fino a quel momento, per ogni disco di successo che facevo, mi diceva: vabbè questo è l’ultimo. E io: guarda che ne faccio un altro, e lui: vabbè ma tanto poi finisce. Questo concetto che abbiamo noi montanari che sta sempre per arrivare l’inverno…». Però funziona, ti ha difeso. «Mi aveva preparato. Io ero un simbolo degli anni Sessanta, con le copertine dei rotocalchi e la gente che urlava per strada quando uscivo. All’improvviso arrivò questa botta e io tenni duro, nel senso che quattro soldi da parte ce li avevo, mio padre mi aveva detto: tieniti sempre da parte dei soldi per le tasse, quelli glieli devi dare». Però è durato un sacco di tempo. «Nel ’70-’71 sentivo che l’aria stava cambiando, erano gli anni dell’eskimo, ricordo che andavo a vedere uno spettacolo di Gaber o andavo al Trianon a Roma e mi guardavano per dirmi: ma tu che cazzo ci fai qui, vai via». Non eri più Gianni Morandi. «Andavo in autobus e nessuno nemmeno mi riconosceva più. In quel periodo mio padre è morto. Aveva 49 anni, era giovane. Io dovevo cantare a Caracas, erano già anni in cui cominciavo a fare meno, però dovevo tornare in Sicilia per una festa di paese. Lui venne in America con me, era la prima volta che prendeva l’aereo. Aragozzini, l’impresario che ci aveva portato lì, gli disse: “Senti Renato, io vado a New York, perché non vieni con me invece di tornare con Gianni?”. E lui: “Dai, vengo”. Io torno in Italia e a lui lì viene un infarto e muore. Poi divorziai dalla mia prima moglie [Laura Efrikian, ndc], rimasi con due figli da crescere [Marianna, attrice, ex moglie di Biagio Antonacci e Marco, cantante, ndc], e insieme arrivò la crisi. Perché le cose arrivano tutte insieme. Calcola che avevo 26 o 27 anni e avevo già fatto tutto, mi sentivo vecchio. Quando suonammo con i Led Zeppelin a Milano, in quella serata disastrosa, in quel contesto io mi sentivo uno di cent’anni, in mezzo a tutti quei ragazzi che erano a torso nudo, e mi vedevano un rottame» [Piccolo, cit.] • A poker è necessario essere finti, bugiardi e cinici. Lei gioca… «Con Adriano (Celentano, ndr), Nori Corbucci, Lino Jannuzzi, Pasquale Festa Campanile, Antonello Falqui, Claudia Mori: erano i Settanta, avevo tempo libero e volevo diventare un professionista; chi gioca molto, perde molto, non esiste il vincente». Chi era il più forte? «Renato Salvatori è stato un grandissimo, non perdeva mai: ogni giorno giocava con Adriano a Teresina, testa a testa, e Adriano perdeva sempre; Renato in quegli anni, ad alcuni, ha vinto delle case» [ad Alessandro Ferrucci, Fatto] • All’inizio degli anni Ottanta Morandi prova il rientro, tra lo scetticismo generale. E invece il successo torna, più grande di prima. Perché l’Italia non si è scordata di lui, perché le nuove generazioni lo scoprono e perché ad aiutarlo accorrono nomi importanti come Mogol, orfano della collaborazione con Lucio Battisti [Del Buono, cit.] • «All’inizio degli anni Ottanta sono al Conservatorio e penso di non fare più questo lavoro, un giorno mi chiama Mogol e mi dice che vuole fare una squadra di calcio, però sembra casuale, ma se ci pensi Mogol aveva litigato con Battisti, quindi era in crisi. Noi parlavamo solo di calcio, ma a un certo punto mi chiese: ma tu davvero non canti più? Perché non ci riproviamo? Poi tutti quelli che ho incontrato nella mia vita, prima ancora, da Pasolini, Antonioni, Visconti, De Sica, De Filippo, Moravia. Gente che ho frequentato tanto, come Tognazzi, Mastroianni, Villaggio, Marco Ferreri che sdraiato sul divano diceva: siete tutti dei superficiali. E il cinema, dove sono stato meno fortunato. Tognazzi mi diceva sempre: Germi ha sbagliato solo due film nella sua vita: il mio e il tuo». L’immorale e Le castagne sono buone, che però non sono brutti come diceva Tognazzi. Quando Mogol ti disse «ricominciamo», tu avevi voglia? «Stavo pensando di fare il produttore discografico, oppure anche il direttore d’orchestra, ma ovviamente era troppo ambizioso. Dopo ci furono i concerti con Lucio Dalla» […]. «Quando ricomincio a cantare, dopo quegli anni, incontro uno sceneggiatore, Pier Francesco Murgia. Voleva fare una fiction per la tv, la storia di un pilota d’aereo che divorziava dalla moglie e i figli venivano affidati al padre, un po’ la mia storia e allora io stavo rifacendo i primi passi nella musica e facevo molta fatica, lui insistette e feci questa cosa che si chiamava Voglia di volare che mi riportò nelle case della gente, mi ha riportato popolarità, visto che come cantante ancora non riuscivo a ingranare». In quel periodo hai incontrato Anna. «Lei era molto amica di Mauro Malavasi, io avevo già 49 anni. Se ci penso bene, le cose forti le ho fatte dopo i 50 anni, i concerti, la televisione che mi ha aperto le porte ad altre cose, la nascita di Pietro. Io ho due figli a Roma. Quando poi è nato Pietro ho pensato che non lo avrei mai visto grande, ma invece ci siamo. Sai che ci fu il periodo dei padri nonni? I padri egoisti, dicevano in una polemica su “Famiglia Cristiana” che parlava di me. Allora venne il Papa a Bologna, mi chiamò la Curia per invitarmi a cantare e io feci presente che ero divorziato, e che appunto c’era stata questa polemica. Mi dissero: la Chiesa accoglie tutti. E andai a cantare. Insomma, la verità è che Anna mi ha allungato la vita» • Lei riesplode con Uno su mille «Se sei a terra non strisciare mai...». «“Se ti diranno ‘sei finito’, non ci credere”. Anche qui c’era una nota autobiografica. Era una canzone inserita in una serie tv di successo, Voglia di volare. È diventata un inno di chi non si arrende. Perché ognuno pensa di essere quell’uno su mille, e non gli altri 999» • È un crescendo irresistibile che culmina nella vittoria a Sanremo 1987, con Tozzi e Ruggeri e la canzone Si può dare di più • • Nell’88 partì in tour con Dalla. «Lucio me lo proponeva da tempo, ma avevo sempre detto di no: lui era il numero uno della musica italiana, io un artista scomparso. Dissi di sì quando sentii che non sarei stato un peso per lui». • «Nel 1994, altro colpo di scena: ecco il Morandi catto-comunista. Che canta a Lourdes e confessa: “Mi sono sentito fragile, stupido, pieno di vizi. Io non sono cambiato, ma il comunismo forse mi ha deluso. Ma mi sento sempre di sinistra, non gridate al miracolo”. Nel 1995 torna a Sanremo in coppia con la bolognese Barbara Cola, sua protetta. La canzone è In amore, arriva seconda alle spalle di Giorgia, ed è considerata la vincitrice morale. Anche la vita privata va a gonfie vele. La sua compagna Anna Dan gli dà un nuovo erede, Pietro. E la figlia Marianna col piccolo Paolo lo trasforma nel nonno cinquantenne più famoso della musica leggera. Poi c’è lo sport. Altro capitolo importante. Fonte di buone public relations. Non solo Morandi fa il maratoneta (corre pure a New York), ma dall’81 è membro fondatore e animatore della Nazionale cantanti. Di che si tratta? È un’iniziativa benefica capace di rastrellare cifre notevoli con sfide calcistiche contro improbabili nazionali di politici, magistrati o piloti di Formula 1 che riempiono gli stadi di giovani fan. Ma è anche una delle più potenti lobby nel mondo dello spettacolo. Il 1999 è un’altra annata doc per Morandi. A Sanremo è l’ospite d’onore. A Modena, al Pavarotti & Friends, duetta con Big Luciano. E corona la stagione con il trionfo di C’era un ragazzo, programma per Raiuno dove ricostruisce la sua carriera. Ad aiutarlo anche questa volta si muovono artisti, autori, intellettuali, politici: da Lucio Dalla a Michele Serra. Cinque puntate, ascolti trionfali (10 milioni di media) e una leggendaria ospitata canterina di Massimo D’Alema» [Stefano Pistolini] • Nel 2006 si è raccontato nel libro Diario di un ragazzo italiano (Rizzoli, scritto con Michele Ferrari). L’anno dopo ha pubblicato l’antologia Grazie a tutti, raccolta di 46 successi rimasterizzati in tre cd in confezione superlusso, con libro fotografico e quattro inediti: Stringimi le mani di Pacifico, Un mondo d’amore con Baglioni, un medley di brani nascosti, Se non avessi più te (1965) in cui è accompagnato da un’orchestra diretta da Morricone. Un provino, «che non venne scelto per il 45 giri perché definito lontano dall’etichetta cucitami addosso con In ginocchio da te». Stesso titolo per la tournée • Nel 2009 Grazie a tutti è diventato il titolo di un varietà in onda su Raiuno e condotto con la cantante Alessandra Amoroso • Ha presentato due Festival di Sanremo: nel 2011, affiancato da Belén Rodríguez, Elisabetta Canalis e Luca e Paolo. Suo anche il Sanremo del 2012, affiancato da Rocco Papaleo e Ivana Mrazova (duetto con Adriano Celentano con Ti penso e cambia il mondo) • Il 1° ottobre 2013, l’album di inediti Bisogna vivere. E poi due concerti all’Arena di Verona, trasmessi da Canale 5 • «È cominciato dai due Sanremo che ho presentato, poi avevo voglia di tornare a cantare e allo stesso tempo pensavo che forse dovevo smettere a un certo punto. È bello morire sul palco? O fare come Ivano Fossati? Lui ha mollato, ha detto che non gli va più. Poi Anna mi ha invogliato a fare qualcosa ancora e così mi arriva una proposta da Mediaset – tre anni fa per una fiction; poi vado a vedere un concerto di Baglioni, vedo questo spettacolo e mi piace molto, vado da Claudio e gli dico che da anni vogliamo fare una cosa insieme e forse è arrivato il momento. Quindi, dopo tentennamenti, va in porto questa cosa e io intanto avevo in piedi anche la fiction ma ci siamo presi tempo. Poi faccio un post su Rovazzi e lui mi chiama e mi chiede di fare una cosa insieme. Quindi si concentra tutto quest’anno, la fiction, la canzone con Rovazzi e poi nel frattempo, appena finito L’isola di Pietro, la Sony mi propone un disco. Il disco però comporta anche una tournée e quindi adesso c’è anche quella» • Lei poi è tornato a Sanremo cantando canzoni di Jovanotti. Com’è nato il vostro sodalizio? «Dal mio incidente. Era l’anno del Covid. Avevo raccolto degli sterpi da bruciare in giardino, ma il forcale rimase incastrato nei rovi; feci forza, mi rovesciai su me stesso, caddi sulle braci. Pensavo di cavarmela con una crema: ventisette giorni di ospedale, tre interventi. Guardi il buco nella mano destra...». Sembra che abbia le stimmate. «Mi telefona Jovanotti: “Gianni come stai? Forza, che quando esci ti scrivo una canzone!”. Mi piace la sua positività, anche adesso che è caduto e si è rotto il femore reagisce con il sorriso. In lui rivedo qualcosa di me» [Cazzullo, cit.] • La collaborazione con Jova è andata avanti. Lorenzo gli ha scritto anche la canzone in gara a Sanremo 2022 («Apri tutte le porte»), l’ha voluto come ospite fisso del Jova Beach Party e nel nuovo disco firma altri brani, a partire dalla title track che è un inno alla positività. Dice Jova nelle note che accompagnano l’album: «Se dovessi sintetizzare in una parola Morandi, quella parola è Evviva con il punto esclamativo. Quando lui entra in una stanza l’atmosfera si ossigena e ci si dispone al sorriso. Lo hanno notato tutti a Sanremo come fosse una novità sebbene si verifichi da più di 60 anni» [Andrea Laffranchi, Cds] • Nel 2023 un disco nuovo, Evviva!, e un tour, Go Gianni Go!. «Non sono un grande autore, le mie canzoni più belle le hanno scritte gli altri. Sono un interprete e più che andare in studio a registrare, amo cantare in mezzo alla gente», racconta tenendo a fianco una scopa che ormai è il suo simbolo dopo la scenetta dei petali spazzati via dal palco di Sanremo a seguito della sbroccata di Blanco [Laffranchi, cit.] • «So già quale canzone passerà in tv il giorno della mia morte». Quale? «Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte». Ne ha cantate di più belle: Occhi di ragazza, Un mondo d’amore, Scende la pioggia... «Ma per gli italiani quella resta la canzone che mi rappresenta di più. Perché si canta sorridendo».
Curiosità «I miei cantati preferiti? George Michael, Mick Jagger, guarda come corre ancora a 80 anni» • «Se fossi costretto a scegliere un solo titolo della mia carriera, sceglierei Uno su mille. Per il pubblico è diventata una canzone simbolo, perché trasmette la forza di volontà per superare i momenti difficili» • «A volte dal palco per tenermi concentrato conto mentalmente gli spettatori. E in genere sbaglio di 50 persone al massimo» • «Ho girato così tante volte tutta l’Italia, che conosco a memoria i 553 chilometri dell’autostrada del Sole» • Bologna, di cui è stato presidente onorario dal 20 dicembre 2010 all’11 maggio 2014.
Politica È ancora un uomo di sinistra? «Certo». Cosa vota? «Pd. Ho fiducia in Elly Schlein, può fare bene. Anche la Meloni è una donna forte, mi fa piacere vedere donne al vertice. Certo, una volta c’era Berlinguer. Conoscerlo mi emozionò molto». E Berlusconi? «Grande seduttore. Ti ubriacava di parole. Quando andavi a trovarlo ad Arcore ti accompagnava alla macchina e restava lì, con il braccio alzato in segno di saluto, finché la macchina restava in vista. Berlusconi non l’ho mai votato, ma mi era simpatico».
Religione Lei crede in Dio? «Prego. La sera recito le preghiere che mi ha insegnato mia nonna paterna». Non eravate comunisti? «Ogni giovedì nonna Maria veniva a piedi da Ca’ di Morandi, la sua frazione, al mercato di Monghidoro, e mi regalava La dottrina cristiana. Il babbo la vedeva e me la strappava. Lei il giovedì dopo me la riportava. Mio padre morì a 49 anni, e lasciò scritto che voleva una tomba semplice, senza nessuna croce. La nonna gliela fece mettere. Di marmo». E lei? «L’ho tolta. Mio padre voleva così» [Cazzullo, cit.].
Titoli di coda Con le marce ci ha preso gusto. «Ho corso una decina di maratone. Per l’ottantesimo compleanno ho promesso a Prodi che faremo insieme la maratona di New York. Per me sarà la quarta».